History of the Peloponnesian War

Thucydides

Thucydides. Della storia di Tucidide volgarizzata libri otto. Anonymous translator. Florence: Tipografia Galileiana, 1835.

« Havvi forse chi prenda fidanza dii nostro maggior numero di soldati gravi per penetrare nel loro territorio e scorrazzarlo? E bene i hanno essi altre e vaste terre ove comandano , e suppliranno dalla parte di mare ai loro bisogni. Se poi proveremo a ribellare i loro alleati, farà di mestieri Jmche a questi, per lo più isolani, portar soccorsi di navi. Qual esito» adunque avrà questa nostra guerra ? Perocché se non avremo maggiori forze di mare , o non priveremo loro delle rendite onde mantengono le flotte,

sarà più la perdita del guadagno ; nè allora sarà più decoroso l' aggiustamento , soprattutto se parrà essere noi stati i cominciatori della contesa. Ah ! non ci lasciamo, perdio, gonfiare il petto dalla speranza che col guasto delle loro terre sia per cessare presto la guerra ; che io temo abbia anzi ad essere l' eredità dei figlioli. Tanta ragione v' è di credere che i superbi Ateniesi non vogliano essere schiavi delle loro terre ; o, a modo che inesperti, sgomentarsi della guerra.

et Nulladimeno io non vi consiglio a lasciar bonariamente che essi offendano i nostri alleati, e a non cercare di sorprenderli nelle loro trame ; bensì a non muover l' armi per adesso : a inviar legati facendo le vostre rimostranze , senza manifestarvi nè incitati troppo alla guerra , nè disposti a lasciarli fare : a ordinare in questo mezzo le cose nostre col guadagnarci alleati e Greci e barbari, dondechè aggiungere ci possiamo rinforzo di navi o di denaro. Nè già è riprendevole quegli che insidiato come noi dagli Ateniesi, cerca salvezza, coll’ aiuto dei barbari non che dei Greci solamente. Al tempo istesso produciamo anche le forze che abbiamo in proprio. Se porgeranno punto orecchio ai legati, bene : se no, passati due o tre anni, allora meglio preparati, andiamo se vi aggrada contro di loro. E forse al vedere già pronti gli apparecchi f e con questi consonare i nostri discorsi, inchineranno viemeglio a cedere ; tanto più che, possedendo intatte le loro campagne, delibererebbero su beni tuttora in essere, e non per anche devastati. Perciocché voi non dovete riguardare le loro terre se non come uno ostaggio che avete, e di tanto maggiore importanza quanto meglio elle sono coltivate. Laonde bisogna risparmiarle il più lungamente possibile , per non ridurli alla disperazione guastandole , e cosi averli più inespugnabili. Ed invero se pressati dalle querele degli alleati le diserteremo prima d' esser bene in ordine , badate che

non ci avvenga di procacciar maggior vergogna e imbarazzo al Peloponneso. Conciossiachè le querele tra le città , e quelle tra' privati si possono diffinire : ma se per vantaggio di un popolo particolare, ci uniremo tutti a imprender guerra, della quale non è concesso sapere l’evento , non sarà poi facile acconciarla dignitosamente.

« Nè sembri ad alcuno codardia che molti non vadano tostamente contro una città sola , perciocché hanno anche gli Ateniesi non manco di noi alleati che pagano tributo. Or la guerra si regge col denaro più che con le armi ; desso è che rende utili le armi medesime, spezialmente per gente di terraferma contro gente di mare. Cominciamo adunque dal procacciarlo : e prima d’averlo non ci lasciam trasportare dalle parole degli alleati : anzi noi, che nell' alternar delle consegue!ize saremmo reputati la cagion potissima di esse, noi stessi preconsideriamole pacificamente.

« Inoltre riflettendo che abitiamo città stata sempre libera e rinomatissima , non vi prendete a vergogna quella lentezza procrastinante che più di tutto ci si rimprovera : conciossiachè affrettandovi , avrete altresì manco modo di tornare in riposo, appunto perchè entrati in guerra senza apparecchi ; laddove questa stessa lentezza può esser piuttosto prudente moderazione. Il perchè noi non insolentiamo nelle prosperità , e mcn degli altri cediamo ai disastri : eccitati con lodi a pericolosi cimenti, se ragione non lo consente , non ci gonfia il piacer della lode ; e se taluno con riprensione ci punga, non per questo adirati mutiamo consiglio. Ed è questo buon ordine che ci rende valorosi e prudenti : valorosi perchè in fatto d’ onore ha gran parte la modestia, come nella magnanimità la vergogna ; prudenti, perchè educati in modo da non saper spregiare le leggi, e per severità di disciplina moderati a seguo da non contravveuire a quelle. La nostra saviezza

non consiste già in cose frivole, cosicché bravi n biasimar colle parole gli apparecchi dei nemici, non siamo poi altrettali ad assalirli di fatto ; ma giudichiamo che i pensamenti degli altri sono presso a poco simili ai nostri, e che i fortuiti avvenimenti delle cose non possono diciferarsi con mia diceria. Ci prepariamo col fatto, supponendo i nemici fomiti di senno : conciossiachè le speranze non vogliono esser fondate sulla aspettativa dei loro sbaj gli, ma sulla fiducia del cauto nostro antivedimento : nér vuoisi credere differir molto un uomo dall’altro, mà generoso sopra tutti colui che crebbe alla scuola dellé più forti necessità.

« Non tralasciamo adunque costumanze di tal fatta trasmesseci dai padri, e la cui pratica noi stessi esperimentammo sempre vantaggiosa ; nè ci affrettiamo a deliberare in breve particella di giorno su gran numero di persone , di ricchezze, di città e su la nostra stessa reputazione : facciamolo anzi posatamente, giacché a noi, più che ad altri, ne porge il modo la nostra potenza. Spedite anche legati ad Atene , rispetto a Potidea ed ai torti cui gli alleati dicono ricevere ; tanto più che gli Ateniesi son pronti a renderne ragione : or chi è pronto a render ragione non vuoisi tosto assalire come ingiuriatore. Al tempo istesso però preparatevi per la guerra. Queste per voi saranno le risoluzioni migliori, e le più atte a intimorire i nemici ». Cosi parlò Archidamo : ma in contrario Steneleida, allora uno degli Efori, presentatosi l' ultimo tenne ai Lacedemoni questo discorso.

« Io per me non intendo la lunga diceria degli Ateniesi : per sè molti elogi , senza punto negare i torti commessi contro i nostri alleati e contro il Pelopenneso. Che se allora virtuosi nel resistere ai Medi, male oggi procedono con noi, meritano doppia pena, perchè di buoni divenuti malvagi : all’ incontro noi siamo gli stessi ed aU

lora e adesso ; e se abbiamo fior di senno non ci rimarremo indifferenti sugli oltraggi degli alleati, nè tarderemo a soccorrerli, mentre i loro mali trattamenti non hanno indugio veruno. Hanno sì bene gli Ateniesi denaro, navi e cavalli ; e noi abbiamo de’ buoni alleati che non debbono lasciarsi loro in preda : nè con giudizi o con parole si vuole decidere, mentre anch' essi non sono offesi a parole, ma vendicarli prontamente e con tutto il vigore, E nissun c’ insegni f che a noi offesi meglio convenga deliberare ; quando deliberar lungamente conviene piuttosto a coloro che vogliano offendere. Decretate adunque , o Lacedemoni, la guerra , oome vuole il decoro di Sparta, e non lasciate ingrandir gli Ateniesi. Ah ! non siamo i traditori degli alleati, ma affidati al favor degli Dei portiamo la guerra a coloro che gli oltraggiano ».

Detto ciò , egli stesso come Eforo ne propose il partito all9 adunanza dei Lacedemoni ; ed avvegnaché si desse il voto a voce e non col lapillo, disse non distinguere qual voce fosse maggiore: e volendo che col dichiarare scopertamente il loro voto fossero più animati per la guerra , ordino così : « Chi di voi, o Lacedemoni, crede rotti gli accordi e rei d’ oltraggio gli Ateniesi, si porti colà (additando il posto), altrimenti vada dall’altra parte », Alzaronsi, presero posto distintamente , ed assai più furono quelli che opinavano per la rottura degli accordi. Allora introdussero anche gli alleati, e dissero aver quanto a sé deciso , l’ingiustizia essere dal lato degli Ateniesi, ma che invitati tutti gli alleati , gradivano vi aggiugnessero essi pure il loro voto, perchè fosse comune la deliberazione di far guerra, se così loro piacesse. Ciò fatto i legati dei confederati tornarono a casa , e quindi quelli ancora degli Ateniesi, dopo trattati gli affari per i quali erano venuti. Questo decreto dell’ assemblea che dichiarava rotte le tregue

fu fatto correndo l' anno quattordicesimo delle convenzioni stipulate dopo i fatti dell' Eubea.

I Lacedemoni poi decretarono esser rotte le tregue e doversi far guerra, non tanto perchè erano persuasi delle lamentanze degli alleati, quanto ancora perchè temevano che gli Ateniesi non venissero a maggiori ingrandimenti , giacché ornai vedevano soggetta loro la maggior parte della Grecia.

Erano infatti gli Ateniesi pervenuti al primato degli affari , lo che fu mezzo ai loro avanzamenti, per questo modo. Dappoiché i Medi vinti da’ Greci per mare e per terra ritiraronsi dall’ Europa, e restarono distrutti quelli tra loro che si erano ricovrati sulle navi a Micale, Leotichida re dei Lacedemoni, condottiere dei Greri a Micale ritornò in patria conducendo seco gli alleati del Peloponneso : gli Ateniesi poi, e con loro i confederati delT Ionia e dell’Ellesponto, che già s’ erano ribellati al re, fermaronsi all’ assedio di Sesto occupato dai Medi ; ove restarono tutto P inverno, e si impadronirono della città da cui i barbari sloggiarono. Dopo ciò fatta vela dall’ Ellesponto tornarono ciascuno alle loro città ; e il comune degli Ateniesi, partiti che furono i Medi dal lor territorio , riportava subito di là , ove erano stati celatamente depositati , i figli, le mogli e le salvate masserizie. Poscia disponevansi a rifabbricar la città e le mura , poiché del circuito di queste piccoli brani rimanevano , e delle case moltissime erano rovinate, e sole quelle avanzavano ove erano alloggiati i magnati persiani.

Accortisi i Lacedemoni di quello che era per avvenire, andarono in ambasceria ad, Atene, non tanto perchè avrebbero aneli’ essi meglio gradito che nè Ateniesi nè altri avessero mura, ma principalmente perchè erano istigati dai confederati e temevano la numerosa flotta

degli Ateniesi, la quale poco innanzi non esisteva , e l’ardimento da loro mostrato nella guerra col Mcdo. Però li pregavano a non edificare le mura, e piuttosto ad unirsi con loro a demolire il giro di quante tuttora sussistessero fuori del Peloponneso. Kè già esponevano all’adunanza le intenzioni e i sospetti dell’ animo loro verso Atene ; ma solo dimostravano che in questo modo il barbaro , in una seconda invasione, non troverebbe luogo munito onde muoversi, come aveva testé fatto da Tebe; e che bastava il Peloponneso a dar ricovero a tutti, per quindi accorrere alla propria difesa. Gli Ateniesi, per consiglio di Temistocle, a questi discorsi dei Lacedemoni risposero : manderebbero legati a Sparta per trattar delle cose da loro esposte : e tosto gli accomiatarono. E Temistocle gli andava consigliando , spedissero immediatamente lui medesimo a Sparta , e non mandassero subito gli altri deputati oltre a lui ; indugiassero anzi fino a che non avessero alzate le mura al punto necessario alla difesa ; tutta la gente di città, nullo eccettuato, uomini, donne , ragazzi prestassero mano al lavoro di quelle ; non la perdonassero a pubblico o privato edilizio, da cui potesse trarsi vantaggio all’opera , ma tutti gli demolissero. Dati questi avvisi, soggiunse che egli stesso tratterebbe colà del rimanente, e partì. Arrivato a Sparta non si accostava ai magistrati, trovando pretesti per temporeggiare : e quantunque volte alcun magistrato lo domandasse perchè non si presentava alla pubblica adunanza , rispondeva : aspettare i suoi colleghi rimasti indietro per qualche bisogna , attenderne pronto l' arrivo, e maravigliarsi che ancor non fossero giunti.

In udendo ciò, per l' amicizia che avevano con Temistocle credevano alle parole di lui; nondimeno giunti alcuni altri, e ragguagliando chiaramente che le mura si edificavano, e che già erano di qualche altezza, non sapevano come non credervi. Temistocle accortosi di ciò li

consiglia a non lasciarsi illudere da discorsi, ma spedire alcuni di loro, personaggi dabbene, i quali osservata la cosa, la riferissero fidatamente. Si spediscono. E Temistocle, rispetto a loro, manda celatamente avviso agli Ateuiesi ordinando li trattenessero nel modo il men vistoso, e non gli licenziassero, prima che egli ed i colleglli fossero ritornati : conciofossechò (venuti essendo a raggiungerlo Abronico figliolo di Lisicle, ed Aristide di Lisimaco compagni dell’ambasceria, colla nuova che le mura erano a buon termine) temeva che i Lacedemoni, avutone indubitabile ragguaglio non più gli lascerebbero partire. Gli Ateniesi adunque come era stato loro significato , intertennero i legati; e appunto allora Temistocle presentatosi ai Lacedemoni disse apertamente : « la città essere ornai fornita di mura a segno che poteva difendere gli abitanti : però se i Lacedemoni o i confederati volevano mandare qualche legazione ad Atene, lo facessero in avvenire cQme a gente che sa discemere il proprio ed il comune vantaggio ; perchè anche quando credettero espediente abbandonar la città e salir sulle navi, osarono farlo senza conferirne con loro ; nè esser mai per consiglio rimasti indietro ad alcuno in tutti gli aifari su i quali insieme con essi erano venuti a deliberare, Parer dunque meglior cosa anche adesso che la loro città abbia mura;-ciò esser per riuscire di maggior utilità non solo pei cittadini in particolare , ma per tutti i confederati. Infatti senza equilibrio di forze non esser possibile che nulla si deliberi in comune con eguaglianza di diritto. Pertanto, soggiungeva, o dover tutti i compresi nella lega restar senza mura, o trovar giusto anche il fatto presente ».

A queste parole i Lacedemoni non mostrarono apertamente il loro dispetto verso gli Ateniesi, sia perchè la loro ambasceria noti avea per oggetto il fare inibizione alcuna , ma solo (se vuoisi credere) il consigliare la cosa

tome vantaggiosa pel bene comune; sia perchè erano allora amici della Repubblica ateniese a cagione dell’esimio valore mostrato contro il Medo ; ma covavano internamente il rancore vedendo falliti i propri disegni. E gli ambasciatori di ambe le parti tornarono ciascuno alla patria senza farsi querela veruna.

Così gli Ateniesi in poco tempo edificarono le mura della città ; e l’edifìzio mostra anche adesso essere stato frettolosamente compito : cotìciossiacliè lo sostengono fondamenta d’ogni maniera di sassi, e in qualche parte non ben commessi, ma alla rinfusa come ciascuno gli portava ; impiegaronvi ancora molte colonnette dei sepolcri e pietre scolpite : perchè, volendo dappertutto dilatare il giro della città , si avacciavano abbattendo ogni cosa senza riguardo. Inoltre Temistocle persuase agli Ateniesi di dar compimento anche alla fabbrica del Pireo già incominciata l' anno che egli fu arconte in Atene ; perocché giudicava quel luogo vantaggioso per i tre porti naturali che presenta ; e perchè ad essi, ove si addessero al mare, riuscirebbe di gran giovamento per avanzare in potenza. Egli il primo osò dire, bisognare applicarsi al mare ; e subito tolse a procacciarne loro l' imperio. Fabbricarono , per suo consiglio, anco il muro intorno al Pireo della grossezza che tuttora si vede, cosicché due carri a riscontro vi portavano i sassi. nell' interno della muraglia non era nè calcina nè loto, ma grandi pietre congegnate, tagliate a canto vivo, e tenute insieme all’esterno con ferro impiombato. Nondimeno l' altezza fu forse condotta alla metà di quanto ei s’era prefisso, sì perchè voleva coll’altezza e grossezza del muro tener lontani gli assalti dei nemici , sì perchè giudicava bastevoli a guardarlo pochi e dei più invalidi, affinchè gli altri montassero sulle navi alle quali erano tutte rivolte le sue cure. Vedeva egli, per mio avviso, che agli eserciti del re restava più facile lo invadere dalla

parte di mare che dalla parte di terra ; laonde giudicava il Pireo più importante della rocca della città: e spesso avvertiva gli Ateniesi avessero a scendervi per far sulle navi resistenza a qualunque, se per avventura si trovassero stretti dalla parte di terra. Cosi gli Ateniesi subito dopo la ritirata dei Medi si fortificarono colle mura , e ristaurarono il rimanente della città.

Da Sparta fu di poi spedito condottiero de' Greci Pausania figlio di Cleombroto con venti navi del Peloponneso y alle quali si unirono gli Ateniesi con trenta, e con buon numero degli altri alleati. Fecero vela contro l' isola di Cipro e ne soggiogarono gran parte ; si diressero poscia alla volta di Bizanzio occupata dai Medi, e la espugnarono sotto la condotta del medesimo.

Ma già Pausania usava nel comando modi insolenti , onde erano disgustati gli altri Greci, e principalmente gli Ionii e quanti eransi di poco sottratti al servaggio del re. Questi prontavano presso gli Ateniesi , e pel titolo di parentela gli pregavano volessero essere loro duci , e non permettessero a Pausania le sue soperchierie. Gli Ateniesi prestarono orecchio alle loro parole, e presero a considerarle con intendimento di non lasciar correre, e di ordinare le altre cose nella maniera la più utile per loro. In questo i Lacedemoni richiamano Pausania per fare il processo dei rapporti che avevano di lui : avvegnaché da' Greci che arrivavano a Sparta gli fossero imputate grandi ingiustizie, per le quali compariva più tiranno che generale. Nel tempo istesso del suo richiamo accadde che anche gli alleati, salvo le milizie del Peloponneso , per l’odio concepito contro di lui passarono a parte Ateniese. Giunto egli a S parta fu dichiarato reo di private avanie contro alcuno, ma restò assoluto come innocente delle imputazioni più criminose ; perocché veniva principalmente accusato di seguir la parte del Medo, e la

cosa pareva manifestissima. Il perchè non fu più spedito generale , ma inviarono Dorci ed alcuni altri con piccol numero di soldatesca, ai quali gli alleati non vollero rimettere il comando. Come essi il riseppero tornarono indietro , e i Lacedemoni non spedironvi più alcuno , si perchè temevano che andati colà non si guastassero, come era addivenuto di Pausania , si perchè bramavano disbrigarsi della guerra col Medo , e reputavano gli Ateniesi capitani sufficienti, e in quel tempo loro amici.

In questa guisa, a grado degli alleati che odiavano Pausania, pervenuti gli Ateniesi al comando determinarono le città che avessero a somministrar denaro o navi per andar contro il barbaro ; conciossiachè pretesto a ciò era la vendetta che pei mali sofferti volevan prendere di lui, devastandone le terre. E fu allora per la prima volta constituita presso gli Ateniesi la carica degli Ellenotami, i quali riscotevano il tributo , che cosi chiamossi la contribuzione del denaro. Da prima il tributo imposto fu di quattrocentosessanta talenti : Deio era la tesoreria , e nel tempio si tenevano le adunanze.

In principio gli Ateniesi governavano gli alleati, lasciando loro le proprie leggi , ed il dritto di deliberare nelle generali adunanze : ma nel tempo di mezzo a questa guerra e quella del Medo, sono pervenuti al grado presente di potenza per essersi esercitati in guerra, e per aver condotto a lieto fine le brighe avute col barbaro, coi propri alleati che mulinassero cose nuove, e con quei tra i Peloponnesi che a mano a mano prendessero parte in ciascuna di quelle controversie. Ed io ne ho scritto l’istoria , fatta digressione dal mio soggetto, avvegnaché questo punto sia stato omesso da tutti gli scrittori prima di ine, che hanno narrato o i fatti de’ Greci anteriori alla guerra dei Medi , o quelli solo della guerra con i Medi. Ed Elamico , che pur lo toccò nella storia attica , rammenta le

code in succinto, e senza accurata indicazione dei tempi. Inoltre questa digressione insegna chiaramente il modo onde venne a stabilirsi l' impero degli Ateniesi.

Questi primieramente sotto la condotta di Cimone figliolo di Milziade cinsero d’ assedio ed espugnarono Eiona sullo Strimone, occupata allora dai Medi, e fecero schiavi gli abitanti. Ridussero poscia in servitù Sciro isola del mare Egeo , abitata dai Dolopi, ove mandarono colonia de’loro. Ebbero anche (senza che vi prendessero parte gli altri Eubei ) guerra coi Caristii , con i quali qualche tempo dopo vennero agli accordi. Mossero poi guerra ai Nassii che s’ erano ribellati e gli soggiogarono per via d’assedio ; e questa fu la prima città alleata ridotta , contro la consueta osservanza del dritto, allo stato di servitù : lo che in questo o in quel modo addivenne anche all’ altre.

Tra i varii motivi di ribellione erano i principali il rifiuto dei tributi e delle navi, e la mancanza iu dii che fosse al servigio militare. Perocché gli Ateniesi erano rigorosi esattori, e rendevansi odiosi costringendo alle militari fatiche gente non usatavi e non volenterosa. Erano ancora per altre cagioni non più come prima aggraditi nel loro comando , e nelle spedizioni non concorrevano con soldatesca egualmente che gli altri ; tanto per essi era facile assoggettare i ribelli. Ma di queste soperchierie erano cagione gli alleati stessi, la più parte dei quali, attesa questa ritrosia al servigio militare per non dilungarsi dalla patria, invece che dare le navi, tassavansi a pagar l' equivalente in denaro. Così gli Ateniesi accrescevano la loro flotta colla pecunia contribuita da quelli, i quali ove si ribellassero, entravano in guerra poveri e scarsi d’apparecchi.

Dopo questi avvenimenti gli Ateniesi e gli alleati ebbero combattimento navale e terrestre col Medo , sul fiume Eurimedonte , nella Pamfilia , capitanati da Cimone

figliolo di Milziade : e in un giorno stesso furono vincitori in amendue , presevi e disfatte in tutte dugento triremi dei Fenici. Appresso avvenne la ribellione de5 Tasii venuti in controversia per le piazze mercantili e per le miniere che possedevano in quella parte di Trarìa , che guarda verso la loro isola. Gli Ateniesi fecero vela per alla volta di Taso, vinsero la battaglia navale, e sbarcarono a terra. Circa questo tempo mandarono sul fiume Strimone una colonia di diecimila tra Ateniesi e confederati , con intendimento di impadronirsi del luogo detto allora Le Nove Strade, ed ora Amfipoli, cui occupavano gli Edoni. Infatti se ne insignorirono ; ma procedendo fra terra in Tracia, furono disfatti a Drabesco dell’Edonia da' Traci tutti riuniti, i quali mal sopportavano l' edificazione del castello NoveStrade.