History of the Peloponnesian War

Thucydides

Thucydides. Della storia di Tucidide volgarizzata libri otto. Anonymous translator. Florence: Tipografia Galileiana, 1835.

Intanto i Siracusani e gli alleati, poiché venne il giorno e si avvidero esser partiti gli Ateniesi, davano quasi tutti la colpa a Gilippo che a bella posta li avesse lasciati andare ; e messisi in fretta ad inseguirli per dove agevolmente seppero che si erano inviati, li raggiungono verso l’ora del desinare. Incontratisi in quelli di Demostene che erano gli ultimi e marciavano lenti e sbandati, perchè perturbati nella passata notte, subito li assaltano e vengono a battaglia ; ed i cavalli siracusani più agevolmente li circondarono perchè bipartiti, e li rinserrarono tutti insieme. Le genti di Nicia si erano già dilungate in avanti da centocinquanta stadii, perciocché egli le conduceva più sollecitamente, avvisando che in quello stato la loro salvezza dipendeva non già dal fermarsi volontariamente a combattere, ma dal ritirarsi il più presto possibile, pugnando soltanto quando vi fossero astretti; laddove Demostene essendo l’ultimo a retrocedere, e però avendo alle spalle i nemici, trovavasi in moltiplice e continovato travaglio. E sapendo allora che i Siracusani lo perseguitavano, non che cercasse di progredire si metteva piuttosto in ordine per la battaglia ; finché in quel tanto

da essi accerchiato, era in gran perturbazione insieme co’suoi Ateniesi ; conciossiachè rinchiusi in un tal luogo cui intorniava un muretto, e che avea quinci e quindi uno sbocco e non pochi ulivi, erano da quel cerchio saettati. E bene avean ragione i Siracusani a far di queste assembra glie invece che battaglie campali ; perchè il cimentarsi con gente disperata non tanto metteva lor conto quanto agli Ateniesi. Inoltre, essendo già manifesta la prosperità dell' impresa , si risparmiavano , onde non trovarsi essi medesimi distrutti per qualche caso prima di compierla ; e pensavano che anche con quel modo di combattimento arebber domati e presi i nemici.

Quando adunque Gilippo , i Siracusani e gli alleati , dopo aver saettato da ogni parte per tutta la giornata gli Ateniesi co’ loro confederati, li videro oppressi dalle ferite e da ogni maniera di disagio , fanno da primo bandire che qualunque degl9 isolani volesse, passasse da loro col patto di restar libero ; ed alcune poche città vi passarono. Dipoi fecero accordo con tutte le altre genti di Demostene, con questo che consegnassero le armi, e che nessuno dovesse morire nè violentemente, nè in ceppi, nè per maneanza del vitto necessario. Cosi tutti si arresero in numero di seimila, depositarono quanto denaro avevano versandolo in degli scudi rivoltati, de’quali nempierono quattro. I soldati furono condotti in città. Il giorno medesimo Nicia pervenuto co9 suoi al fiume Erineo e guadatolo , fermò l’alloggiamento sopra un’altura.

Ma il di seguente avendolo i Siracusani raggiunto , gli contarono che le genti di Demostene si erano arrese , ed intimarono anche a lui di far lo stesso. Egli però non prestandovi fede pattuisce una tregua per mandare un cavaliere ad osservar la cosa ; il quale ritornò annunziando che s’erano arresi. Allora Micia fa intendere a Gilippo ed ai Siracusani che era pronto a convenire di rifare

ai Siracusani il denaro speso per la guerra, col patto che dovessero lasciare in libertà lui e l’esercito , e di dar loro in ostaggio per ogni talento uno de’più ragguardevoli degli Ateniesi , fino al pagamento del denaro. I Siracusani e Gilippo non ammisero queste proposizioni, anzi assalitili ed attorniatili da ogni lato li dardeggiavano fino a sera ; ed essi, quantunque si trovassero mancanti di frumento e di tutti i viveri, intendevano di partirsi giovandosi del silenzio della notte. Ripigliavano infatti le armi, quando i Siracusani avvistisi di ciò intuonarono il peana : onde conoscendo gli Ateniesi d’essere scoperti posarono nuovamente le armi, salvo trecento persone che , apertosi un passaggio attraverso le sentinelle nemiche, marciarono nella notte per quella via che poterono.

Venuto appena giorno Micia muoveva l’esercito ; ed i Siracusani con gli alleati lo incalzavano nel modo stesso, e da ogni banda scagliavano dardi e saette. Affretta vansi gli Ateniesi di arrivare al fiume Assinaro perchè assaltati da tutte le parti da numerosi cavalli e dall’altra moltitudine, pensavano di doversi trovar meglio quando lo avesser guadato ; e perchè erano oppressi dalla fatica e dalla sete. Pervenuti in sulla sponda di quello, vi si precipitan dentro senz’ordine veruno, studiandosi ciascuno di guadarlo il primo; ma i nemici che sta van loro a ridosso rendevano ornai difficile il tragittarlo. Tmperciocché costretti a camminar serrati cadevano l’un sopra l’altro é si pestavano, e parte morivano urtati dalle lanciole e dall’ armi , parte cadati nella melmetta erano trascinati via dalla corrente. Passarono i Siracusani alla riva opposta che era scoscesa, e di sopra scagliavano dardi su gli Ateniesi, molti de’quali avidamente bevevano, e giù nell’alveo del fiume erano tra loro stessi abbaruffati ; e i Peloponnesi calati al basso faceano sopra tutto strage di quelli che si trovavano nel fiume. L’acqua fu subito guasta , nondiro

meno ell’era bevuta lorda di fango insieme e di sangue, e molti per averla combattevano.

Finalmente gran quantità di cadaveri giacendo ammontati nel fiume, e disfatto l' esercito o nel fiume stesso, o dai cavalli se qualche banda si fosse causata , Nicia , fidandosi più di Gilippo che dei Siracusani, si rende alla discrezione di lui e de9 Lacedemoni, pregandolo a ritirar dalla strage anche il rimanente dell’esercito. Dopo di che Gilippo ordinava ai suoi che i nemici fossero fatti prigionieri ; e vivi condussero via tutti quelli che uon si erano nascosti (e questi furono molti), e spedirono ad inseguire i trecento passati a forza di mezzo alle sentinelle, e li arrestarono. i\è già furono molte queste milizie accolte insieme, ma bensì molte si trafugarono, e ne fu ripiena tutta Sicilia, non essendo esse state prese per convenzione come quelle di Demostene. Una buona parte dell’ esercito ateniese vi rimase morta, che certo questa strage non fu minore di verun’ altra accaduta in questa guerra di Sicilia ; e non pochi erano periti ne'diversi passati attacchi, durante il cammino. Con tutto questo molti o fuggirono nel tempo della battaglia, o si trafugarono poi dopo essere stati fatti prigioni ; e tutti si riducevano a Catana.

I Siracusani e gli alleati riunitisi insieme , e preso il più che poterono di prigionieri e di bottino, ritornarono alla città, fecero scendere i prigioni tanto ateniesi che confederati nelle cave delle pietre , giudicando sicurissimo il guardarli colà ; e scannarono Nicia e Demostene, a malgrado di Gilippo, siccome quegli che reputava trionfo a se stesso onorevole il condurre ai Lacedemoni, oltre alle altre spoglie , anche i capitani dell’oste nemica. Senza di che si dava il caso che Demostene era odiatissimo a Sparta a cagione de’ fatti della Sfatteria e di Pilo, e Nicia accettissimo pel motivo medesimo ; avvegnaché egli si fosse

adoprato moltissimo pei Lacedemoni ritenuti peli’ isola, eoa aver persuaso gli Ateniesi a far le tregue per cui i prigioni erano stati rilasciati. Laonde era benvoluto dai Lacedemoni, e con grandissima fiducia si era reso a Gilippo. Ma alcuni fra i Siracusani (come correva voce) sospettando , per aver tenuto delle pratiche con lui che, se per questo fosse messo alla tortura , non arrecasse loro qualche disturbo in mezzo a quella felicità ; altri, e principalmente i Corintii, che corrompendo qualcuni col denaro (perchè era ricco) non iscappasse, e procurasse loro qualche altra novità, tirarono a sè gli animi dei confederati e lo uccisero. Tale, o presso a poco altrettale , fu la cagione onde restò ucciso Nicia , il meno meritevole certamente fra tutti i Greci, non che altro de’miei tempi, di venire a tanta sciagura, per la sua costante pietà verso gli Dei.

I prigionieri che erano nelle cave in principio venivano duramente trattati dai Siracusani. Imperciocché, trovandosi molti in quel luogo profondo e scoperto, il sole ed LI soffocamento li opprimeva ; ed all’opposto le notti autunnali e fredde causavano malattie di nuovo genere: tanto più che per la ristrettezza doveano far tutto nel medesimo luogo, e Tua sull’altro giaceano sovrapposti i cadaveri di quelli che o per ferite, o per questa mutazione , o per altre simili cagioni morivano. Se a ciò si aggiunga una puzza insoffribile, ed il tormento della fame e della sete, perchè per otto mesi ebbero una cotila d’acqua e due di frumento a testa, si vedrà non esser eglino andati esenti da veruno di quelli incomodi che naturalmente doveano opprimere gente gettata in luogo si fatto. In questo modo stivati passarono circa settanta giorni, dipoi tutti gli altri, tranne gli Ateniesi e quei Siciliani ed Italiani che militarono con loro, furono venduti. E sebbene sia difficile lo scrivere esattamente quanti fossero in

tutti i prigionieri, nondimeno non potevano esser meno di sette migliaia. Questo tra i fatti greci fu per avventura il più strepitoso di quanti intervennero in queste guerra , ed a mio credere anche più di quanti ne sappiamo per udita ; e sovra ogni altro splendidissimo pei vincitori, e calamitosissimo ai vinti. Conciossiachè vinti in tutto e per tutto e da ogni parte gravemente afflitti, e fanti e navi andarono , come suol dirsi, in fumo ; nulla campò dall' esterminio , e pochi di tanta moltitudine tornarono alla patria. Tale fu il successo dell' impresa siciliana.