History of the Peloponnesian War

Thucydides

Thucydides. Della storia di Tucidide volgarizzata libri otto. Anonymous translator. Florence: Tipografia Galileiana, 1835.

Il giorno appresso gli Ateniesi ripigliando il muro circolare lo conducevano sul dirupato che sovrasta al padule, e che da questo lato dell’ Epipole guarda il porto grande, e per dove calando a traverso la pianura e il padule riesciva loro brevissimo il giro (ino al detto porto. Frattanto i Siracusani usciti fuori anch’essi, presero a rifare la palizzata cominciando dalla città, e conducendola per mezzo il padule ; ed insieme accanto ad essa scavavano una fossa , perchè gli Ateniesi non potessero tirare il muro sino al mare. Ma questi fornito il lavoro dinanzi al dirupato, e volendo nuovamente assaltare la palizzata e la fossa dei Siracusani, ordinarono alle navi di girare da Tapso fino al porto grande de’ Siracusani ; e a bruzzolo scesi da

Epipole nel piano gettarono a traverso il padule, ove era melmoso e più consistente , delle imposte ed assi larghe , e valicati su queste prendono in sull’ aurora la palizzata quaci tutta, e la fossa ; e poi s’impadronirono anco del restante. E qui si commise battaglia nella quale vinsero gli Ateniesi ; e i Siracusani che tenevano l’ala destra fuggirono alla città ; quei della sinistra al fiume. I trecento soldati scelti ateniesi volendo precludere a questi il tragitto, s’affrettavano correndo alla volta del ponte ; di che impauriti i Siracusani, siccome avean lì presenti molti cavalli gl’investono, e li mettono in fuga, e sboccano sul corno destro degli Ateniesi. A quest’urto impetuoso rimase spaventata la prima squadra di quel corno ; e Lamaco a tal vista accorreva colà dalla sua ala sinistra con non molti arcieri e con gli Argivi che prese seco. Ma varcata una fossa e rimasto isolato con altri pochi che l' avean varcata insiem con lui, cade morto egli e cinque o sei di quelli che eran seco ; e subito i Siracusani furono in tempo a trascinarli in sicuro al di là del fiume. E vedendosi ornai venire addosso il resto dell' esercito ateniese facevano la ritirata.

Frattanto quei che da prima erano rifuggiti alla città, alla vista di tali cose ripresero animo, e schieraronsi di fronte agli Ateniesi che contro loro si avanzavano. Spediscono inoltre una mano di loro genti ad occupare il ricinto d’Epipole che credevano abbandonato. Infatti prendono e guastano il muro esterno che era della misura di dieci jugeri, e furono impediti di pigliare anche lo stesso ricinto da Kicia ivi rimasto casualmente per malattia. Il quale vedendo che per mancanza di uomini non potreblxmo salvarsi per altra via ordinò ai servi di metter fuoco a quanto vi era di macchine e di legnami dinanzi al muro. E la cosa riuscì come iNicia s’aspettava ; essendoché i Siracusani a cagione del fuoco non seguitarono più innanzi, ma

retrocederono, tanto più che gli Ateniesi dalla pianura ove avean dato la caccia al nemico risalivano al soccorso del ricinto, raentrechè le navi, secondo l' ordine avuto, da Tapso, entravano nel porto grande. Alla vista1 delle quali cose quei Siracusani che erano in sull’altura e con essi tutto il resto dell’esercito si avviarono a gran passi alla città, credendosi inabili colle presenti loro forze a contrastare al nemico di condurre il muro insino al mare.

Dopo di che gli Ateniesi ersero il trofeo e con salvocondotto restituirono i morti ai Siracusani, e riebbero Lamaco e gli altri uccisi con lui. E già trovandosi loro presente tutto l’esercito e navale e terrestre , fatto cominciamento da Epipole e da quel dirupato, serrarono i Siracusani con doppio muro fino al mare. I viveri erano portati all’oste da ogni parte d’Italia; e molti de’Siculi che innanzi se ne stavano a vedere, vennero alleati agli Ateniesi , e dall’Etruria tre navi a cinquanta remi. Parimente tutte le altre cose procedevano ad essi in modo da dare speranza, imperocché i Siracusani giudicavano di non più potere restar vittoriosi nella guerra, da che non veniva pur loro aiuto veruno dal Peloponneso. E tenevano discorsi d’accomodamento tra loro stessi, ed anche con Nicia , che solo dopo la morte di Lamaco aveva in mano il comando. Ma non si veniva con fermezza a capo di nulla; e come doveva aspettarsi da gente sconcertata e assediata più strettamente di prima, molte cose si dicevano a ISicia, e più ancora in città. Inoltre per le presenti calamità era entrato tra loro il sospetto; e però rimossero i generali sotto i quali erano esse accadute, attribuendo il proprio danno alla disgrazia oal tradimento di quelli, ed altri ne sostituirono , cioè, Eraclide, Eucle e Tellia.

Frattanto Gilippo lacedemone e le navi di Corinto erano già nelle acque di Leucade con animo dì recar pronto soccorso in Sicilia. E perchè spesseggiavano ad essi

le cattive novelle e tutte false in questo stesso che già Siracusa era al tutto cinta da muro, Gilippo non avea più veruna speranza di salvar la Sicilia. Se non che volendo conservare l' Italia, egli e Pitene corintio con due navi laconiche e due corintie tragittarono l' Ionio colla massima sollecitudine, e vennero a Taranto. ICorintii poi armate due navileucadie e tre ambraciote , oltre le loro dieci, dovevano mettersi in mare più tardi. Gilippo prima di tutto da Taranto andò come ambasciatore a Turio, stante il dritto di cittadinanza godutavi una volta dal padre. E non avendo potuto recare a sè gli animi degli abitanti, parti di là e andava radendo la costa d’Italia ; quando nel golfo Terineo sorpreso dal vento che alzandosi verso tramontana vi soffia impetuosamente, è trasportato in alto mare; donde, sbalzato da grandissima tempesta torna ad approdare a Taranto; e tirate in sull’asciutto quelle navi che avcan sofferto nella burrasca le rabberciava. JNicia avuto liugua che Gilippo era in corso, non facea nissun conto della pochezza di quelle navi (e il simigliante fecero i Turii) e gli parve che navigasse con apparecchio, anzi che no corsalesco , e però non se ne prendeva nissuna guardia.

Ne’medesimi tempi di questa estate i Lacedemoni con gli alleati invasero il territorio d’Argo , e ne guastarono buona parte. Gli Ateniesi soccorsero gli Argivi con trenta navi, le quali manifesti^simamente ruppero la tregua che avevano co’ Lacedemoni. Conciossiacliò per l’innanzi invece di sbarcare nella Laconia e farvi la guerra insieme cogli Argivi e co' Mantineesi, si ristringevano ad uscir di Pilo ed infestare coi ladronecci le costiere del Peloponneso. E sebbene gli Argivi li avessero spesse volte confortati almeno ad approdare armati nella Laconia, a patto anche di partirne dopo avervi dato il guasto insiein con loro a mcnomissima parte, aveano sempre ricusato di farlo. Ma allora con gli sbarchi falli in Epidauro, Limera

e in Prasia, sotto il comando di Pitoro, di Lespodio e di

Demarato, e negli altri luoghi ove devastarono il territorio, operarono si che i Lacedemoni avessero più onesto motivo di difendersi contro gli Ateniesi. Partiti i quali da Argo colla flotta, e dopo loro i Lacedemoni, gli Argivi entrarono in su quel di Fliasia, diedero il guasto a porzione di quelle terre, uccisero alcuni abitanti, e ritornarono a casa.