History of the Peloponnesian War

Thucydides

Thucydides. Della storia di Tucidide volgarizzata libri otto. Anonymous translator. Florence: Tipografia Galileiana, 1835.

Verso questo tempo i popolani di Samo si sollevarono contro gli ottimati, in ciò aiutati dagli Ateniesi che vi si trovavano con tre navi, ne uccisero in tutti dugento in circa, quattrocento ne confinarono, e si divisero le loro terre ed abitazioni. Dopo di questo avendo gli Ateniesi accordata loro con decreto l’indipendenza in premio di fedeltà, governavano d’allora in poi la Repubblica da sè, esclusero da ogni dritto i possidenti di terre, e vietarono a qual si fosse popolano di menar moglie nobile, e di sposare ai nobili le proprie fanciulle.

Nel corso di questa medesima estate i Chii, non venendo in nulla meno a quella premura con cui aveano incominciato a sommovere le città alla ribellione con le proprie forze senza i Peloponnesi, ed insieme volendo aver compagni ai pericoli quanti più popoli potessero, portarono da sè soli la guerra a Lesbo con tredici navi (che questa era appunto la seconda impresa che i Lacedemoni aveano destinato di fare), e poi di li passarono nell' Ellesponto. Nel tempo stesso la fanteria de' Peloponnesi che si trovava presente, e quella degli alleati di quei luoghi, passarono a Clazomene ed a Cuma. Evala spartano guidava le genti da piè, e Diniade abitante di quei dintorni le navi. La flotta de’Chii approdata a Lesbo fece primieramente ribellare Metimna.

MaAstioco, ammiraglio lacedemone, movendo con quattro navi da Cencrea , giunge a Chio, siccome era

suo disegno ; e tre giorni dopo l’arrivo di lui andavano alla volta di Lesbo le venticinque navi attiche capitanate da Diomedonte e Leone, il quale in appresso era venuto da Atene col rinforzo di dieci navi. E in sul calare di quello stesso giorno Astioco fatto vela nuovamente, ed aggiuntasi una nave chia, dirizzò anch’egli il corso verso Lesbo, per tentare di soccorrerla. Pervenne a Pirra e quindi il dì seguente ad Eresso, ove sentì che Mitilene era stata presa di primo assalto dagli Ateniesi ; i quali, entrati nel porto perchè nissuno sospettava della loro venuta, avean superato la flotta de’Chii ; e poi nel fare scala vinti in battaglia quei che vollero opporsi, si erano impadroniti della città. Della qual cosa informato Astioco dalla gente di Eresso e dalle navi chie, che nella presa di Mitilene fuggite con Eubulo da Metimna ove stavano allora di presidio , e di quattro ridotte a tre sole ( perchè una fu predata dagli Ateniesi ) , gli eran venute incontro, non volle più andare sopra Mitilene. Ma fatta ribellare Eresso armò anche i soldati delle proprie navi e gli avviò per terra, sotto il comando di Eteonico , ad Antissa ed a Metimna, ove egli pure s’indirizzava marina marina con le navi che aveva seco e con le altre tre de’ Chii, sperando che i Metimnei a quella vista piglierebbero animo e persisterebbero nella ribellione. Siccome però tutte le cose di Lesbo gli andavano a ritroso , riprese l’esercito e tornò a Cliio ; e similmente le genti da piè, che stavano sulle navi e doveano passare nell’ Ellesponto, si ricondussero alle loro città. Dopo questi fatti sei navi della flotta alleata dei Peloponnesi, che era in Cencrea, arrivano a Chio. Gli Ateniesi , racquetata Lesbo, partirono di lì, ed espugnarono Policna che si andava fortificando in terraferma dai Clazoinenii, cui fecero rientrare nella città situata nell’isola, salvo gli autori della ribellione i quali dovettero ritirarsi a Dafnunte, CosìClazomene ritornò all’obbedienza degli Ateniesi.

Nella medesima estate quelli Ateniesi che con le venti navi in Lada bloccavano Mileto, fecero scala a Palermo del territorio milesio, vi uccisero Calcideo capitano lacedemone che era venuto ad opporsi con poca gente , ed alzato il trofeo, tre giorni dopo ripresero il corso. Questo trofeo fu atterrato da' Milesii come stato eretto da gente che non si era impadronita del luogo. E Leone e Diomedonte, tolte seco le navi ateniesi di Lesbo , e movendo dalle isole Enusse situate dinanzi a Chio, e da Sidussa e da Pteleo, due fortezze che ritenevano nell’Eritrea, ed anche da Lesbo stessa, facevano la guerra ai Chii con questa flotta, la quale aveva a bordo soldati darmatura grave scelti dal ruolo del Comune, e però costretti a militare. Presa adunque terra a Cardamile ed a Bolisso , superarono in battaglia e fecero grande strage dei Chii accorsi a contrastarli, e disertarono le terre di quei luoghi. Vinsero poscia una seconda battaglia a Fané f ed una terza a Leuconio ; e d’allora in poi i Chii non uscivano più in campo contro gli Ateneisi, quantunque essi devastassero il loro territorio di tutte cose floridissimo, e rimasto illeso dalla guerra de’ Medi fino a quel tempo. Conciossiachè i Chii soli, che io mi sappia, hanno dopo i Lacedemoni »erbato moderazione in mezzo alla prosperità ; e quanto più la città loro avanzava in grandezza altrettanto l’ordinavano a maggiore stabilità. E questa medesima ribellione (se pure vogliasi credere aver essi operato contro il partito più sicuro) non osarono farla prima di essersi messi nel medesimo mazzo con molti e buoni alleati, nè prima d’aver inteso che gli Ateniesi stessi non più sapevano negare il deplorabilissimo ed irrimediabile stato delle cose loro, dopo la disgrazia di Sicilia. Che se in qualche modo errarono, 'ome suole intervenire nelle inaspettate vicende della vita umana , il loro errore fu la sequela di quella opinione allora comuue a molti, che gli Ateniesi sarebbero presto iti

in rovina. Trovandosi adunque stretti dalla parte di mare, e devastati da quella di terra, furonvi di quelli che tentarono di rendere la città agli Ateniesi. I magistrati sentito ciò, non ne fecero romore; invitarono bensì a venire da Eri tra in città l’ammiraglio Astioco con le quattro navi che aveva seco, e deliberavano del modo più discreto per addormentare gli orditori di quella trama, o col prendere degli ostaggi, o con qualche altro argomento. Questo era lo stato dei Chii.

In sullo scorcio di questa medesima estate da Atene andarono a Samo mille cinquecento soldati gravi ateniesi, e mille degli Argivi (cinquecento dei quali che erano armati alla leggera furon provvisti di armatura grave dagli Ateniesi ) e mille degli alleati, con una flotta di quarantotto navi, alcune delle quali servivano al trasporto delle truppe , sotto il comando di Frinico , di Euomacle e di Scironida. Dipoi passati a Mileto vi si accamparono. Uscirono i Milesii della città in numero di ottocento, accompagnati non solo dai Peloponnesi che eran venuti con Calcideo, ma ancora da alcune genti barbare prese a soldo da Tissaferae che vi era presente colla sua cavalleria) e si azzuffarono con gli Ateniesi e co’ loro alleati. Gli Argivi spintisi innanzi colla loro ala, e marciando disordinatamente, siccome quelli che dispregiavano gl’ lonii e credevano che e’ non avrebber tenuta la puutaglia, son vinti da’Milesii, e poco men di trecento rimangono uccisi. All’opposto gli Ateniesi vinsero primieramente i Peloponnesi, quindi rispinsero i barbari e l'altra moltitudine senza incontrarsi co’Milesii (che tornati dall’inseguire gli Argivi , e visto battuto il rimanente dell’esercito ritiraronsi in città), e come vincitori piantarono il campo propio sotto Mileto. Ed in questo combattimento accadde che da amendue le parti gl’ lonii vinsero i Dorici ; perciocché gli Ateniesi superarono i Peloponnesi che aveauo a fronte, ed i Milesii gli Argivi. Gli

Ateniesi ersero il trofeo ; e perchè il luogo ove risedeva Mileto era fatto a guisa d'istmo, s’accingevano a tirarvi un muro ; avvisando che se riducessero in potestà loro Milito, anche le altre terre facilmente si renderebbero.

Eira già avanzata la sera quando ebbero lingua dell' imminente arrivo di cinquanta navi, parte del Peloponneso, parte di Sicilia. Infatti i Siciliani instigati principalmente da Ermocrate siracusano a dar mano a terminare la distruzione degli Ateniesi, erauo venuti con venti navi di Siracusa e due di Selinunte ; e i Peloponnesi aveano messe all’ordine quelle che stavano preparando. Adunque tutte e due queste armate, affidate a Teramene lacedemone con ordine di condurle airanimiraglio Astioco, approdarono primieramente ad Eleo , che è un’isola di faccia a Mileto; e poi seutito colà che gli Ateniesi erano sotto Mileto, volevano , dando innanzi uua corsa nel golfo Iasico , certificarsi dello stato di quella città. In questo Alcibiade che s:era trovato a combattere dalla parte de’ Milesii e di Tissaferne , giunto a cavallo in Tichiussa del territorio milesio, nel qual punto del golfo le due armate erano approdate ed avevano pernottato, venne a ragguagliarli della battaglia accaduta ; e gli confortava , se non volessero perder la Ionia e con essa ogni cosa, a troncare gl' indugi e soccorrer Mileto, e non trascurare che venisse attorniata dalla muraglia nemica.

Però fermarono di portarvi soccorso in sul far dell’alba. Ma Frinico capitano degli Ateniesi , il quale da Lero aveva avuto la nuova dell’arrivo di quella flotta, sentendo che i suoi colleghi volevano al postutto aspettarla per venire a battaglia , protestò che non arebbe fatto ciò, e che per quanto in lui stesse non lo permetterebbe nè a loro nè a nissun altro. Perciocché, diceva, quando si può, indugiando, combattere preparati convenevolmente ed a bell’agio, colla piena certezza del numero delle navi nemiche e delle proprie contro quelle, egli non si

indurrebbe per vergognoso rimprovero a porsi nel rischio temerariamente. Non esser vergogua agli Ateniesi il cedere a tempo colla flotta , ma ia qualunque modo più vergogna risulterebbe loro da una sconfitta ; e allora la Repubblica caderebbe non solo in vergogua, ma eziandio in pericolo grandissimo. Che se ella per le passate sciagure è appena in grado, pur con vigoroso apparecchio, di mover la prima contro il nemico spontaneamente, non che per espressa necessità, perchè ora mettersi volontariamente nel rischio senza esservi astretta ? Laonde ordinava di navigar subito a Samo , pigliando seco i feriti e le genti da piè e tutti gli attrazzi co’ quali eran venuti, e lasciando tutta la preda cavata dal paese nemico, affinchè le navi fossero leggere : e poi da Samo con tutte le navi riunite assalire il nemico quando si presentasse l’occasione. Avendoli Frinico persuasi di queste cose, le mise ad esecuzione ; e non tanto allora quanto auche in seguito ehbe reputazione di capitano prudente, non in questo solo caso, ma aucora in tutte le altre imprese a lui affidate. Così gli Ateniesi la sera subito si ritirarono da Mileto colla vittoria imperfetta ; e gli Argivi stizziti della rotta sofferta sciolsero prestamente da Samo per ritornare a casa.

Dopo la partita degli Ateniesi, i Peloponnesi movendo sull’alba da Tichiussa giungono a Mileto, ove dimorarono un giorno. Il dì seguente aggiuntesi le navi chie, state già inseguite con Calcideo dalla flotta ateniese, vollero rinavigare a Tichiussa per i bagagli che vi avevano scaricati. Pervenuti colà furono incontrati da Tissaferne colla fanteria, il quale gl’ induce a far vela sopra laso, dove stanziava Amorge nemico del re. Assaltarono improvvisamente quella città , la quale credeva che queste navi fossero attiche , e la espugnarono con lode principalmente delle milizie siracusane. Amorge , figlio naturale di Pissutne c ribelle del re, fu preso vivo , e consegnato dai

Peloponnesi a Tissaferne perchè , se volesse , lo menasse al re siccome aveva ordine. Iaso fa saccheggiata, e l'esercito ne cavò molte ricchezze, come da luogo di aulica opulenza ; non fecero alcun male alle truppe che erano in soccorso d’Amorge, ma le ricevettero e le arruolarono nel loro esercito perchè la maggior parte erano del Peloponneso. La cittadella fu conseguala a Tissaferne, come pure tutti i prigionieri servi e liberi, col paltò che pagasse uno statere dorico a testa. Dopo ciò ritornarono a Mileto, mandarono per terra lino ad Entra le genti ausiliarie tolte ad Amorge sotto il comando di Pedarito figliolo di Leone, che i Lacedemoni aveano eletto a governatore di Olio; ed in Mileto hi luogo di Pedarito sostituirono Filippo. Cosi finiva l’estate.

Al sopravvenir dell’ inverno Tissaferne , poiché ebbe lasciato uu presidio in laso , recossi a Mileto ; e, conforme avea promesso in Sparta, distribuì in tutte le navi una dramma atlica per ciaschedun soldato; intendendo perù di dare in seguito tre oboli a testa, finché non avesse sentito il parere del re , dopo l’ordine del quale, diceva, che pagherebbe tutta intera una dramma. Ma Ermocrate generale siracusano (giacché Teramene, il quale non era ammiraglio della flotta e solo si trovava a bordo con gli altri per consegnarla ad Astioco, mostra vasi freddo nell affar delle paghe), vi si oppose ; ed alla line fu conveuuto che senza parlare delle cinque navi della Lacouia, ogni soldato dovesse avere qualcosa più di tre oboli. Poiché Tissaferne per quelle cinque navi dava tre talenti al mese ; ed agli altri, secoudo che aumentava il numero delle navi, si pagava lo stipendio a questa medesima stregua.

Nell’ istesso inverno gli Ateniesi che erano a Samo, essendo venuta da Atene una nuova armata di trentacinquc navi capitanate da Carmino , Strombichide ed Euctemone, ed avendo accolte insieme tulle quelle che

erano a Chio e le altre, volevano colla flotta bloccar Mileto, c spedir contro Chio forze marittime e terrestri, gittando le sorti per queste due imprese. E così fecero : poiché Strombichide, Onomacle ed Euctemoue, giusta la sorte toccata loro, andarono ad oste a Chio con trenta navi, conducendo di più su barche da carico parte delle soldatesche gravi che erano state a Mileto : gli altri rimasti a Samo, con settantaqnattro navi signoreggiavano il mare ed andavano infestando Mileto.

Astioco intanto, che per sospetto di tradimento stava in Chio scegliendo ostaggi, poiché intese la mossa di Teramene con la flotta e l’immegliarsi delle cose delialleanza , desistette da ciò; e si mise in mare con dieci navi de'Peloponnesi ed altrettante de’Chii. E dato inutilmente l'assalto a Pteleo , venne costeggiando a Cintomene , ove ordinò a’fautori d’Atene di recarsi a Dafuunte , e di accostarsi alla parte de’ Lacedemoni ; ciò che avca ordinato loro anche Tamo governatore dell1 Ionia. Ricusarono essi di obbedire : ed Astioco assaltò la città sfornita di mura , e non gli riuscì di prenderla. Laonde venne egli a Focea ed a Cuma spinto da un vento gagliardo ; e le altre navi approdarono e Maratussa , a Pele ed a Drimissa, isole adiacenti a Clazomene. Quivi trattenuti otto giorni dal vento contrario, saccheggiarono e disertarono parte di ciò che i Clazomenii vi aveano depositato ; e caricato il rimanente sulle navi andarono a Focea ed a Cuma a riunirsi con Astioco.

Al quale, mentre colà soggiornava, vengono ambasciatori de’ Lesbii, per trattar di ribellarsi ad Atene , e lo persuadono ad aiutarli. Ma siccome i Corintii e gli altri alleati, per il precedente cattivo successo, mostravansi alieni da quell’ impresa , mosse egli la flotta navigando alla volta di Chio ; ove le navi arrivarono finalmente qual da una, qual da un’altra parte, perchè sbaixale

da tempesta. In seguito Pedarito, che partendo da Allieto era giunto per terra ad Eritra, tragittò a Cliio col suo esercito, e con circa cinquecento soldati che erano a bordo delle cinque navi, e che Calcideo avea lasciati colle armi. Pertanto alcuni de9 Lesbii mostrandosi desiderosi di ribellarsi, Astioco ne tenne parola con Pedarito e co’Chii, dicendo che bisognava andar con le navi a Lesbo e staccarla dagli Ateniesi ; poiché, o riuscendovi accrescerei)' bero il numero de' confederati, o al contrario danneggerebbero i nemici. Ma essi non l’ascoltarono, e Pedarito soggiunse che nemmeno avrebbe loro rilasciate le navi de' Cliii.

Laonde Astioco pigliando le cinque navi de’Corintii, e per sesta una megarese, più una ermionida, e quelle laconiche colle quali era venuto, s’indirizzò a Mileto al suo ammiragliato, non senza aver prima minacciato molto i Chii, che di fermo non gli avrebbe soccorsi quando ne avessero bisogno ; ed approdato a Corico delP Eritrea vi si pose a campo. L’armata ateniese, che partita da Samo veleggiava sopra Chio , erasi fermata dal lato opposto del promontorio che impedì alle due flotte di vedersi scambievolmente. Ma venuta una lettera di Pedarito, la quale diceva che alcuni prigionieri eretriesi lasciati in libertà andavano da Samo ad Eritra per ordirvi un tradimento, Astioco navigò subito di bel nuovo ad Eritra ; e così poco mancò chè non s’ incontrasse negli Ateniesi. Tragittò da lui anche Pedarito, e si misero insieme a fare il processo degl’ imputati di tradimento : poi trovato che ciò era un pretesto di coloro per uscir salvi da Samo, gli dichiararono sciolti dall’accusa, e partirono. Pedarito andò a Chio , ed Astioco a Mi leto, siccome avea determinato.

Frattanto la flotta ateniese, che mossasi da Corico volteggiava presso Argino, s’imbattè in tre navi lunghe

de'Chii , e vistele appena si diede ad inseguirle. Ma sopravvenuta gran fortuna di mare, le navi chie si rifugiarono a fatica nel porto ; tre delle ateniesi che avean preso tutto Pabbrivo furono fracassate e sbalzate presso la città de'Chii, e le persone parte rimasero prigioniere, parte uccise. Le altre si ricovrarono nel porto sotto Mimante chiamato Fenicunte ; donde poi venute ad approdare a Lesbo, si apparecchiavano a fabbricarci la fortificazione.

Nel medesimo inverno Ippocrale lacedemone con due colleghi partito dal Peloponneso con dieci navi turie (delle quali aveva avuto il comando Dorieo di Diagora) e con una della Laconia ed una di Siracusa , approda a Cnido che già erasi ribellata a Tissaferne. Appena quei di Mileto seppero la venuta di lui, lo pregavano a guardare Cnido colla metà delle navi ; e con quelle che erano intorno a Triopio (promontorio sacro ad Apollo nel littorale di Cnido) a recarsi intercettando le navi da carico che tornavano d’Egitto. Gli Ateniesi risaputo ciò si mossero da Samo, e s? impadronirono delle sei navi che stavano di presidio a Triopio ( le ciurme scamparono ) ; e poi approdati a Cnido diedero l’assalto alla città che non avea mura, e poco mancò che non la prendessero. D dì appresso l’assalirono nuovamente, ma non poterono danneggiarla come il giorno innanzi , perchè i cittadini si erano meglio afforzati durante la notte, e perchè vi erano entrati molti di quelli che si salvarono dalle navi di Triopio. Però si gettarono a saccheggiar la campagna e ritornarono a Samo.

Circa lo stesso tempo essendo Astioco venuto a Mileto pel comando della flotta , trovavansi i Peloponnesi nell’abbondanza di tutto quello che concerneva l'esercito ; poiché le paghe venivan date sufficientemente, i soldati avevano in mano le grandi ricchezze rapite da Iaso, ed i Milesii portavano animosamente il carico della guerra. Con

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tntto ciò pareva loro che le prime convenzioni stabilite Ira Tissnfeme e Calcideo fossero manchevoli e non troppo di loro vantaggio. Onde trovandosi presente Teramene , ne stipularono dell’altre, che sono queste.

« Concordato de’ Lacedemoni ed alleati col re Dario , co’figlioli del ve e con Tissafarne. Sia confederazione ed amicizia tra le due parti in questi termini. Che Aè i Lacedemoni nè gli alleati de’ Lacedemoni non possano andare a far guerra nè danno veruno in tutto il territorio e città che sono del re, o che furono di suo padre o degli antenati ; che nè i Lacedemoni, nè gli alleati dei Lacedemoni, non esigano tributo da queste città. Che nè il re Dario , nè i sudditi del re non possano andare a far guerra nè danno veruno ai Lacedemoni, o ai loro alleati. Ancora, se i Lacedemoni o gli alleali richiedano qualche cosa dal re, o sivvero il re dai Lacedemoni o dagli alleati, starà bene che amendue facciano ciò in che restino d accordo. Ancora, che le due parti guerreggino in comune gli Ateniesi e loro alleati, e qualunque aggiustamento si faccia sia col consenso di tutt’ e due le parti. Ancora , a tutte le truppe che si trovino negli stati del re chiamate da lui, paghi egli le spese. Finalmente, se alcuna città di quelle comprese in questo concordato andrà contro le terre del re, gli altri debbauo impedirlo e soccorrere il re quanto è possibile : come pure, se alcuna città degli stati del re o de’ luoghi soggetti al suo impero andrà contro i Lacedemoni o i loro alleati, il re debba impedirlo , e portar soccorso quanto è possibile ».

Dopo questo concordato Teramene , consegnate le navi ad Astioco , parti sopra una barca, nè altro si seppe di Ini. K gli Ateniesi da Lesbo passati con l’armata a Chio, e padroni all’ intorno del mare e della terra fortificavano Delfinio , luogo per hatura forte dal lato di terra , e fornito di porto, nè molto distante dalla città

de’Chii. I quali afflitti per le molte passate battaglie, e di più collammo non tutto ben disposto tra loro , stavano quieti, ma sospettosi l’un l’altro, per questo perché Tideo di Ione co’suoi complici erano stati messi a morte da Pedarito come partigiani di Atene , e il resto della citta era contenuto a forza degli ottimati. Per tali ragioni nè essi tite da Samo contro quelle di Mileto ; ma siccome queste non movevano incontro , ritornarono a Samo, e rimanevano in quiete.

In questo inverno medesimo , verso il solstizio, le ventiseli e navi preparate per Farnabazodai Lacedemoni a sommossa di Calligete megarese e di Timagora ciziceno, salparono per alla volta dell9 Ionia, sotto il comando di Antistene spartano. Con esso spedirono i Lacedemoni altri undici personaggi spartani per consiglieri ad Astioco, del qual numero era Lica di Àrcesilao ; ai quali commisero che venuti a Mileto di comun consenso ponessero cura al miglioramento possibile delle cose, e poi (se lo credessero ben fatto) spedissero queste navi medesime, o più o meno , nell9 Ellesponto a Famabazo deputandone ammiraglio Clearco di Ramfia che con essi era a bordo; cessassero dall’ammiragliato Astioco, purché fosse col consenso di tutti e undici i consiglieri, e vi sostituissero Antistene ; essendoché per le lettere di Pedarito sospettavano del primo. Queste navi adunque da Malea venute nell’alto si accostarono a Melo ; ove incontratesi in dieci delle ateniesi, ne prendono tre vuote e le abbruciano. Dopo di che temendo (siccome avvenne) che le altre fuggite da Melo nè le genti ausiliarie di Pedarito si credevano sufficienti a combattere con gli Ateniesi. Pur nondimeno spedirono a Mileto chiedendo soccorso ad Astioco il quale non vi prestò orecchio ; lo che mosse Pedarito a scriver di lui a Sparta come d’uomo iniquitoso. Tale era lo stato degli Ateniesi a Chio. Le loro navi facevano talvolta delle sornon

dessero avviso del loro arrivo agli Ateniesi che erano a Samo, si avviarono verso Creta ; e per cautela allungato il viaggio , approdarono a Caurìo dell’Asia. Quivi credendosi al sicuro mandarono significando alla flotta di Milcto che venisse ad accompagnarli.

Nell’ istesso tempo iChii e Pedarito, non rifinivano di mandare avvisi ad Astioco, nonostante la sua lentezza , pregandolo a soccorrerli con tutte le navi, e (assediati com’erano) a non lasciare che la grandissima tra le città confederate dell’ Ionia fosse stretta dalla parte di mare, e disertata da quella di terra coi ladronecci. Imperciocché i servi di Chio che, erano molti e cresciuti disorbitantemente per una città sola , se non fosse quella de' Lacedemoni, e però difficili a tenersi a dovere nelle loro nequizie, per lo più disertavano subito da che pareva loro che l’esercito ateniese col costruire le fortificazioni avesse preso ferma stanza ; e come pratici della campagna facevano danni grandissimi. Laonde dicevano i Chii esser d’uopìo soccorrerli mentre vi era speranza e possibilità d’ impedire l' afforzamento di Delfinio che ancora era imperfetto, ed una maggiore circonvallazione che si faceva intorno alla città coll’esercito e colle navi. Astioco, sebbene per la passata minaccia non pensasse di socco rerli, n ondimeno si accinse a farlo, vedendo che anche gli alleati molto vi propendevano.