History of the Peloponnesian War

Thucydides

Thucydides. Della storia di Tucidide volgarizzata libri otto. Anonymous translator. Florence: Tipografia Galileiana, 1835.

La nuova delle città ribellate era pervenuta subito anche agli Ateniesi ; ed al sentire che v’ era pur sopraggiunto Aristeo colle sue genti, spediscono contro i luoghi ribelli quaranta navi con due mila dei loro di grave armatura , sotto il comando di Callia figliolo di Calliade, e di altri quattro. Giunti appena in Macedonia trovano che quei primi mille, dopo avere di recente espugnato Torma, assediavano Pidna. Fermaronvisi aneli7 essi per continovarne l'assedio ; ma poscia premendo loro Potidea (tanto più che era arrivato anche Aristeo) fanno accordo e forzata alleanza con Perdicca, e partono di Macedonia. Giunti a Berrea tentarono di prenderla, ma fu senza riuscita

: per lo che tornati indietro marciavano per terra verso Potidea con tremila dei loro di grave armatura ( oltre a molti altri alleati ) e con seicento cavalieri condotti da Filippo e da Pausania, più settanta navi che gli seguivano radendo la costa. Si avanzarono a bell’agio, e il terzo di pervennero a Gigono ove si accamparono.

I Potideati co’Peloponnesi d’Aristeo li aspettavano accampati sull’ istmo in vicinanza d9 Olinto ; e fuori di città avevano aperto il mercato. Gli alleati avevano eletto a capitano di tutta la fanteria Aristeo, e della cavalleria Perdicca, che subito staccatosi nuovamente dagli Ateniesi seguiva la parte de' Potideati, lasciato al governo Iolao in sua vece. Aristeo pensò di tenere la sua gente sull' istmo ad osservare quando sopravvenissero gli Ateniesi ; ordinò che i Calcidesi con gli alleati di fuori dell’ istmo, e co’dugento cavalli guidati da Perdicca restassero fermi in Olinto ; perchè, qualora gli Ateniesi si avanzassero contro lui, venendo loro alle spalle, mettessero in mezzo il nemico. Dall’altra parte Callia generale degli Ateniesi ed i suoi colleghi spediscono alla volta d'Olinto la cavalleria macedone con alcuni pochi de’ loro alleati , per impedire i soccorsi che di là potesser venire ; e mosso il campo marciavano essi verso Potidea. Pervenuti sull’ istmo, vedendo i nemici preparati al combattimento, fecero anch’essi alto di fronte, e poco dopo si azzuffarono. L’ala propriamente d' Aristeo coi soldati scelti de’ Corintii e degli altri alleati che erano con lui, fece dar volta ai nemici che stavano di fronte, e gli incalzò inseguendoli per buon tratto : il resto poi dell'esercito de’ Potideati e dei Peloponnesi vinto dagli Ateniesi si riparò dentro le mura.

Aristeo tornando dal dar la caccia al nemico, e vedendo battuta l' altra parte dell’ esercito , era perplesso se dovesse arrischiarsi per la via dJ Olinto , ovvero per quella di Potidea. Ma risolvette di ristringere la sua gente

in angustissimo spazio, e velocemente marciando aprirsi la via di Potidea : e con difficoltà, inquietato anche dagli strali del nemico , vi penetrò passando lungo la scarpa delle mura pel mare che ivi si frange, talché colla perdita di pochi salvò la maggior parte de’ suoi. Le milizie d? Olinto destinate pel soccorso di Potidea , dalla quale si scorge alla distanza di circa sessanta stadii, attaccata appena la battaglia ed alzati i segnali, si erano alquanto avanzate per dare aiuto ; ma la cavalleria macedone si schierò loro di fronte per impedirle. E poiché che la vittoria fu tosto per gli Ateniesi, e vennero calati i segnali, tornarono esse dentro le mura, e la cavalleria macedone raggiunse gli Ateniesi ; cosicché nè P una nè l' altra parte ebbe cavalleria. Dopo la battaglia gli Ateniesi alzarono trofeo , e con salvocondotto resero i cadaveri ai Potideati. Vi perirono tra Potideati ed alleati poco meno di treceuto, e centocinquanta proprio degli Ateniesi con Callia comandante.

Gli Ateniesi tirarono subito il muro dalla parte dell’ istmo, e vi tenevano presidio : ma ne restava sguarnita la parte verso Pallene ; poiché non si credevano in forze da guardar l’istmo, e insieme passare in Pallene per fabbricare il muro ; temendo che i Potideati con gli alleati gli assalirebbero se fossero divisi in due parti. Quando però riseppero gli Ateniesi che la parte che guarda Pailene non aveva muro , spediscono poco dopo milleseicento dei loro di grave armatura capitanati da Formione figliolo di Asopio. Giunto egli a Pailene, movendo da Afitide avvicinava lentamente l' esercito a Potidea , dando nel tempo stesso il guasto alla campagna. E poiché nissuno usciva incontro a combatterlo, tirò il muro dalla parte di Pailene. Così Potidea restava rigorosamente ristretta da due lati, e insieme dalla parte di mare per le navi che v’ erano di stazione.

Attorniata di mura la città, Aristeo non vedendo via di salvezza senza un qualche inaspettato soccorso dal Peloponneso o altro prodigio, proponeva che da cinquecento in fuori, gli altri aspettando buon vento scapolassero per mare, acciò più lungamente durasse la vettovaglia , ed ei voleva essere tra quei che resterebbero : ma non talentando agli altri il suo consiglio, premuroso di ovviare ai presenti mali, e di ordinare nel miglior modo possibile le cose di fuori, imbarca e parte non osservato dalle guardie ateniesi. Si trattenne presso i Calcidesi, ed oltre la guerra che faceva ad altri luoghi, con imboscata tesa in vicinanza della citta de9 Sermilii, ne uccise parecchi, senza però intermettere le pratiche nel Peloponneso, per averne qualche soccorso. E Formione attorniato che ebbe col muro Potidea, dava co’ suoi milleseicento il guasto alla campagna calcidica e bottica ; e prese eziandio alcune castella.

Ma le accuse insorte scambievolmente prima della guerra tra Ateniesi e Peloponnesi erano queste. I Corintii accusavano gli Ateniesi dell’ assedio col quale strìngevano Potidea loro colonia e quei Corintii e Peloponnesi che vi si trovavano : gli Ateniesi accusavano i Peloponnesi d’aver ribellata quella città confederata e tributaria d’Atene, e andati colà di aver portato scopertamente le armi contro loro d’accordo co' Potideati. Nondimeno non era per anche scoppiata la guerra , anzi durava tuttora la tregua ; perchè queste cose avevano fatte i Corintii in particolare.

I quali, vedendo assediata Potidea , nonistettero più alle mosse , temendo per quella città e per la gente che vi avevano. E senza perder tempo invitavano gli alleati a Sparta , ove andati essi pure inveivano contro gli Ateniesi, imputando loro d' aver trasgredito alle tregue, c di ingiuriare il Peloponneso. E gli Egincti, quantunque senza pubblica ambasceria per paura degli Ateniesi, non

meno degli altri segretamente insistevano d’ accordo coi Corintii per la guerra ; allegando esser loro tolto l' uso delle proprie leggi pattuito negli accordi. Tennero i Lacedemoni la loro consueta adunanza; ed oltre agli alleati, vi chiamarono chiunque dicesse essere stato ingiuriato dagli Ateniesi , ed ordinarono a ciascuno di parlare. Diversi si fecero innanzi a produrre le loro querele secondo che ciascuno credeva : ma i Megaresi, oltre a molte altre non piccole differenze, esposero principalmente d" esser sequestrati dai porti del dominio d'Atene e dal mercato dell’Attica , in dispetto delle convenzioni. I Corintii poi, avendo lasciato che gli altri fossero primi ad inacerbire i Lacedemoni, si presentarono gli ultimi e parlarono così.

« La lealtà che regna tra voi, o Lacedemoni, nel civile govemamento e nel conversare privato, vi rende , anzi che no, tardi a prestar fede se qualche cosa vi diciamo degli altri ; e da ciò procede non solo la vostra moderazione, ma eziandio la più grande ignoranza in cui siete delle cose esterne. Conciossiachè noi vi abbiamo più fiate predetto i danni che ci aspettavamo dagli Ateniesi ; ma voi non pigliavate contezza alcuna de’ fatti di cui volta per volta vi informavamo ; sospettavate anzi che quei che li esponevano fossero mossi a parlare da private nimistà : e però non prima che ingiuriati fossimo, ma da che lo siamo di fatto , avete invitato questi confederati, tra’quali a noi più di tutti conviene far parola , in quanto che più gravi sono le nostre querele; trovandoci negletti da voi , mentre siamo oltraggiati dagli Ateniesi. I quali se nascosamente opprimessero eoi loro soprusi la Grecia, egli farebbe bisogno awertirvene , potendo voi ignorarli : ma qual prò adesso di molte parole per noi, alcuni dei quali vedete già sotto il giogo ; altri, e specialmente alleati nostri , insidiati da loro , i quali da gran tempo sono già apparecchiati alla guerra , caso che una volta dovessero

sostenerla ? Perocché altrimenti non avrebbero soprappreso nè riterrebbero a nostro mal grado Corfù, nè assederebbero Potidea : questa opportunissima per fare in Tracia ciò che vogliono , laddove quella avrebbe somministrato ai Peloponnesi flotta considerevolissima.

« E di tutto ciò voi siete i colpevoli, perchè finita la guerra de’Medi permetteste agli Ateniesi da prima di fortificar la città e poi d’alzare le mura lunghe; e tuttora continovate a togliere la libertà non solo ai popoli messi da loro in servaggio , ma anche agli stessi vostri alleati : poiché è autore di servaggio non chi lo impone, ma più veramente chi, potendo cessarlo, non se ne cura, tuttoché egli abbia il decoroso nome di liberatore della Grecia, Ora finalmente , ed a gran fatica, ci siamo congregati, avvisando non averne pure adesso aperte ragioni ; perchè non si volea più cercare se siamo gli offesi, ma solamente trovare il modo di vendicarci, da che essi hanno già deciso e fan di fatti, e senza indugio alcuno assaltano noi incerti ancora nelle nostre risoluzioni. Bene ci è noto per qual via gli Ateniesi a poco a poco si avanzano su quel degli altri : nondimeno sino a che per la inavvertenza vostra si credono inosservati lo fanno meno francamente: ma piomberanno addosso con tutto lo sforzo qualora conoscano che noti vi sieno i loro disegni e non gli curate. Poiché voi sol tra’ Greci , o Lacedemoni, ve la passate tranquillamente , e pretendete tenere indietro gli altri nou colla forza ma coll' indugio ; e di abbattere gli ingrandimenti de’nemici non sul principio, ma quando sieno cresciuti del doppio. E pure avevate nome d’ esser gente di sicuro consiglio ; ma certo la fama era maggiore del vero. Conciossiachè siamo noi stessi testimoni che il Medo dall’estremità della terra giunse nel Pelopponeso , innanzi che voi gli andaste incontro con forze condegne al vostro decoro. Ed or non fate caso degli Ateniesi che vi sona vicini e non

già lontani com’ egli ; e più tosto che assalirli, volete respingerli assalitori, e così combattendoli divenuti già assai più forti, rimettervi alla incertezza del caso, quantunque non ignoriate che anche il barbaro fu di per sé stesso cagione di sue sconfitte, e che le nostre molte vittorie già riportate su gli Ateniesi procederono più dai loro errori che dai vostri soccorsi. Perciocché le speranze riposte in voi hanno ornai pur troppo rovinato alcuni che affidati a quelle se ne stavano senza apparecchiarsi. Nè alcuno di voi creda parlar noi cosi per nimicizia che vi portiamo , più tosto che per farvi amichevole rimostranza r imperocché questa sta bene con gli amici che difettino , dove al nemico che ci abbia offeso si porta accusa di delitto.

« Crediamo inoltre aver quanto altri mai diritto di dolerci dei vicini , principalmente nell’urgenza di rilevanti affari , pei quali ci sembra che restiate insensibili, senza aver mai ponderato che gente sieno gli Ateniesi coi quali avrete a combattere , e in quanto , per non dire in tutto, a voi superiori. Novatori essi, sono destri a immaginare trovati e ad eseguirli : buoni voi a conservare il vostro , non mirate più oltre , nè sapete venire a capo delle cose anche le più necessarie. Di più sono essi ardimentosi al di sopra delle forze, arriseliievoli più di quel che s’erano prefissi , pieni di buona speranza nei più fieri disastri : all'opposto è proprio di voi operare al di sotto delle forze , non fidarvi neanche de’ meglio fondati consigli, e pensare non dovervi mai liberare da’ pericoli. Sono essi sollecitissimi dinanzi a voi temporeggianti ; eglino randagi, voi casalinghi : perchè coll’ allontanarsi dal patrio suolo credono trovar via a nuovi acquisti, voi col metter piè nelT altrui credete di rovinare anche il Vostro. Vincitori del nemico, ei si avanzano oltremodo , vinti si scoraggiano il meno possibile ; anzi per la patria non risparmiano punto i loro corpi come se a lei non apj

partenesscro, ma usano dell9 animo come di cosa tutta di lei in ogni impresa che le sia utile : stimano perdita del proprio le imprese pensate e non compiute ; gli acquisti fatti colle invasioni, piccola cosa a comparazione di ciò che sperano conseguire. Fallisce a sorte una prova , vi sopperiscono con nuove speranze : soli essi riuniscono insieme speranza e possedimento delle cose immaginate , tanto è pronta l' opra di mano ai loro disegni. In tutto questo s’ affannano per l' intero corso della vita in mezzo alle fatiche ed ai pericoli : godono pochissimo di ciò che hanno , intenti sempre ad accrescerlo j credono festa non esser altro che far quel che occorre, e maggior disgrazia l' ozio inoperoso che la travagliosa occupazione. Insomma se tu gli dica nati per non aver riposo, nè lasciarlo altrui, diresti vero.

« E nondimeno con a fronte una città di tal fatta, voi, o Lacedemoni, temporeggiate, e credete che tranquillità lungamente non duri presso que’ popoli i quali, tuttoché coi loro apparecchi di guerra non oltrepassino i termini del dovere, pure chiaramente dimostrano che non patiranno d’essere offesi : anzi ponete l’equilibrio politico nel non molestare gli altri, e nel non sopportare danni in caso di rispingerli ; ciò che potreste appena conseguire se aveste a confine una Repubblica che a questa vostra rassomigliasse. Ma oggirnai, come abbiamo testé dimostrato , le vostre maniere dirimpetto agli Ateniesi sono di usanza antica : ora è forza , siccome avviene nelle arti, che a mano a mano la vinca il costume più recente. E per citta tranquilla ottime sono costumanze invariabili : ma in quella ove sia necessario andare incontro a molti pericoli, abbisognano anche molti nuovi artifici. Però lo stato degli Ateniesi esercitato in molte prove, si è più rinnovato del vostro. Qui dunque finisca la vostra lentezza: anzi adesso, conforme lo avete promesso, soccorrerete gli altri ed anche

i Potideati assaltando prontamente l’Attica, per non abbandonare a? più fieri nemici gente vostra amica, e del medesimo sangue, e non far si che noialtri per lo scoraggiamento ci rivolgiamo ad altra lega. Lo che facendo, non commetteremmo ingiustizia veruna , nè in faccia agli Dei invocati nei giuramenti, nè in faccia agli uomini di senno: perchè non rompono i patti quei che abbandonati si accostano ad altri, ma coloro che non aiutano quelli coi quali giurarono alleanza. Nulladimeno se vorrete darvene cura resteremo uniti con voi ; conciossiachè mutando parte, nè opereremmo onestamente, nè troveremmo altrove maggior conformità di costumi: però risolvete bene, e date opera che non vi tocchi a governare il Peloponneso più angusto di quel che ve lo consegnarono i padri ».

Queste furono le parole dei Corintii : e gli ambasciatori Ateniesi, che per altre occorrenze per avventura si trovavano di prima a Sparta, inteso che ebbero ciò, risolvettero di presentarsi ai Lacedemoni, non per purgar le imputazioni date loro dalle città , bensì per dichiarare che sull’ insieme delle cose non doveano risolvere si tostamente, ma riflettervi più lungo tempo : volevano altresì esporre quanto grande fosse la potenza della loro Repubblica, rammemorando ai più vecchi fatti che non ignoravano , e raccontandoli ai giovani che non li sapevano. Giudicavano essi che per le loro parole si volgerebbero più presto al partito della pace che della guerra. Rappresentaronsi adunque ai Lacedemoni, e dissero volere essi pure, qualora non ve ne fosse divieto , parlare all’ assemblea ; e avuta permissione di entrare, parlarono così.

« Noi non fummo certamente inviati qua per venire in con tradi ttorio coi nostri alleati, ma per altre commissioni avute dalla patria : nondimeno informati dei tanti rabbuffi che si fanno contro di noi, ci siamo presentati , non per rispondere alle imputazioni delle città ( perciocché

si tratterebbe dinanzi a voi, che giudici rtori sieté nè di noi nè di loro ), ma per non lasciarvi, stando a detta degli alleati, prendere troppo facilmente mala risoluzione sopra affari importantissimi. E medesimamente j riandando tutto il parlato contro noi, vogliamo chiarirvi che ben ci sta quel che abbiamo , e che la nostra Repubblica merita tutta la considerazione. Quanto a’ fatti più antichi attestati dalla tradizione, più tosto che visti dagli occhi di chi ci ascolterà, nulla monterebbe il parlarne : ma delle imprese contro il Medo j e delle altre a voi pure ben note, è indispensabile ragionare, a patto anche di riescir troppo molesti, perchè ad ogni occasione le produciamo. Conciossiachè nelle nostre opere di allora i pericoli furono pel comun bene : del quale siccome voi partecipaste di fatto, così dal farne parola, ove utile ci sia , noi non vogliamo essere interamente esclusi. Nè già favelleremo per nostra discolpa ; ma solo per testimoniare e dichiarare con qual città vi toccherà a combattere, se saggiamente non risolverete. Imperocché ci diamo vanto di esserci soli fatti innanzi a Maratona per sostenere il cimento contro il barbaro : di poi nella seconda sua venuta , trovandoci insufficienti a respingerlo per terra, montammo tutti d'accordo sulle navi, e venimmo con esso lui a battaglia navale a Salamina \ lo che valse a impedire che egli non devastasse il Peloponneso ? investendone colla flotta ad una ad una le città , troppo deboli per soccorrersi scambievolmente contro il gran numero delle sue navi. Egli stesso ne diede poi la più chiara riprova \ perocché vinto dalla nostra flotta, credendo non aver ornai forze eguali alle nostre, si ritirò prestamente colla maggior parte dell’ armata.

« Ora in quel fatto sì stupendo, ove chiaro mostrassi che l’esser de’ Greci consisteva nelle navi, tre cose offrimmo le più conducevoli a lieto riuscimento : cioè ,

numerosissimo naviglio, capitano prudentissimo, deciso coraggio : delle quattrocento navi, poco meno dei due terzi ; per capitano Temistocle , cui solo deesi che la battaglia seguisse nefllo stretto, per lo che manifestamente foron salve le cose dei Greci : e a lui quantunque straniero (che gran cosa è) rendeste per ciò onori più grandi che a tutti gli altri venuti prima tra voi. Mostrammo in fine coraggio di gran lunga il più magnanimo, noi i quali ( poiché nissuno ci soccorreva per terra, e gli altri insino a noi erano ridotti in servitù ) credemmo di nostro decoro abbandonar la città e rovinare le cose nostre, e quantunque ridotti in questo stato , anzi che abbandonare gli altri alleati, o andando sparsi rendersi loro inutili, montammo sulle navi, e ci facemmo incontro al pericolo , senza adirarci per non averci voi di prima soccorsi : cosi che diciamo avervi recato vantaggio non minore di quello che noi stessi conseguimmo. Ed invero, solo da che vedeste esservi più da temere per voi che per noi, ci soccorreste movendo da città tuttora abitate, e confidando di ritornare al possedimento di quelle ; ma fino a che furono in salvo le cose nostre voi non compariste. Noi per opposito uscendo risoluti da città che più non era, e di cui rimaneva menoma speranza , affrontando il pericolo salvammo dal canto nostro e voi e noi medesimi. Ma se di prima per la paura di veder rovinato il nostro suolo, dati ci fossimo , siccome gli altri, al Medo ; ovvero se dappoi, tenendoci per vinti e perduti, non avessimo osato montar le navi, non occorreva altrimenti che voi, mancanti come eravate di flotta sufficiente , veniste a riaval combattimento, anzi per lui avrebbero le cose tranquillamente progredito a suo talento.

« È egli dunque cosa giusta , o Lacedemoni, che la prontezza di animo e la saviezza di consiglio allora dimostrata , ci rendano sì smodatamente segno alla invidia

dei Greci, anche per l' impero che abbiamo ? Nè già noi l' ottenemmo per forza, ma da che, avendo voi ricusato di rimanere a combattere gli avanzi del barbaro, gli alleati ricorsero a noi, e di per sè stessi ci pregarono ad essere capitani. La natura stessa della cosa poi ci obbligò fino da principio a promuovere questo impero al punto presente, primieramente per timore-, poscia per onore, in ultimo per vantaggio. Ed essendo oramai avuti in odio da molti, avendo sottomessi alcuni che già ci si erano ribellati, e vedendo voi non già come prima amici nostri, ma sospettosi e discordevoli ; non più ci pareva sicuro consiglio rallentare il vigore di quello con nostro pericolo , conciofossechè a voi si accosterebbero quelli che da noi si rifilassero. Or niuno deve biasimare chi cinto da gravissimi pericoli si adopra a ben disporre i propri affari.

« Voi certo, o Lacedemoni, nelle città del Peloponneso , sulle quali imperate, avete costituito reggimento acconcio all’util vostro. E se allora rimasti voi perpetuamente al comando , foste incorsi come noi nell’ odio che il comando stesso si trae dietro ; tenghiamo per certo che necessitati o a comandare vigorosamente , o a correr pericolo, non sareste meno di noi divenuti incomodi agli alleati. Medesimamente neppur noi abbiam fatto cosa da maravigliare, nè lontana dal fare degli uomini, se ricevemmo l’impero trasmessoci, e se non vogliamo rallentarne il vigore vinti da grandissime cause, onore, timore, vantaggio. Nè siamo poi stati i primi a mettere questa sempremai ricevuta usanza, che il debole sia tenuto sotto dal più forte. Oltre di che credevamo di meritarlo e voi pur lo credevate sino a qui ; se non che ora calcolando l' utilità vostra, siete ricorsi ai termini di dritto, per anteporre i quali niuno fu mai che migliorar non volesse le cose $ue quando gli venne il destro di farlo colla forza. Meritano

anzi lode tutti coloro che, seguendo l’istinto proprio dell’ uomo di comandare altrui, sieno stati più giusti di quello che avrebbe portato la loro potenza. Almeno quanto a noi pensiamo che, se altri acquistassero il nostro potère, farebbero allor daddovero conoscere se siamo nulla nulla discreti : ma a noi la nostra lenità ha fruttato a torto più di disonore che di gloria.

« Perciocché , quantunque nelle giudiciali contraversie cogli alleati recediamo dai nostri diritti, e facciam loro giudizio, tutto che in casa nostra , con leggi eguali per essi e per noi, nondimeno siamo reputati gente litigiosa : né alcun di loro considera perchè tal rimprovero non sia fatto a quelli che altrove hanno impero , benché men discreti di noi coi loro soggetti. Ciò procede da questo , che coloro i quali possono usar la via della forza, non si curano più punto di quella del diritto : mentre questi nostri alleati avvezzi a trattar con noi alla pari, se per nostro giudicio, o per quel potere che dall' impero deriva , contro la da loro creduta convenienza , o comunque sia, restino in qualchecosa al disotto, non ci sanno grado per quel di più di che non vengono privati ; anzi per quel nonnulla vanno più malcontenti che se , messe a dirittura dall’ un dei lati le leggi, gli avessimo manifestamente oppressi : perocché a quel modo non avrebber pure aperto bocca per negare che il più debole debba cedere al più forte. Conciossiaché , come pare, gli uomini più si adirano pel negato diritto , che per la manifesta violenza : quello sembra soverchieria fatta da un eguale , questa necessaria conseguenza dell’ esser da più. Infatti sofferivano essi pazientemente dal Medo trattamenti più severi di questi ; laddove il nostro impero passa per grave : nè maraviglia : perchè il governo presente è sempre quello che più pesa aì sudditi. E se a voi , dopo averci

atterrati, toccasse a comandare, forse doveste scendere dal grado di benevolenza in cui siete pel timore che si ha dì noi ; se pure quali vi mostraste allora nel breve comando vostro contro il Medo , tali vi faceste conoscere anche adesso. Perocché non solo a casa vostra seguitate usauze non punto confacenti con quelle degli altri, ma di più qualunque di voi esca di patria non pratica nè queste sue, uè quelle seguite dal rimanente di Grecia.

« Deliberate adunque posatamente, perchè d’oggetti non lievi ; nè porgendo orecchio a consigli e imputazioni a voi estranee, vogliate sopraccaricarvi di travagli tutti vostri. Quanta poi sia la stravaganza della guerra premeditatelo innanzi di trovarvici: perocché prolungandosi , suole essa il più delle volte ridursi a dipendere da fortunosi accidenti, da cui amendue siamo distanti ; e l’esito pende nella incertezza. Nondimeno gli uomini andando alla guerra sogliono venire prima ai fatti, lo che doveva serbarsi dappoi ; e quando già ne provano i disastri , allora vengono alle deliberazioni. Ma nè noi siamo ancora caduti in alcuno di questi sbagli, uè ci vediamo pur voi ; però (ino a che resta in arbitrio di entrambi la scelta di buona risoluzione , vi diciamo che non rompiate la tregua, nè trapassiate i giuramenti ; e che piuttosto secondo gli accordi accomodiamo le nostre differenze per via di ragione. Altrimenti, presi in testimoni gli Dei vindici dei giuramenti , ci adopreremo al postutto per rispingere gli assalitori , seguendo la stessa via per cui ci precediate ».

Tali furono le parole degli Ateniesi : ed i Lacedemoni , udito che ebbero le querele dei confederati contro gli Ateniesi, e le cose dette da questi, ordinarono tutti si ritirassero, per deliberare da sé soli sopra i presenti affari. E la maggior parte consentiva iu ciò, che il procedere degli Ateniesi era oggimai ingiusto, e però doversi

fare tostamente la guerra. Ma Archidamo re di Sparta , riputato uomo prudente e moderato , si fece innanzi e parlò così.

« Ed io e voi che qui véggo della mia età, o Lacedemoni, abbiamo già di più d' una guerra esperienza ; così che non è da credere che alcuno o per imperizia la guerra desideri ( lo che a molti intervenir potrebbe ), o perchè la creda cosa utile e sicura : ma voi troverete questa guerra intorno a cui deliberate, non essere per riuscire di piccol momento, ove alcuno si faccia a saggiamente considerarla. Conciossiachè difronte ai Peloponnesi ed ai confinanti noi abbiam forze quasi eguali, e prontamente possiamo recarci contro ciascuno di essi : ma contro a genti che abitano terre lontane, e per aggiunta bravissime in mare, e di tutte cose ottimamente fornite , di pubbliche e private ricchezze, di navi, cavalli, armi e soldatesca quanta non è in Verun altro luogo della Grecia, con di più molti alleati tributari ; come mai incontro a costoro hassi ad intraprendere francamente la guerra ? Ed a che affidati, senza apparecchiamenti affrettarsi cotanto ? Forse alle navi ? ma ne siamo al di sotto : e se vorremo esercitarvict in modo da star loro a fronte, egli abbisogna di tempo. Forse ai denari ? ma anche in ciò siamo molto inferiori : noi non abbiamo nè pubblica , nè privata pecunia per contribuir prontamente.