History of the Peloponnesian War

Thucydides

Thucydides. Della storia di Tucidide volgarizzata libri otto. Anonymous translator. Florence: Tipografia Galileiana, 1835.

Ma Gilippo e Pitene poiché ebbero racconciate le navi, da Taranto passarono ai Locrii Epizefirii ; ove inteso più chiaramente che Siracusa non era del tutto cinta di muro, e che anzi recandosi là coll’esercito potrebbero ancora penetrarvi dalla parte d’Epipole, stavano deliberando se dovessero tentar d’eutrarvi per mare prendendo la Sicilia in sulla destra, ovvero tenendosi in sulla sinistra andarvi per terra, dopo aver prima navigato ad Imera ed essersi aggiunti gli abitanti di questa città, e le altre milizie di quei popoli che a ciò indurrebbero. Risolvettero alfine di navigare ad lmera, tanto più che non ancora erano arrivate in Reggio le quattro navi attiche, le quali Nicia vi avea spedite appena seppe della venuta dei Lacedemoni presso i Locrii, quantunque per l’innanzi ne avesse dispregiato il piccolo numero. Prevenendo adunque queste navi che ivi doveano fermarsi in guardia, Gilippo e Pitene traversano lo stretto, e dopo aver fatto scala in Reggio e Messina giungono ad Imera. Nell’esser quivi persuasero

gl' Imerei ad unirsi con loro in questa guerra , ed a seguitarli, ed a somministrare le armi a quanti delle loro ciurme non le avevano (giacché le navi vi erano state tratte a terra ) ; e mandarono poi ordinando ai Selinunti che con tutte le loro forze dovessero venire ad incontrarli in un luogo assegnato. I Geloi promisero di mandar loro una mano di soldati, e lo stesso fecero alcuni dei Siculi, che con più ardore di prima si mostravano pronti ad accostarvisi, perchè di recente era venuto a morte Arconida principe non debole che regnava sopra alcuni Siculi di quelle vicinanze, ed amico degli Ateniesi ; e perchè parca che baldanzoso venisse da Sparta Gilippo. Il quale tolti seco settecento di grave armatura tra delle proprie ciurme e de’ soprassaglicnti, e mille Imerei tra soldati gravi e leggeri, e cento cavalli, ed alcuni de’Selinunti armati alla leggera, e pochi cavalli de’Geloi, e mille Siculi in tutti, s’ indirizzava alla volta di Siracusa.

I Corintii poi partiti da Leucade col resto delle navi venivano in soccorso il più prestamente potevano. E Gongilo, uno de’ capitani corintii, che con una sola nave erasi mosso l' ultimo, arriva il primo a Siracusa poco avanti di Gilippo. Trovati egli i Siracusani in sul punto di adunarsi per vedere di liberarsi da quella guerra, li rattenne e li rincorò, dicendo che altre navi erano in corso, e con esse Gilippo di Cleandrida speditovi a capitano dai Lacedemoni ; di che i Siracusani presero cuore, e subito uscirono con tutto l’esercito ad incontrare Gilippo che ornai sapevano dover esser vicino. Il quale preso per istrada un forte de’ Siculi chiamato lega arriva ad Epipole aringato in battaglia ; e salitovi dalla parte d’ Eurielo donde erano innanzi saliti gli Ateniesi, marciava coi Siracusani contro le fortificazioni nemiche. E per avventura vi giunse quando appunto gli Ateniesi aveano per sette o otto stadii compito il doppio muro verso il porto grande v

e solo ne restava una piccola porzióne verso il mare, ed anche questa si fabbricava. Pel resto del muro circolare da Trogilo all’altro mare stavanvi già per la maggior parte ammassati vicini i sassi, e in alcuni punti il lavoro era mezzo fatto, ed in altri era rimasto interamente fornito. A tanto di pericolo venne Siracusa.

Per l’improvvisa venuta di Gilippo e dei Siracusani rimasero da primo perturbati gli Ateniesi ; poi si misero in ordinanza. Ed egli fermato il campo dappresso manda un araldo a dir loro che se dentro cinque giorni volessero pigliar quel che avevano ed uscir di Sicilia, sarebbe pronto a pattuire. Non fecero gli Ateniesi verun conto di tal proposizione e rimandarono l’araldo senza risposta ; e dopo ciò si apparecchiava l’un campo contro l’altro per la battaglia. Gilippo vedendo del turbamento tra i Siracusani, e della difficoltà per ridurli al buon ordine , ritirò il cnmpo in luogo più aperto ; e Nicia stava fermo presso le sue fortificazioni, e non fece muovere gli Ateniesi. Poiché Gilippo ebbe osservato che non gli venivano incontro, ritirò l’esercito sopra l’altura chiamata Temenite ove passò la notte. U giorno dipoi condusse seco e schierò la maggior parte dell’esercito presso le mura degli Ateniesi, affinchè non potessero accorrere altrove ; e un’altra parte ne spedì al forte di Labdalo che rimaneva fuor della vista del nemico , e lo espugnò ed uccise quanti trovò in quello. Nel medesimo giorno fu dai Siracusani presa una trireme ateniese mentre che entrava nel porto grande.

Dopo questi fatti i Siracusani e gli alleati, incominciando dalla città , tiravano su per l’Epipole a riscontro del primo obliquo un altro muro scempio, acciocché gli Ateniesi, se non potessero impedirlo, restassero ornai nell’ impossibilità di serrare aifatto Siracusa. Avevano già gli Ateniesi riguadagnate le alture e compiuto il muro

verso il mare, la debolezza del quale in alcuni punti mosse Gilippo a prender l’esercito, e ad andare di notte ad assaltarlo. Ma gli Ateniesi, che per avventura pernottavano al sereno, sentita la cosa gli andarono incontro, e lo Spartano a quella vista ritirò prestamente i suoi. Allora gli Ateniesi aumentata l' altezza del muro, in quella parte lo guardavano da per sè, e sul rimanente della fortificazione assegnarono agli altri alleati il luogo ove ciascuno dovea stare di guardia. E Nicia stabili di munire il cosi detto Plemmirio, che è un rilevato di faccia alla città, e che stendendosi dinanzi al porto grande ne ristrigne l’imboccatura \ munito il quale stimava che più agevolmente si potrebbero trasportare i viveri alle sue navi, perchè là più da vicino minaccerebbero il porto piccolo, di cui erano padroni i Siracusani; e ad una qualche mossa della flotta nemica non avrebbe dovuto condurvele, siccome allora , dal fondo stesso del porto. Senza di che avea già maggiormente l’animo alla guerra per mare, vedendo che dopo l’arrivo di Gilippo poca o nissuna speranza rimaneva per essi nelle cose di terra. Pertanto fatto passare colà l’esercito e le navi, vi fabbricò tre bastite ove si riponevano la maggior parte delle bagaglie ; e le barche grandi e le navi sparvierate d’ora in avanti aveano ivi stazione. E da ciò ebbero principio i gravi malanni delle ciurme, poiché avevano scarsità d’acqua e questa non vicina, e di più quando uscivano a far legna restavano uccisi dalla cavalleria de’ Siracusani padroni della campagna, i quali avevano collocato nel castello d’Olimpico la terza parte dei loro cavalli, perchè quei nemici che erano in Plemmirio non venissero fuori a fate del guasto. Inoltre Nicia sentiva dire che si avanzavan le altre navi de’ Corintii, e però spedi in osservazione venti delle sue, con ordine di stare alle vedette nelle vicinanze dei Locrii e di Reggio, e nei luoghi di facile sbarco in Sicilia.

Gilippo intanto edificava il muro a traverso l’Epipole, usando dei sassi che gli Ateniesi avevano ammassati per sé, e al tempo stesso conduceva fuori di quando in quando i Siracusani e gli alleati, e gli attelava dinanzi alle fortificazioni nemiche : e gli Ateniesi a neh’essi si schieravano loro di fronte. Or Gilippo, quando gli parve opportuno , incominciò l’assalto; e venuti alle mani combattevano nell’intervallo de’muri, ove non era di alcun uso la cavalleria de’ Siracusani e degli alleati, che però rimasero vinti e ripresero con salvocondotto i cadaveri ; e gli Ateniesi ersero trofeo. E Gilippo convocato l’esercito disse che la colpa non era stata di loro ma sua , perchè coll’ordinare la battaglia troppo dentro ai muri, avea operato che restassero privati del vantaggio della cavalleria e de’ lanciatori; volerli ora ricondurre contro al nemico; pensassero, li confortava, che in apparecchi non sarebbero inferiori ; ma che incomportabil cosa sarebbe se essi Peloponnesi e Doriesi non presumessero ne’loro animi di dover vincere un ragunaticcio di Ionii e d’isolani, e cacciarli di quel paese.