History of the Peloponnesian War

Thucydides

Thucydides. Della storia di Tucidide volgarizzata libri otto. Anonymous translator. Florence: Tipografia Galileiana, 1835.

Portate ad Atene le novelle di Sicilia, per lunga pezza «kob si credeva poter essere stato sì generale l’eccidio, quantunque «oldati ragguardevolissimi scampali propio dalla battaglia lo contassero apertamente. Ma poi accertatisi del fatto, erano turbati contro gli oratori che gli avevan confortati a quella spedizione {come se non l’avessero essi medesimi decretata), e si adiravano con gli arioli e gli aruspici , e con tutti quelli che allora eccitandoli mediante qualche sacra ispirazione, aveano lor fatto sperare la conquista di quel paese. Tutto per ogni parte li attristava , e pensando all’accaduto erano circondati da timore e sbigottimento veramente grandissimo. Imperocché trovavansi afflitti i cittadini dalle proprie perdite, e ia Repùbblica orbata di numerosa fanteria e cavalli, e di coiai gioventù alla quale altra simile non rimaneva : ed insieme non vedendo essi navi a sufficienza negli arsenali, nè equipaggio per corredarle, nè denari nell’erario, dispera vano al presente di potersi salvare. Oltre a ciò si aspettavano

che ad ora ad ora i nemici di Sicilia, specialmente dopo sì segnalata vittoria, navigherebbero contro il Pireo, e che quei di Grecia raddoppiati allor daddovero tutti g£ apparecchi, tosto li stringerebbero vigorosamente per terra e per mare, d’accordo con gli alleati che ad Atene si ribellerebbero. Ciò nondimeno determinarono, per quanto restava loro di forze, di non doversi dare per vinti, ma di mettere in ordine la flotta raccogliendo legname e denaro dondechè si potesse ; rendersi sicuri degli alleati, e in ispecie dell’ Eubea ; ridurre ad una certa parsimonia le spese del Comune ; e creare un magistrato di personaggi provetti che all’occasione fossero i primi a dar consiglio sull’attuale stato delle cose. Insomma per il presente grave timore (come suol fare il popolo) erano pronti a mantenere in tutto il buon ordine. Mettevano intanto ad effetto le prese risoluzioni e finiva l’estate.

Nel seguente inverno al gran tracollo degli Ateniesi in Sicilia, sollevarono subito l’animo i Greci tutti : quelli che stavano neutrali, perchè pensavano (anche non invitati ) non doversi più tener fuori di quella guerra, ma esser tempo di andare volontariamente contro gli Ateniesi , avvisando ognuno che questi sarebbero venuti contro di loro, se l’impresa siciliana fosse riuscita prosperamente , e reputando che breve avrebbe dovuto essere il rimanente della guerra, il pigliar parte alla quale sarebbe onorevole : quelli poi che erano in lega con Sparta, perchè tutti studiavarisi più di prima a liberarsi prontamente dai molli loro travagli. Ma principalmente i vassalli degli Ateniesi erano pronti, anche al di là delle proprie forze, a ribellarsi, perchè giudicavano delle cose nel bollor della passione, e non davano luogo al pensiero che gli Ateniesi potessero sostenersi almeno per l’estate futura. Per tutte queste cagioni inanimivasi la città degli Spartani ; e soprattutto perchè gli alleati di Sicilia, astretti già a fornirsi anche

e di flotta , verrebbero a primavera (com’era verisimile) ad unirsi a loro con grandi forze. Laonde trovando da per tutto cagione a bene sperare, intendevano di ripigliar la guerra a viso aperto ; considerando che andando ella a finir bene, sarebbero in avvenire disciolti da pericoli cotanto gravi, come quello in che li avrebbero avvolti gli Ateniesi se si fossero aggiunti la Sicilia ; e che domati questi , essi avrebbero ornai sicuramente il principato su tutta la Grecia.

Il perchè Agide loro re subito in questo inverno medesimo mossosi con qualche esercito da Decelia, andava raccogliendo denaro dagli alleati per la flotta; c voltatosi al seno Meliaco, a cagione dell’antica inimicizia , fece gran preda sugli Etei e la mise in contanti ; costrinse a dar denaro ed ostaggi (cui depositò a Corinto) i Ftioti d’Acaia ed altri di quei luoghi sudditi de? Tessali, con rammarico e dispiacimento de’Tessali, e si sforzava di tirarli nella sua lega. I Lacedemoni imposero alle diverse citta di costruir cento navi, venticinque delle quali toccherebbero a costruire ad essi Lacedemoni, ed altre venticinque a’Beozii ; ai Focesi ed ai Locrii quiudici, e quindici ai Corintii ; agli Arcadi, ai Pellenii e Sicionesi dieci, e dieci pure ai Megaresi, Trezenii, Epidaurii ed Ermionesi. Preparavano ancora tutte le altre cose, risoluti di ricominciare subito la guerra a primavera.

Medesimamente gli Ateniesi in quest’inverno si apparecchiavano, giusta i conceputi disegni, a fabbricar navi, essendosi provvisti di legname; e munirono Sunio, acciocché le loro annonarie potessero sicuramente farne il giro. Abbandonarono il forte che aveano fabbricato nella Laconia all’occasione del passaggio in Sicilia, ristrinsero tutte quelle spese che in qualche modo sembravano superflue , c soprattutto tenevan guardati gli alleati perchè non si ribellassero.

Mentre che le due partì attendevano a queste cose, e davano opera agli apparecchi non altrimenti clic se fossero al cominciar della guerra, gli Eubeesi, i primi in quest' inverno, inviarono un’ambasceria ad Agide per trattar di ribellarsi agli Ateniesi ; il quale prestò orecchio alle loro parole, e mandò chiamando da Sparta Alcamene di Stenelaida e Melanto per dar loro nelle mani il comando dell' Eubea. Erano già arrivati costoro con circa trecento Neodamodi, ed Agide si preparava a farli partire ; quando giunsero anche i Lesbii invogliati essi pure di far la ribellione. E siccome erano favoriti da’Beozii, però Agide si lasciò indurre a sospendere l’aifare dell’ Eubea, e concertava la ribellione de5 Lesbii, dando loro a prefetto Alcamene» quello stesso che dovea tragittare nell’Eubea.

I Beozii fecero promessa ai Lesbii di dieci navi, ed Agide di altrettante. Tutte queste cose si facevano senza la saputa di Spana, avvegnaché Agide, finché si trattenne col suo esercito a Decelia, fosse padrone di spedir genti ovunque volesse, e di radunarne, e di esiger denaro ; e, per dirla, gli alleati obbedivano assai più lui che non i Lacedemoni di città, perchè coll’esercito che aveva seco da per tutto mostravasi formidabile. Egli adunque faceva per i Lesbii. I Chii e gli Eritrei, che anch’essi eran pronti a ribellare , non si volsero ad Agide ma a Sparta, ove trovarono un ambasciatore spedito da Tissaferne che a nome del re Dario, figliolo di Artaserse, governava le provincie inferiori. Sollecitava Tissaferne i Peloponnesi, e prometteva di pagar egli gli stipendii, per i seguenti motivi. Gli aveva il re poco fa richiesto i tributi di quelle sue provincie; ed ei non avendoli potuti riscuotere dalle città greche a cagione degli Ateniesi, e restando tuttor debitore, sperava che affliggendo gli Ateniesi più facilmente gli sarebbero portati i tributi, e che insieme renderebbe i Lacedemoni alleati al re ; e secondo gli ordini che da

«¿so aveva, o gli condurrebbe vivo Armoge figlio bastardo di Pissutne, che si era ribellato nella Caria, o lo ucciderebbe. I Chii adunque e Tissaferne andavano di concerto in questa cosa.

Ma Calligeto di Laofonte megarese, e Timagora di Atenagora ciziceno, ambidue esuli dalla propria patria e ricovrati presso Farnabazo di Farnabaco, giungono in quella occasione a Sparta, ove gli avea mandati Farnabazo per ottenere che i Lacedemoni conducessero delle navi nell' Ellesponto, acciocché egli potesse (siccome desiderava ardentemente anche Tissaferne) ribellare agli Ateniesi le città della sua provincia per cavarne i tributi, ed acciocché per opera sua si stringesse sollecitamente alleanza fra il re ed i Lacedemoni. Ora siccome i legati di Farnabazo e quelli di Tissaferne trattavano separatamente delle medesime cose, surse gran disputa fra quei di Sparta , persuadendo gli uni che si spedisse prima la flotta nell' Ionia ed a Chio, gli altri nell’Ellesponto. Tuttavia i Lacedemoni ben più volentieri accolsero le dimande di Tissafeme e de’Chii, perchè spalleggiati anche da Alcibiade congiunto per strettissimo vincolo di ospitalità paterna coll’eforo Endio ; onde per questa ospitalità la sua casata ebbe un nome laconico, avvegnaché il padre d1 Endio si chiamasse Alcibiade. Contuttociò i Lacedemoni vollero prima mandare a Chio Frinì, persona di quei dintorni, per osservare se avessero le navi che dicevano , e se nel resto la città fosse in opulenza corrispondente al suo credito. Ed avendo Frini riferito esser vere tutte le cose che si sentivano dire , si fecero subito alleati i Chii e gli Eritrei, e decretavano di mandar loro quaranta navi, nella fiducia che non meno di sessanta se ne accoglierebbero dai luoghi accennati dai Chii. Da primo però volevano spedirne dieci con Melancride che era l’ammiraglio ; ma poi, venuto un terremoto, inviarono Calcideo invece di Melancride ; e in-

vece di dieci navi ne allestirono cinque nella Lacouia. Così finiva l’inverno e Tanno decimonono di questa guerra descritta da Tucidide.

Al sopravvenir dell’estate subitamente i Chii insistevano che le navi si spedissero, perchè temevano che queste pratiche non venissero a risapersi dagli Ateniesi, di nascosto ai quali tutti mandavano i loro legati a Sparta. Laonde i Lacedemoni inviarono a Corinto tre personaggi spartani a procurare al più presto possibile di trasportar le navi di sull’ istmo all’altro mare che guarda Atene , ed ordinare che tutte navigassero a Chio, tanto quelle che si allestivano da Agide per Lesbo, quanto le altre. Trentanove in tutte furono le navi delle città alleate, che colà si trovarono.