History of the Peloponnesian War

Thucydides

Thucydides. Della storia di Tucidide volgarizzata libri otto. Anonymous translator. Florence: Tipografia Galileiana, 1835.

Dalla battaglia alla espugnazione di Delio erano corsi diciassette giorni ; e poco dopo il messaggio degli Ateniesi ignaro del fatto ritornò pei cadaveri, cui i Beoni restituirono senza più fare la medesima risposta. Nel coni' battimento d’Oropia mancarono poco meno di cinquecento Beozii, Ateniesi forse mille col generale Ippocrate, e gran numero di genti leggere e di saccardi. Poco^ tempo dopo questa battaglia Demostene, che non era riuscito in questi sua navigazione a prendere Sifa per tradimento, avendo sulla sua flotta una truppa di quattrocento soldati gravi tra Acamani, Agrei e Ateniesi, fece scala sulla coda di Sicione. Ma prima che approdasse tutta la flotta i Skionesi, corsi all’incontro di quelli che erano già smontati, li misero in fuga e li perseguirono fino alle navi, uccidendone alcuni, altri prendendone vivi : ed erettovi trofeo restituirono i cadaveri con salvocondotto. Circa i medesimi giorni dei fatti di Delio, Sitalce re degli Odrisii »or» in una battaglia perduta nella sua spedizione contro i Tribali i ; e Seute di Sparadoco suo nipote regnò sugli Odrisi e sull’altra porzione di Tracia stata soggetta al dominio di esso.

Nel medesimo inverno Brasida con i confederati di Tracia marciò contro Ami ipoli colonia degli Ateniesi sul fiume Strìmone. Quivi appunto nel sito ove ora risiede la città si era prima provato a fondare una colonia anche Aristagora di Miletop quando era fuggiasco dal re Dario ; ma ne fu bruttamente scacciato dagli Edonii. Medesimamente trentadue anni dopo vi si provarono gli Ateniesi, avendovi spediti per prendervi stanza diecimila tra di loro e di altri volontari, i quali furono trucidati a Drabesco dai Tracii. E nuovamente, passali ventinove anni , vi andarono gli Ateniesi con Agnone figliolo di Nicia speditovi a fondar la colonia , e cacciatine gli Edonii fabbricarono il castello che prima chiamavasi le Nove Strade. Erano essi partiti da Eione, terra marittima e di commercio clic avevano all7 imboccatura del fiume , distante venticinque stadii dalla città presente, alla quale Agnone diede il nome di Amfipoli, o vogliam dire città a due facce, perchè la cinse con mura lunghe da un ramo all'altro del fiume , il quale, coi due rami) onde è diviso, abbracciandola , la bagna intorno da ambe le parti : e così la fabbricò in modo che avesse il prospetto della marina e della terraferma.

Brasida adunque movendo da Arne della Calcidica marciava col suo esercito contro Amfipoli. Arrivato sulla sera ad Aulona e a Bromesco, ove sbocca nel mare la palude Bolbe, cenò e la notte proseguì la sua gita. T aceva temporale con del nevischio , e però sollecitò la partenza volendo tenersi celato a quei d’Amlipoli, .salvo clic ai complici del tradimento ; perocché abitavano in quella città alcuni di Argilo, colonia degli Andrii, ed a Uri che favoreggiavano questo trattato, parte mossi da Perdicca, parte da’Calcidesi. Ma in questa trama adopravansi soprattutto quelli d’Argilo , si perchè vicinavano con Amfipoli , sì ancora perchè dagli Ateniesi erano avuti in sospetto di niale intenzionati contro questa città : laonde quando si of-

ferse l’occasione all’arrivo di Brasida, che già moltò prima teneva delle pratiche con quei di loro che avevano preso casa in Amfipoli, trattavano del modo onde si dovesse rendere quella città. E non solo lo ricevettero in Argilo; ma ribellatisi agli Ateniesi, in quella medesima notte prima dell’alba collocarono l’esercito presso al ponte del fiume da cui Amfipoli è distante un poco più della larghezza del fiume stesso. Non vi erano ancora state tirate le mura come adesso, ma vi stava piccolo presidio, cui Brasida respinse agevolmente mediante il tradimento, il temporale e l’improvviso assalto. Traversato così il ponte s’impadronì delle cose fuori di città appartenenti agli Amfipolitani che abitavano tutto quel luogo.

Il suo tragitto inaspettato per quei di citili, l' arresto di molli di quei di fuori, e l' essersi altri rifugiati dentro le mura, mise in grave scompiglio gli AmGpolitani, tanto più che non si fidavano l’uno dell’altro. E si dice che se Brasida non avesse voluto voltarsi colle sue genti al saccheggio, ma si fosse tosto diretto contro la città , l’avrebbe probabilmente espugnata. Il fatto sta che fermato il campo scorrazzava la campagna ; e vedendo che dalla parte di quei di città nulla succedeva di quanto si aspettava , se ne stette quieto. Intanto quei che erano avversi ai cospiratori prevalendo di numero operarono sì che le porte non vennero subito aperte , e spedirono alcuni insieme col generale Eucleo, che inviato dagli Ateniesi comandava il presidio della città, domandando pronto soccorso all’altro generale di Tracia , Tucidide di Oloro. scrittore di queste istorie, il quale era nell’ isola di Taso colonia de’ Parii, distante da Amfipoli circa mezza giornata di mare. A questo avviso partì egli subito colle sette navi che erano colà, volendo soprattutto arrivare ad Amfipoli prima che ella cedesse in uulla, o almeno assicurarsi per tempo di Eiona.

Tra questo , Brasida temendo del soccorso delle navi di Taso, e informato che Tucidide aveva il dappresso in Tracia il lavorio delle miniere d’oro , per cui era uno dei più potenti di terraferma , si affrettava di occupar la città , se fosse possibile prima della sua venuta, perchè il popolo amfipolitano all’arrivo di lui non ricusasse di rendersi , per la speranza ch’ei lo potesse salvare colle forze raccolte dalla Tracia e dal mare. Però proponeva discreto accomodamento per via d’un bando , ove dicevasi : che tanto i cittadini di Àmfipoli, quanto gli Ateniesi che ivi si trovavano, potessero restare , se loro piacesse, al possedimento delle proprie cose, godendo con piena egualità dei diritti di cittadinanza : chiunque poi non stesse contento a ciò , dovesse partire dentro cinque giorni portando seco quel che aveva. :

La plebe udito ciò mutossi di pensiero, tanto più che in città vi erano pochi Ateniesi, e il più degli abitanti era un miscuglio di varii popoli, e molti erano parenti di quelli arrestati al di fuori. Insomma tutti, atteso il timore, tenevano per discreto quel bando : gli Ateniesi perchè giudicavano loro pericoloso l’uscire, e perchè non si aspettavano un pronto soccorso ; il resto della moltitudine poi perchè goderebbero come prima dei loro diritti , contro ogni credenza si trarrebbero del pericolo. Cosicché i fautori di Brasida vedendo che la plebe mutata non udiva più il generale ateniese ivi presente, giustificavano oramai apertamente le proposizioni di Brasida, e si venne alla capitolazione per cui ricevettero gli Spartani colle condizioni del bando. Per tal modo resero la città. Tucidide sulla sera di questo stesso giorno approdò colle sue navi a Eiona. Avendo Brasida di poco occupata Àmfipoli , stette solo per una notte che ei non prendesse anco Eiona : perocché se quelle navi non erano sollecitamente venute a soccorrerla , l'avrebbe occupata sul far del l’alba.

Dopo ciò Tucidide disponeva in Eiona le cose in modo da metterla in sicuro sì per allora, se mai Brasida venisse ad attaccarla , sì anche per l’avvenire , faccettando quelli che secondo il pattuito avevano preso il partito di ritirarsi da Amfipoli. E Brasida senza perder tempo calò per la corrente del fiume con molte barche verso Eiona per vedere di prender quella lingua di terra die dalle mura si stende verso il mare, e così impadronirsi della bocca del fiume. Fece ancora sue prove dalla parie di terra , ma fu per tutto respinto. Aveva già acconciato le cose di Amfipoli, quando gli si rese Mirrino città dell’Edonia, ove Pittaco re degli Edoni era stato ucciso dai figlioli di Goaxi e da Braune sua moglie; e poco dopo ebbe anche (insselo ed Esime , due colonie dei Tasii. E subito dopo la presa d’Amfipoli era arrivato Perdicca il quale lo aiutaTa a bene stabilire queste cose.

Presa Amfipoli, vennero gli Ateniesi in gran timore, tanto più che quella città era ad essi utile non solo perchè ne ricavavano legname da navi e provento di danaro, ma ancora perchè ella offriva ai Lacedemoni condotti dai Tessali un passaggio fino allo Stilinone contro i loro alleati. Che se gli Spartani non si fossero insignoriti del ponte, non arebbero potuto progredire più oltre ; avvegnaché dalla parte di terra sarebbero stati impediti per Li vasta palude formata dal fiume ; e dalla parte di Eiona Je flotte ateniesi gli avrebbero osservati. Ma occupato il ponte , il passaggio compariva ornai troppo facile. Temevano inoltre che gli alleati non si ribellassero ; perocché Brasida in tutte le occasioni mostravasi discreto, e dappertutto dichiarava oo’ suoi disoorsi di essere spedito a liberare la Grecia. Onde le città soggette agli Ateniesi udendo l' presa di Amfipoli, e le profferte di Brasida , e la sua dolcezza , si invogliavano grandemente di novità ; e di nascosto spedivano a lui messaggi, confortandolo a mostrarsi

presso loro, volendo ciascuno essere il primo a ribellarsi. Pareva loro di poter far ciò senza alcun pericolo, opinando falsamente non esser tanta la potenza ateniese, quanta mostrassi in processo di tempo ; perchè ne giudicavano più con mal foudato desiderio , che con sicura previdenza ; secondo P usato degli uomini, i quali sperano iocoosideratamente ciò che bramano, e ciò che non gradiscono arbitrariamente rigettano. Auimavansi inoltre alla ribellione per la recente sconfìtta degli Ateniesi in Beozia, e pei seducenti non già veridici discorsi di Brasida, del non aver essi voluto a ISisca combattere con lui contro quel solo suo esercito ; onde contìdavano che nessuno si moverebbe coutro di loro. Ma principalmente erano pronti ad esporsi a qualunque pericolo per quel momentaneo piacere che danno di sè le novità, e per esser quella la prima volta in che sperimenterebbero i Lacedemoni imperversili , contro Atene. Questi mali umori non erano ignoti agli : Ateniesi ed a Brasida , e però quelli spedirono presidii nelle diverse città, secondochè il permettevano il breve tempo e la vernata : e Brasida , intanto che si apparecchiava a fabbricar triremi sullo Strimone, mandò a Sparta sollecitando un nuovo esercito. Ma i Lacedemoni non lo compiacquero, parte per astio dei primari cittadiui, parie perchè amavano meglio di riavere la loro gente dell’ isola Sfatteria , e così terminare la guerra.

Nell’ istesso inverno i Megaresi ripresero le mura lunghe tolte già loro dagli Ateniesi e le spianarono. E Branda coi confederati dopo la presa di Amfipoli porta la guerra nella provincia chiamata Acte, che dal canale scavato dal re sporge verso noi, e verso Ato montagna alta che finisce al mare Egeo. Questa provincia comprende la città di Sane colonia degli Andri situata propio sul canale e voltata verso il mare delPEubea , ed altre , cioè Tisso, Cleoiui, Acrotoo, Olofisso e Dio, abitate da un miscuglio

di genti barbare che parlano due lingue. Vi è inoltre piccola porzione di Calcidesi , ma i più sono Bisaltici, Crestonrci ed Edoni, e più che altro Pelasgi della razza di quei Tirreni che una volta abitavano Lenno ed Atene. Abitano costoro divisi in piccole castella ; e la maggior parte si reseco a Brasida. Sane e Dio gli fecero resistenza ; e però si trattenne oolPesenoito sulle loro terre e le devastava.

Non volendo costoro ascoltare le preposizioni d» Brasida, egli marcia sopra Torona di Calcide occupai» dagli Ateniesi, sollecitato da pochi disposti a render la città. E pervenuto colà mentre era ancor notte « verso l’alba fermava il campo presso il tempio dei Dioscuri, distantil dalla qittà circa tre stadii, senza essere stato veduto nè dal resto deJ Toronesi, nè dalla guarnigione ateniese. Ma quelli ohe facevano per lui, sapendo ch’ei doveva venire, escono furtivamente in pioeoi numero per spiarne l'arrivo. Appena le videro presentarsi introducono in città setto soldati leggeri armati di pugnaletto; i quali soli, di venti che prima erano destinati, non dubitarono di entrarvi condotti da Lisimaco olintese. Entrati questi celatamele dalla parte delle mura verso il mare , salirono in cima alla rocca della città che è sulla schiena di un colle, ne uccisero le guardie, e ruppero la porticciola voltata verso il promontorio Canastreo.

Brasida avanzossi un poco, e spediti innanzi cento palvesari acciocché si gettassero i primi nella città, quando, venisse aperta qualche porta e fòsse alzato il segnale convenuto, teneva fermo il restante dell’ esercito. Ma quelli maravigliando dell’ indugio che sì frapponeva, si trovarono a poco a poco presso della città. Intanto quei Toronesi di dentro che insieme con gli altri introdottici preparavano la cosa , poiché ebbero rotta la porticciola r tolta la sbarra alla porta verso il foro, primieramente fatto

fare un giro ad alcuni di quei palvesari, li introducevano per la porticciola, perchè spaventassero alt9 improvviso quelli di città ignari dfel fatto, assalendoli alle spalle ed ai lati. Quindi alzarono , come era convenuto , il segnale di fuoco , ed ormai dalla porta del foro ricevevano il rimaheuté de’ palvesari.

Visto il segnale, Brasida ordinò la mossa , ed accorreva frettolosamente coll’esercito, che alzando insieme le grida mise in gran costernazione quei di città. Alcuni vi si precipitavano a dirittura per la porta , altri per certe Iravirquadraùgolari le quali servivano a tirar su le pietre ¿ e stavano casualmente appoggiate al muro rovinato che si andava riedificando. Brasida poi col grosso dell’esercito si rivolse alle parti più elevate della città , per occupare le alture ed assicurare così la conquista. Il rimanènte delVesercitO: si spàrse indistintamente per tutta la città.

Nella presa della quale grande era lo sCQmpiglio del maggior numero dei Toronesi ignari del fatto; laddove i cospiratori e quelli die ciò gradivano, furono subito col vincitore. Quanto poi agli Ateniesi (circa cinquanta dei quali armati alla grave dormivano = per avventura nel foro), poiché intesero il fatto, alcuni pochi che capitarono nelle mani dei Brasidiani furono uccisi ; gli altri, parte per la via di terra, parte ricovratisi sulle due navi che vi stavano a guardia, scamparono nel forte di Lecito , che essi medesimi tenevano fino da quaudo occuparono l'estremità della città verso il mare, rinserrata nel piccolo istmo. Cola si rifugiarono anche tutti quei Toronesi che parteggiavano per Atene.

Fattosi giorno e bene assicurata la presa dell^ città, Brasida mediante una grida fece intendere ai Toronesi rifugiati presso gli Ateniesi che ciascuno poteva tornare a possedere le cose proprie , e vivere sicuramente da tottadino. All’opposto spedì agli Ateniesi Un araldo inti-í

mando loro che portando seco ciò che avevano , sotto la sua parola, votassero Lecito, come appartenente ai Calcidesi. Rispondevano essi che questo non farebbono ; e lo pregavano di far tregua un giorno per ripigliare i cadaveri. Brasida fè tregua per due ; nel corso dei quali afforzava le fabbriche vicine, e gli Ateniesi pure le loro. Tenne inoltre un’adunanza de’Toronesi, e a un dipresso disse lo stesso che aveva detto in Acanto : Non esser giusto die coloro i quali si erano adoprati per lui nella presa dell' città fossero tenuti cittadini meno che buoni , o traditori ; avvegnaché non avessero fatto ciò per metterla in servitù, nè per ingordigia di denaro, ma per bene e libertà della patria : che coloro i quali in questo trattato non avevano avuto parte , non dovevano credere di non avere a godere dei medesimi dritti di prima , perchè egli non era venato per rovinare nè città , nè privati : avere anzi diretta la sua grida ai rifuggiti presso gli Ateniesi, perchè non gli credeva punto peggiori degli altri per l’amicizia avuta con essi : die quando avessero sperimentato i Lacedemoni si avvedrebbero che non sarebbero per riuscir loro meno benevoli degli Ateniesi, ma anzi più di essi, in quanto che più giustamente operavano ; e che ora li temevano solo perchè non gli avevano in pratica. Esortava poi tutti a disporsi a volere essere alleati costanti, persuasi che avrebbero solo la colpa di quello che d’ora in poi commetterebbero ; e che per l’addietro non i Lacedemoni da loro, bensi i Toronesi erano stati offesi da un popolo più forte t e che però meritavano perdono se in nulla si fossero opposti.

Contali parole Brasida rinfrancava i cittadini; e spirata la tregua prese a battere Lecito , ove gli Ateniesi, sebbene si difendessero da debole munizione e da case fornite di merli, pure nel primo giorno respinsero il nemico. Ma siccome il dì seguente volevano i Brastdiani avvicinar contro loro una macchina , colla quale intendevano

di gettare il fuoco su' ripari di legname, cosi gli Ateniesi (quando l’esercito già si avanzava verso la parte dove il luogo era meno difendevole , e dove appunto si aspettavano che verrebbe condotta la macchina) piantarono di faccia ana torre di legno sopra una casa , portarono assai brocche e barili di acqua e sassi grossissimi, e vi salì su moliti gente. Onde la fabbrica gravata di troppo peso a un tratto sfasciossi con graude strepito , e quella vista recò più dolore che paura ai vicini Ateniesi. Quelli però che ne erano distanti, e specialmente i più lontani, immaginatisi che so quel punto fosse stata già espugnata la terra, si diedero a precipitosa fuga verso il mare e verso le navi«

Brasida, che si era trovato presente all’accaduto , visti abbandonati i merli si avanza coll’esercito, prende incontinente il forte ed uccide tutti quelli che ci trovò \ e gli altri, che avevano in questo modo abbandonato il posto , si condussero su barche e navi a Pallene. Qui è da sapere che in Lecito avvi un tempio di Minerva, e che Brasida quando era per dar l’assalto aveva fatto bandire che al primo salito sulle mura darebbe trenta mine di argento. Ora però stimando essere stata presa quella terra in tuttaltro modo che umano, offerse alla Dea le trenta mine pel tempio, demolì Lecito e lo riacconciò in nuova foggia ; e tutto il suòlo consacrò a Minerva. Nel restante dell1 inverno egli si occupava a dar buon sesto alle terre prese , senza abbandonare il pensiero sopra quelle che restavano. E col compiersi dell’ inverno finiva l’ottavo anno di questa guerra.

Cominciando la primavera della estate seguente fu fatto tregua per un anno dai Lacedemoni agli Ateniesi. Credevano gli Ateniesi che Brasida in questo modo non potrebbe ribellar loro alcun’altra terra , prima che e' si fossero a hell'agio apparecchiati ; e che se le cose passassero bene, essi otterrebbero un più lungo accomodamento.

I Lacedemoni poi da varisi a credere che gli Ateniesi ilotessero temere qdei mali che di fatto temevano, e che però , dandosi luogo a cessamento di calaihità e di fatiche, per questa esperiènza é’ sarebbero più bramosi di accomodamento e restituirebbero la gente di Sfatteria perchè la tregua si concludesse per più lungo tempo. il riscatto di quelle genti stava in cima de’ loro pensieri, riflettendo essi alle continovate vittorie di Bfasida ; conciossiachè se egli facesse nuovi acquisti sino a mettere alla pari tra sè le due potenze belligeranti, nondimeno ( quantunque allora fossero in istato di combattete gli Ateniesi a forze eguali, e forse di Vincerli ) potrebbe darri il ,ca$o di perdere quelle genti. Pertanto fanno tregua insieme, comprendendovi anche gli alleati, in questi termini. '

et È trà rìol risoluto potere , chiunque il Voglia, usare del tempio é dell’oràfcolo d’Apollo Pitio senza frode o paura, secondo le pàtrie costumanze. Così piace ai Lacedemoni e agli alleati presenti ; e promettono di mandare araldo per indurvi, quanto sta in loro , anche i Beozii e i Focesi. Quanto al tesoro del Nume, voi Ateniesi e noi Lacedemoni , e chitmqu’altro il voglia , dovremo procurare di cercarne gli eSpilatori seguendo tutti la rettitudine, la giustizia ed i patrii statuti. Di questo convengono i Lacedemoni e gli altri alleati , purché gli Ateniesi promettano nella tregua che entrambi dovremo restare ài possesso dei luoghi elle di presente tenghiamo J cioè che i Lacedemoni rimangano a Corifasio dentro i mónti Bufrade e Tomeo ; e gli Ateniesi a Citerà ; senza che noi ci mescoliamo nelle lóro alleanze , né essi nelle nostre. Gli Ateniesi poi a Nisea e Minoà non oltrepasseranno la strada che dalla parte dellè Termopile presso il tempietto di Niso va al tempio di Nettuno , e dal tempio di Nettuno Va direttamente al ponte che accenna a Minoa. Ancora, i Megaresi ed i loro confederati non passeranno questa medesiifta strada, riterranno

pure l’isola occupata già dagli Ateniesi ( senza ehe nissuno entri su quel degli altri ), e riterranno quel che ora posseggono in Treaene , ol^re a tutto quello di che convennero con gli Ateniesi ; e potranno usare il mare che bagna le loro terre , q quelle de’ confederati. Ancora , non potranno i Lacedemoni e loro alleati navigare con navi lunghe, ma solo con altra sorta di barche che si spingano co’ remi, e che portino carico fino a cinquecento talenti« Ancora, il salvocondotto varrà per gli araldi, ambascerie e loro seguito quanto si creda conveniente nell’andare e nel tornare tanto per terra che per mare al Peloponneso e ad Atene, con commissioni relative allo scioglimento della guerra od altre controversie ; ma in questo tempo non si riceveranno nè da voi nè da noi disertori, nè liberi nè servi. Ancora, che nelle nostre controversie voi dobbiate esporre a noi le vostre ragioni, e noi all’opposto le esporremo a voi conforme alle leggi della patria, decidendo cosi per la via giuridica non per quella delle armi. Queste sono le convenzioni dei Lacedemoni e dei loro confederali. Se credete di avere proposizioni più decorose e più giuste di queste, portatevi a Sparta ed esponetele ; perocché nè i Lacedemoni nè i confederati si ritireranno da tutto quellq che direte di giusto. Quelli che si porteranno colà vi vat dano con pieno mandato, siccome voi pure ordinate a noi di fare. La tregua sarà per un anno. Così ha decretato il popolo ». In Atene allora la tribù Acamantide teneva il posto dei Pritani, Fenippo era il cancelliere , e Niciade il presidente. Laohete ne fece il rapporto in questi termini. ; A buon augurio per gli Ateniesi vi sia tregua secondochè consentono i Lacedemoni e i loro alleati : e radunanza 4?1 popolo ratificò che la tregua fosse per un anno da cominciare quello stesso giorno quattordici del mese Elafebolione ; che intrattanto gli ambasciadori e gli araldi andreh? bero e verrebbero scambievolmente per trattare del modo
di por fine alla guerra ; che però i generali ed i priuoi dovessero tenere adunanza , ove gli Ateniesi, prima d’ogni altra cosa relativa alla pace, dovessero deliberare del modo e condizioni colle quali verrebbero ammessi gli ambasciatori che tratterebbero dello scioglimento della guerra ; e che gli ambasciatori, i quali volta per volta intervenissero alle adunanze del popolo, appena giunti dovessero subito impegnare la loro lede di volere osservare costantemente la tregua per tutto Tanno.

Queste furono le convenzioni ratificate anche dagli alleati, che i Lacedemoni stabilirono con gli Ateniesi e loro confederati ai dodici del mese chiamato a Sparla Gerastio. Queste condizioni furono pattuite e confermate coi riti religiosi, per la parte dei Lacedemoni, da Tauro di Echetimida, da Ateneo di Pericleide, da Filocarida di Erissidaide : per quella dei Corintii, da Enea di Ocito, da Eufamide di Aristonimo : per quella dei Sicionesi, da Damotimo di Kaucrate, da Onasimo di Megade : per quella de’ Megaresi, da INicaso di Cecalo, da Menecrate di Amfidoro : per quella degli Epidàuri, da Auifia di Eupaide: per la parte poi degli Ateniesi, dai generali Nicostrato di Diotrefe, Nicia di Nicerato e Autocle di Tolmeo, Cosi adunque fu fatta la tregua , durante la quale continuamente sì Funa parte che l’altra mandavansi ambascerie per trattare di più decisivo accomodamento.

Nei giorni di queste scambievoli gite Sciane, città in Pellene, si ribellò dagli Ateniesi per darsi a Brasida. Dicono gli Scionesi di essere Pelleuii oriundi del Peloponneso ; ma che i loro maggiori nel ritorno da Troia furono per tempesta sofferta dai Greci sbalzati in questo luogo, e vi presero abitazione. Brasida, per sostenere la ribellione, tragittò di notte a Scione preceduto da trireme alleata , tenendole egli dietro a qualche distanza in piccola barchetta, perchè se s’incontrasse in una nave più grossa

della barchetta, lo difenderebbe la trireme ; c se altra trireme di egual forza lo sopraggiungesse, non si volterebbe al legno più piccolo, ma bensì contro la nave, ed egli intanto si salverebbe. Arrivato a Scione riunì a parlamento gli Scionesi e disse loro lo stesso che ad Acanto e a Torona : ed aggiunse, esser loro i più degni di lode, perocché, sebben Pellene fosse tagliata fuori e riserrata nell’ istmo dagli Ateniesi che tenevano Potidea, e sebbene per ciò essi potessero dirsi isolani, nondimeno erano spontaaeamente corsi a libertà, e non avevano per codardia aspettato che la necessità li obbligasse a far quello che era di evidente vantaggio alla patria : ciò mostrare che avendo lo stato quella costituzione che si desidera , essi vorranno da prodi sostenere i più grandi cimenti; ed egli per la verità U stimerebbe i più fedeli amici dei Lacedemoni , e per ogni altro conto gli averebbc in onore.