History of the Peloponnesian War

Thucydides

Thucydides. Della storia di Tucidide volgarizzata libri otto. Anonymous translator. Florence: Tipografia Galileiana, 1835.

Il perchè si affrettavano a costruir quel muro con postierle ed ingressi per introdurvi i nemici , volendo terminarlo innanzi d essere impediti dalla fazione contraria. Tali discorsi pertanto da principio si comunicavano a pochi , e piuttosto di soppiatto ; ma poiché Frinico tornando dalla sua ambasceria di Sparta fu a posta fatta ferito in pena piazza da uno della ronda, e venuto non molto lungi dalla curia morì ; e poiché, fuggito essendo l’uccisore, un tal di Argo suo complice arrestato e torturato da quattrocento non volle palesare il nome di nessuno che avesse ordinato quel delitto, e solo disse che si faceano molte radunanze presso il capo delle ronde e altrove per le case;

nllor daddovero, siccome quell’accidente non avea partorito veruna novità, Terainene ed Aristocrate, e quanti tra’quattrocento e fuori dequattrocento eran del medesimo parere , si misero tosto con più ardire all’ impresa. Impercioo che in quel tempo appunto le navi nemiche dalla spiaggia laconica volteggiando si erano fermate ad Epidauro, ed aveano fatto delle scorrerie sopra Egina ; e Teramene diceva non esser consentaneo, se esse andavano verso l’Eubea, che avesser piegato il corso al golfo d’Egina, e quindi presa stazione ad Epidauro ; qualora non fossero state invitate a quel fine ch’ei sempre annunziava : e però non doversi più stare inoperosi. Alla fine moltiplicati i discorsi sediziosi e cresciuti i sospetti Teramene ed i suoi partigiani misero mano all’impresa. Conciossiachè i soldati gravi che nel Pireo fabbricavano il muro di Etionea (e tra questi era anche Aristocrate centurione colla sua centuria) arrestano Alessicle capitano degli oligarchici e sommamente inclinato alla parte contraria a Teramene ; e condottolo a casa lo tennero prigione. E tra gli altri cooperatori che avevano vi era Ermone uno de’comandanti delle ronde di Munichia ; e , quel che più rileva, il corpo de’soldati gravi stava per loro. Appena fu recato avviso di ciò ai quattrocento adunati a consesso nella sala del senato , tutti, salvo quelli ai quali non piaceva il presente governo, erano pronti a correre all’armi, e minacciavano Teramene edi suoi aderenti. Egli per discolparsi disse d’esser pronto a recarsi a liberare Alessicle ; e preso seco un capitano che era della medesima congiura di lui, si avviava verso il Pireo, sostenuto da Aristarco e da’giovani cavalieri. Frattanto grande e spaventevole era il tumulto ; poiché quei di città pensavano che il Pireo fosse già occupato, e messo a morte l’imprigionato Alessicle ; e quei del Pireo temevano di trovarsi or ora addosso quelli di città. Già per Atene correasi furiosamente allarmi, ed i più vecchi si paravano innanzi a’loro
eoncittadini per impedirli, e Tucidice farsalico, ospite della città ed ivi preseti te, entrando animosamente di mezzo ritenea ciascuno, e gridava che non volessero rovinar b par tria co’nemici d’appresso ed alle vedette ; cosicché a gran pena si quetaronaé tion si venne all’arini. Teramene che era uno degenerali arrivato al Pireo mostrassi a parole adirato co’soldati gravi; ma Aristarco e gli altri della parte contraria erano sdegnati veramente. Con tutto ciò la magi» gior parte di quelle milizie, non che si pentissero del fatto tiravano innanzi, e domandavano a Teramene se credeva egli vantaggiosa la fabbrica del muro, e se meglio fosse demolirlo. E Teramene rispondeva che se piacesse loro demolirlo e’ piaceva anche a lui. Laonde tostamente i soldati gravi e molti di quei del Pireo salirono sul muro e lo spianavano, esortandosi tutti l’un l’altro con queste parole et deve prestar mano all’opera chi vuole il comando de’cinquemila , anziché quello de ’quattrocento »; avvegnaché tutti coloro che bramavano ristabilito il governo popolare si andassero ancora celando sotto il nome de’cinquemila onde non nominare apertamente il popolo; perchè temevano che i cinquemila veramente esistessero, e che dicendo qualche cosa ad alcuno di essi senza conoscerlo , non avessero a trovarsi perduti. Ed i quattrocento non volevano nè che i cinquemila esistessero, nè che fosse manifesto che non esistevano, per questo appunto perchè giudicavano che il metter tanti a parte del governo sarebbe una vera democrazia, e che d’altronde con l’incertezza si seminerebbe la paura tra’cittadini.

Il giorno seguente i quattrocento, benché sconcertati si assembrarono nella sala senatoria; ed i soldati gravi del Pireo, lasciato in libertà l’arrestato Alessicle e demolito il muro, vennero al teatro di Bacco presso Munichia , e posate le armi fecero adunanza, e secondo la risoluzione presa marciavano a dirittura verso la città, od

ivi fecero alto nel sacro recinto de’Dioscurk Quivi vennero a trovarli alcuni deputati de ’quattrocento, e discorrevano testa testa con loro ; e persuadevano quelli che vedessero più docili a mettersi in calma e contenere anche gli altri; promettendo che si promulgherebbero i cinque mila, e che dal uumero di questi si creerebbero a vicenda i quattrocento, secondo che piacesse ai cinquemila medesimi; e intanto li pregavano che non volessero in alcun modo perdere la Repubblica nè darle la spinta a cadere in mano de’nemici. Cosicché per i molti discorsi che si facevano a molti, il maggior numero de’soldati gravi divennero più ammansati di prima, e sopra tutto temevano del pericolo universale della Repubblica. Convennero adunque che in un certo giorno si tenesse una dieta nel tempio di Bacco intorno all’accomodamento.

Arrivato il giorno della dieta nel tempio di Bacco, mentre erano per adunarsi venne la nuova che Egesandrida con le quarantadue navi fatto vela da Megara rasentava Salamina. Allora tutti i soldati gravi giudicavano esser questo ciò che tempo fa dice vasi da Teramene e dai suoi seguaci, cioè che la flotta nemica era diretta al muro ; e tenevano per vantaggiosa la demolizione di esso. E forse Egesandrida si tratteneva intorno ad Epidauro ed in cotesti luoghi per essersi indettato co’quattrocento ; ma è ancora probabile che vi si fermasse sperando dover essere opportuno il suo arrivo all’occasione della presente sedizione degli Ateniesi. Questi però a tal nuova accorrevano subito a stormo al Pireo, giudicando più della domestica guerra formidabile quella de’nemici, che non da lontano ma sulla bocca del porto si faceva ; ed alcuni montavano su le navi già pronte , altri le varavano in mare , ed altri sctmdeano precipitosi a difendere le mura e la bocca del porto.

Ma le navi de’ Peloponnesi seguitarono il corso ; e fatto il giro di Sunio fermaronsi fra Torico e Prasia , e

poi giunsero ad Oropo. Gli Ateniesi in mezzo a quelle sedizioni astretti frettolosamente a valersi di ciurme non ordinate , e desiderosi di provveder con prestezza a cosa tanto rilevante (poiché bloccata l’Attica , l' Eubea era per loro il tutto) spediscono delle navi ad Eretria sotto il comando di Timocari. Le quali arrivate colà e riunitesi con quelle che di prima erano nell’ Eubea compirono il numero di trentasei, e furon subito costrette a venire a battaglia. Imperocché Egesandridadopo il pranzo aveva mossola flotta da Oropo che è distante circa sessanta stadii di mare dalla città degli Eretrii ; e gli Ateniesi nel tempo di quella mossa armavano tostamente le navi, credendo che i soldati fossero appresso di quelle. Essi invece erano andati a comprarsi il mangiare non alla piazza del mercato (ove gli Eretrii premeditatamente non aveano esposto nulla a vendere) ma alle case situate alla fine della città , affinchè mentre le navi si armavano lentamente , i nemici fossero in tempo ad assalirle, e potessero forzare gli Ateniesi a movere loro incontro così come si trovavano. Inoltre fu da Eretria alzato il segnale verso Oropo ai Peloponnesi, per avvertirli quando doveau recarsi nell’alto. Pertanto venuti in mare gli Ateniesi con sì meschino apparecchio, ed appiccata la battaglia al di là del porto di Eretria, ressero nondimeno qualche tempo ; ma poi voltatisi in fuga erano perseguitati fin sulla costa. E quanti di loro si rifugiarono nella città degli Eretrii credendola amica, vennero trattati crudelissimamente e messi a morte dai cittadini ; e gli altri che ricovravansi nella fortezza di Eretria, che si tenea per loro , si salvarono ; come pure quelle navi che arrivarono a Calcide. I Peloponnesi presero agli Ateniesi veutidue navi ; parte delle persone uccisero parte le tennero prigioni, ed alzarono il trofeo ; e non molto dopo ribellarono tutta P Eubea (eccetto Oreo che ritenevano gli Ateniesi) è diedero ordine a tutto quello che al governo di lei apparteneva.

Pervenuta agli Ateniesi la nuova dei fatti dell’Eubea vi sorse sbigottimento grandissimo oltre ogni altro di prima ; nè la disfatta di Sicilia, tuttoché allora paruta grande, nè verun altro caso finora gli atterrì mai cotanto. Imperciocché essendo accaduta sì grave sciagura nella quale avean perduto le navi, e (che grandissima cosa era) l’Eubea, da cui traevano vantaggi maggiori che dall9Attica, mentre era già ribellato l’esercitò di Samo, e non avean più navi nè genti da empirle , e mentre bollivano le fazioni nè vedevasi quando si sarebber potute mai riconciliare; come non era ragionevole il loro scoraggiamento? Sopra tutto poi li turbava l’imminentissimo pericolo che i nemici usando della vittoria osassero spinger subito la flotta contro il Pireo sguarnito di navi, e già li credean poco meno che presenti. Lo che sarebbe loro agevolmente riuscito se fossero stati più ardimentosi, ed assediando Atene l’avrebber divisa maggiormente, ed astrette le navi della Ionia, sebbene nemiche del governo de’pochi, a correre in soccorso de’ propri parenti e di tutta quanta la città ; ed in questo l' Ellesponto, la Ionia, le isole e quanto v’è di spazio fino all’Eubea, insomma tutto l’imperio ateniese sarebbe venuto nelle loro mani. Nè già in questa sola occasione, ma in altre molte ancora, i Lacedemoni f uron per gli Ateniesi quelli, contro a’quali guerreggiarono più comodamente. Imperciocché essendo diversissimi d’indole , gli uni pronti, gli altri tardi, questi intraprendi tori quelli dubitosi, specialmente nel governo delle flotte, procuravano agli Ateniesi vantaggi grandissimi. E la cosa è stata comprovata dai Siracusani, che essendo di maniere consimili agli Ateniesi li combatterono bravissimamente.

A tali nuove pertanto gli Ateniesi, quantunque sbigottiti, armarono venti navi, e allora subito da primo tennero un adunanza nel luogo chiamato Pnice, ove ancora

altre volte eran soliti adunarsi ; nella quale abolirono il magistrato de’quattrocento, e decretarono di affidar lo stato ai cinquemila, del qual numero dovessero esser quei soli che prestassero servizio nella milizia, e che riissimo per qualsivoglia carica dovesse aver pensioni; altrimenti fosse dichiarato esecrabile. Si tennero in seguito altre frequenti adunanze con le quali stabilirono i conservatori delle leggi, ed altre cose pertinenti al reggimento del Comune. E par mi che, almeno a mia ricordanza , gli Ateniesi in questo primo tempo si sieno ben governati ; perciocché vi fu un moderato temperamento tra gli ottimati ed il popolo , ciò che fu cagione principale che le cose loro si rialzassero dal cattivo stato in che erano cadute. Decretarono altresì il ritorno d’Alcibiade e de’suoi seguaci ; e spedirono a lui e all’esercito di Samo pregandoli efficacemente ad applicarsi al governo degli affari.

In tal rivoluzione Pisandro, Alessicle e quanti erano primari sostenitori dell'oligarchia si trafugarono a Decelia. E solo fra essi Aristarco, uno dei generali, tolti seco prestamente alcuni arcieri dei più barbari, marciava verso Enoa fortilizio degli Ateniesi sulla frontiera della Beozia, il quale era assediato da’Corintii (rinforzati da alcuni volontari Beozii) per vendicare l’uccisione operata dagli Ateniesi usciti da Enoa sulle genti loro che ritornavano da Decelia. Aristarco adunque comunicato il suo disegno agli assedianti inganna il presidio di Enoa, dicendo che siccome quelli d’Atene si erano del resto accordati coi Lacedemoni, così essi dovean render quella terra a’Beozii, giacché erasi fatto l’accomodamento a questi patti. Quelli del presidio fidandosi di lui come generale, e nulla sapendo dell’accaduto perchè assediati, uscirono sotto la pubblica fede. In tal maniera i Beozii riebbero Enoa lasciata dagli Ateniesi ; e cosi cessò in Atene il governo de’pochi, e la sedizione.

In questa estate verso i medesimi tempi, ai Peloponnesi che erano a Mileto non venivan pagati gli siipendìi da veruno dei luogotenenti lasciali da Tissaferne quando partì per Aspendo, nè si vedean comparire le navi fenicie con Tissaferne stesso. E Filippo spedito con lui, ed anche Ippocrate gentiluomo spartano che era a Faselìde, aveano scritto all’amuiiraglio Mindaro che le navi fenicie non comparirebbero, che i Peloponnesi erano in tutto trattati male da Tissaferne, e che Farnabazo li invitava, ed era pronto a condurre a loro la sua flotta, e a ribellare egli stesso (siccome dovea fare Tissaferne) le altre città della sua provincia agli Ateniesi, ripromettendosi da ciò qualche profitto maggiore. Per le quali cose Mindaro con molta regola e con subito ordinamento, onde celarsi alla flotta ateniese di Samo, salpò da Mileto con settantatre navi, e veleggiava alla volta dell1 Ellesponto, ove in questa medesima estate ne erano inuanzi arrivate sedici, ed aveano corso qualche parte del Chersoneso. Se non che colto da burrascoso vento fu astretto a pigliar terra ad lecaro ; ove trattenuto cinque o sei giorni dalla contrarietà del tempo, giunse poi a Chio.

Appena seppe Trasillo la partenza di Mindaro da Mileto, mosse anch’egli da Samo con cinquantacinque navi, affrettandosi, per non esser prevenuto, ad arrivar nelr Ellesponto. Ma sentendo che Mindaro era a Chio, e stimando che vi si tratterrebbe, collocò degli speculatori a Lesbo e sull’opposto lido, acciocché, se mai le navi nemiche movessero in qual che luogo, fossero osservate ; ed egli audò costeggiando fino a Me ti ama , ed ordinò provvisioni di farine e di altri viveri col fine di far delle sortite da Lesbo contro Chio , qualora l’ammiraglio peloponnesio vi si trattenesse più a lungo. Voleva inoltre vedere se navigando ad Ereso già ribellata da Lesbo potesse espugnarla. Conciossiachè alcuni fuorusciti di Metimna , non già delPinfima

classe, avendo condotti da Cuma circa cinquanta soldati di grave armatura affezionati a loro per ispirito di parte, e presi a soldo alcuni di terraferma, tanto che in tutti furono da trecento , eran venuti primieramente a dar Tassalo) a Metimna, capitanati da Anassarco tebano per affezione di parentela. E ributtali indietro dal presidio ateniese uscito da Mitilene, e nella battaglia occorsa cacciati nuovamente fuor di città, si erano condotti per la via del monte ad Ereso e Favean fatta ribellare. Laonde Trasillo recatosi per mare colà pensava di assalirla colle navi, e prima di lui vi era con cinque navi arrivato da Samo Trasibulo, appena si seppe la nuova del tragitto di que’banditi a Metimna. Ma non essendo stato a tempo a raggiuguerli, venne ad Ereso e fermossi sull’ancore. Vi si aggiunsero poi altre due navi che dall9Ellesponto tornavano a casa, ed anche quelle di Metimna. Talché in tutte vi se ne trovavano presenti sessantasette; e colle truppe che aveano a bordo, gli Ateniesi si preparavano ad espugnare Ereso a viva forza , o con le macchine od in qualunque altra maniera.