History of the Peloponnesian War

Thucydides

Thucydides. Della storia di Tucidide volgarizzata libri otto. Anonymous translator. Florence: Tipografia Galileiana, 1835.

Pervenuti a Sparta i loro legati entrarono in discorso co’Lacedemoni delle condizioni per ottener l’alleanza. Esigevano gli Argivi a prima giunta che si facesse il compromesso in una città o in un privato per la controversia vertente sul territorio cmurio, sorgente di continui litigi, il quale è posto sul confine e comprende le città di Tirea e di Antene, e lo posseggono i Lacedemoni. Ma i Lacedemoni non vollero che di ciò si facesse menzione; e solo dissero d’esser pronti a rinnuovare, se così piacesse, il trattato ne’ termini di prima. Con tutto ciò i legati di Argo gli indussero a consentire di far per ora una tregua di cinquantanni , col patto però che tanto Sparta che Argo, previa l’intimazione, potessero combattere per quel territorio, tranne il caso di pestilenza o di guerra (siccome tempo fà un’ altra volta convennero quando entrambi pretesero di essere stati vincitori) ; e col patto che non si potesse inseguire il nemico oltre i confini di quel territorio sì verso Sparta che verso Argo. A prima vista la cosa parve ai Lacedemoni una stoltezza; ma poi, siccome bramavano in ogni modo amica Argo , accordaronsi alle condizioni che ei richiedevano, e ne presero scrittura. E prima di ultimar nulla confortarono i legati a tornare ad Argo ed informarne il popolo ; e se tali condizioni piacessero, a ritornare alle feste giacintie per fare il giuramento. E quelli partirono.

Nel tempo che gli Argivi erano in questi trattarti, Andromene, Fedimo ed Antimenida ambasciatori dei lacedemoni , incumbensati di riprendere da’ Beozii Panacto e i prigionieri per renderli agli Ateniesi, trovarono che i Beozii avevano demolito Panacto, sul pretesto che per certe differenze intorno a questa terra erano seguiti antichi giuramenti fra gli Ateniesi e i Beozii di non abitarla nè gli uni nè gli altri, ma di tenerla in comune. Onde Andromene ed i suoi colleghi ripresi i prigionieri ateniesi ritenuti dai Beozii, li riportarono ad Atene, e ne fecero la consegna. Resero poi conto agli Ateniesi della demolizione di Panacto, giudicando aver restituito anch’esso, da che non più tì abiterebbe verun nemico di Atene. A queste relazioni restarono forte esacerbati gli Ateniesi, tenendosi ingiuriati dii Lacedemoni non solo perchè era stato demolito Panacto, che doveva restituirsi intero, ma eziandio perchè sentirono avere essi stretto lega a parte co9 Beozii , tuttoché prima vociferassero di volere unanimemente astringere alla tregua quelli che non Faccettassero. Riflettevano di più a tutte le altre cose in che i Lacedemoni avevano trasgredito le convenzioni, e stimavansi ingannati: però rimandarono con acerbe risposte gli ambasciatori.

In tal disunione fra Lacedemoni e Ateniesi, quei di Atene che dal canto loro volevano rompere la tregua, cominciarono subito a insistere , e sopra tutti Alcibiade di Clinia che quantunque troppo fresco di anni per aver credito in altra città , era nondimeno rispettato in Atene per la nobiltà de’maggiori. Et credeva più sicuro partito accostarsi ad Argo: ma oltre a ciò come quegli che era d’animo altiero e contenzioso si opponeva alla tregua , perchè i Lacedemoni l’avean conclusa colla mediazione di iVicia e di Lachete, non facendo conto di lui per la sua giovinezza , e non onorandolo come richiedeva l' antica ospitalitíi

OncPerá una volta legato con essi, la quale f quantunque disdetta dal suo avolo , egli però avvisava d’averla rinnovata per essersi adoprato a pro dei loro prigionieri della Sfatteria. Insomma credendosi in ogni modo avvilito prese allora la parte di opposizione , spargendo essere i Lacedemoni gente da non fidarsene , e cercare essi di legarsi eoa gli Argivi a fine di staccarli con questa lega da Atene e d'andar poi contro gli Ateniesi restati soli. Ed allora cogliendo l' occasione dei dissapori insorti, di suo spedisce tosto gente ad Argo invitandoli a venire sollecitan^nte coi Mantineesi e con gli Elei ad Atene per chiedere l’alleauza , avvegnaché questo fosse il tempo opportuno, tanto più che egli stesso li spalleggerebbe con grandissima premura.

Gli Argivi sentita questa ambasciata, ed informati avere i Beozii fatto alleanza con Sparta senza la saputa degli Ateniesi, e questi essere entrati in diffidenza grande con i Lacedemoni, abbandonarono il pensiero dei loro ambasciatori che erano a Sparta per trattare della lega, e col' l’animo inchinavano maggiormente ad Atene; avvisando che essendo ella città loro amica ab antico , e democratica come essi, e potente assai sul mare, unirebbe seco le armi sue, qualor si trovassero in guerra. Vi spedirono adunque ¿ubilo ambasciatori circa all’ alleanza , e con questi si unir rono anche quelli degli Elei e de' Mantineesi. Gli ambar sciatori pure degli Spartani, l'il oca rida, Leone ed Endio, che avevano voce di essere graditi in Atene, vi arrivarono sollecitamente, per paura che gli Ateniesi adirati non facessero lega con Argo, e insieme per ridomandar Pilo in cambio di Panacto, e giustificarsi , quanto all’ alleanza coi Beozii, come non l' a ve van fatta a danno di Atene.

E parlando essi di ciò in senato, e dicendo di aver pieno mandato per aggiustare ogni differenza, facevan temere ad Alcibiade, che ove anche dinanzi al popolo te-

Dessero i medesimi discorsi , si cattiverebbero la moltitudine , e verrebbe rigettata P alleanza con Argo. Ond’ei macchina contro loro quest’ inganno. Dà a vedere agli ambasciatori di Sparta, impegnando ad essi la sua fede, che se non dichiareranno al popolo di aver pieno mandato, egli renderà loro Pilo ; essendoché persuaderebbero di ciò gli Ateniesi, siccome finojra gli avea persuasi del contrario y ed accomoderebbe le altre differenze. Questo suo artifizio aveva per iscopo di alienare gli ambasciatori da Nicia , e di vedere ce, screditandoli dinanzi al popolo come gente noo punto sincera dell’animo né a sé coerente ne’suoi discorsi, potesse fare alleati di Atene gli Argivi, gli Elei e i Mantineesi. E la cosa andò cosi. Poiché essendosi presentati al popolo, ed alla domanda fatta loro non avendo risposto (siccome in senato) di aver pieno mandato, gli Ateniea non sapevano più contenersi ; ma davan retta ad Alcibiade che inveiva contro i Lacedemoni più di prima; ed erano pronti ad introdurre gli Argivi e gli altri con loro per farseli alleati. Innanzi che fosse nulla sanzionato sopravvenne un terremoto che fece differire l’adunanza.

Nell’ adunanza seguente Nicia, sebbene per b frode usata agli ambasciatori di Sparta fosse rimasto aneli’egli deluso (mentre essi avean negato d’aver piena autorità ), non pertanto disse doversi preferire l'amicizia coi Lacedemoni ; e sospendendo il trattato con gli Argivi spedire di nuovo a Sparta , per sentire come la pensavano. Faceva osservare che la dilazione della gnerra quanto tornava in acconcio per Atene, altrettanto noe conveniva a Sparta. Imperciocché trovandosi la loro Repubblica in florido stato, era ottimo consiglio conservare al più lungo la prosperità ; dove per Isparta oppressa da sciagure sarebbe guadagno tentare al più presto la guerra. Così persuase gli Ateniesi a mandarvi legati, ed egli era di quei numero, per intimare ai Lacedemoni, se volessero fare la

giustizia, di restituire intero Panacto ed AmfipoH; di abbandonare la lega de’Beozii ove questi non accedano agli accordi conforme all’ articolo che dice : Nissuna delle due repubbliche dovere senza il consentimento dell'altra far convenzioni con chicchessia. Gl’ incaricano altresì di dichiarare ai Lacedemoni che se persistevano in quelle ingiustizie, si sarebbero essi pure subito fatti alleati gli Argivi ; mostrando che appunto a tale oggetto erano questi in Atene. Di più ! se altro rammarico avevano contro Sparta diedero di tutto le istruzioni ai loro legati Nicia e suoi compagni, e gli spedirono. I quali arrivati a Sparta esposero tutte le altre commissioni che avevano , e finirono con dire che se non abbandonassero la lega co’ Beozii, i quali non erano entrali nella tregua, anche Atene si sarebbe fatti alleati gli Argivi e gli altri con loro. I Lacedemoni prevalendo il sentimento di Xenara eforo e di tutti gli altri quanti erano del medesimo pensiero, risposero di non voler rinunziare all’alleanza coi Beozii; e rinnuovarono i giuramenti alle preghiere di Nicia, il quale temeva che partendo senza nulla concludere resterebbe screditato (lo che avvenne) siccome quegli che passava per promotore delle tregue con i Lacedemoni. Al suo ritorno sentendo gli Ateniesi nulla essersi ottenuto da Sparta montaron subito in ira ; e tenendosi ingiuriati, fecero a sommossa d’Alcibiade tregua e confederazione con gli Argivi e loro alleati che si trovavano presenti , in questo tenore :

« Gli Ateniesi da una parte, gli Argivi i Mantineesi e gli Elei dall’altra , in nome proprio e degli scambievoli confederati cui comandano , hanno fatto per cent’anni tre~ gua sì per terra che per mare, senza inganno e detrimento« Agli Argivi, agli Elei, ai Mantineesi ed a’loro alleati non sarà lecito , per far danno, portar le armi contro gli Ateniesi e gli alleati cui comandano : nè agli Ateniesi ed agli alleati contro gli Argivi, gli Elei, i Mantineesi e loro alléati,

esclusa ogni frode e tranelleria. Con questi patti gK Ateniesi e gli Argivi, gli Elei e i Mantineesi saranno alleati per cento anni. Ancora, se genti nemiche entreranno nel suolo degli Ateniesi, gli Argivi, gli Elei e i Mantineesi, secondo l’avviso che da essi ne abbiano, dovran soccorrere Atene nel più valido modo che possano, giusta le loro forze. E se il nemico si ritiri dopo avervi dato il guasto, quella tal città s'intenda nemica degli Argivi, dei Mantineesi , degli Elei e degli Ateniesi, e debba esser travagliata colle armi da tutte queste Repubbliche, nissuna delle quali possa scioglier la guerra impresa coutro la città nemica, senza il consentimento di tutte le altre. Parimente se genti nemiche entreranno nel suolo, o degli Elei, o de' Mantineesi, o degli Argivi; gli Ateniesi, secondo l'avviso che da essi ne abbiano , dovranno soccorrere Argo, Mantinea ed Elide nel più valido modo che possano, giusta le loro forze. E se il nemico si ritiri dopo avervi dato il guasto, quella tal città s’intenda nemica degli Ateniesi, degli Argivi , de’ Mantineesi e degli Elei, e debba esser travagliata colle armi da tutte queste Repubbliche, nissuna delle quali possa scioglier la guerra impresa contro la città nemica» senza il consentimento di tutte le altre. Ancora, nessuna delle due parti permetterà che gente armata attraversi per far guerra il suo territorio, o quello degli scambievoli alleati cui comandano, e nemmeno il mare, senza che le città tutte Atene , Argo, Mantinea, Elide ne abbiano decretato il passo. Ancora, alle truppe ausiliarie somministri le vettovaglie per trenta giorni la città che le spedisce , da contare dopo il loro arrivo a quella che le ha chiamate ; e cosi nel ritorno. Se poi piacerà valersene più lungamente la città che le ha chiamate dia per paga al soldato grave e leggero e all’arciere tre oboli eginesi ogni giorno , e al cavaliere una dramma eginese. Ancora, la città che ha richiesto glieli ne abbia il comando quando però la guerra sia sul suolo di
lei; ma se mai le città si determinino a guerra comune, abbiano tutte egual parte al comando. Ancora, gli Ateniesi giurtao questa tregua per sé e per i loro alleati ; e città per città gli Argivi, i Mantineesi, gli Elei e i loro confederati. Presti ciascuna il giuramento più solenne del paese, coll’offerta di vittime perfette; e questa ne sia la formula: —Manterrò l’alleanza secondo i patti, giustamente, illesamente, sinceramente, nè la trasgredirò con frode o tranelleria di sorte veruna —. In Atene giurino il senato e i magistrati del popolo nelle mani ai Pritani : In Argo il senato, gli ottauta e gli Artini, ma nelle mani agli ottanta : In Mantinea i tribuni della plebe, il senato e gli altri magistrati, nelle mani ai Teori e Polemarchi : In Elide i tribuni della plebe, quelli che riscuotono i tributi ed i seicento, nelle mani però ai tribuni della plebe ed ai Tesmofilaci. Si rinnoveranno i giuramenti dagli Ateniesi portandosi a Mantinea, a Elide e ad Argo, trenta giorni prima dei giochi olimpici : dagli Argivi, Elei e Mantineesi portandosi ad Atene dieci giorni prima delle grandi Panatenee. I patti riguardanti la tregua, i giuramenti e l’alleanza si scolpiscano in una colonna di pietra, dagli Ateniesi nella rocca; dagli Argivi nel foro, nel sagrato di Apollo ; dai Mantineesi nel sagrato di Giove pur nel foro. Si porrà altresì a spese comuni una colonna di bronzo in Olimpia nel tempo dei giochi olimpici che ora si celebrano. Finalmente qualora queste città giudichino di aggiunger qualche cosa agli articoli stabiliti, si dovrà intendere fermo e rato ciò che tutte le città comunemente risolveranno ».

Così restò conclusa la tregua e l’alleanza ; nè però i Lacedemoni e gli Ateniesi rinunziarono a quello di che avevano convenuto insieme. Ma i Corintii sebbene legàti con gli Argivi non entrarono in questa tregua ; anzi nemmeno vollero unirsi a giurare la lega stabilita innanzi fra gli Elei, gli Argivi e i Mantineesi, laquale obbligava di

avere i medesimi amici e nemici ; dicendo bastar loro la prima lega difensiva , stabilita per soccorrersi scambievole mente e non per unirsi a portar guerra ad altri; e così i Corintii si tennero subito fuori dell’ alleanza di questi, c rivolsero di nuovo l’animo ai Lacedemoni.

In questa estate celebraronsi i giochi olimpici, ove Androstene arcade vinse la prima volta il pancrazio; e gli Elei interdissero ai Lacedemoni di entrare nel sacro recinto, e di sacrificare e di gareggiarvi, perchè non pagavan loro la multa, alla quale in vigore della legge olimpica li avevano condannati ; incolpandoli di aver portato le armi contro il forte di Firco , e spedite, durante la tregua olimpica , delle loro genti gravi contro Lepreo. La multa era duemila mine, due per soldato, a tenore della legge. Ma i Lacedemoni speditivi ambasciatori opponevano d’essere stati condannati ingiustamente, sostenendo non essere stata annunziata la tregua a Sparta quando vi spedirono le genti gravi. Rispondevano gli Elei che già avevano nel loro paese sospensione d’armi (poiché cominciano dal promulgarla tra loro), e che mentre stavano tranquilli e senza sospetto , fidandosi alla tregua , essi sotto mano li avevano ingiustamente assaliti. All’ opposto ripigliavano i Lacedemoni, che se gli Elei fin d’allora credevano ingiusto questo loro procedere, dovevano annunciare la tregua anche a Sparta , lo che non avevano fatto ; ed allora i Lacedemoni non avrebbero più portate le armi in alcun luogo contro di loro. Gli Elei però ondavano sempre ripetendo che e’ non s’indurrebbero mai a credere che i Lacedemoni non avessero il torto; pure se restituissero Lepreo condonerebbero la porzione della multa dovuta loro, e pagherebbero per essi quella dovuta al Nume.

E non essendo ascoltati, facevano quest’al tra proposizione : che i Lacedemoni, se così volevano, non rendessero Lepreo : ma poiché erano desiderosissimi di esseri'

ammessi nel luogo sacro, salissero sull’ara di Giove Olimpico , e giurassero in faccia ai Greci, che dopo pagherebbero la multa» Non vollero i Lacedemoni menar buona neppur questa, e però furono esclusi dal luogo sacro, dai certami e dai sacrifizi, i quali fecero in casa da per loro ; egli altri Greci, salvo i Lepreati, parteciparono delle feste» Non di meno gli Elei, temendo non i Lacedemoni entrassero per forza a parte dei sacrifizi, tenevano sulle armi una guardia dei più giovani, alla quale poi si aggiunsero mille Argivi e mille Mantineesi ed i cavalli ateniesi che aspettavano in Argo il tempo delle feste. Infatti il popolo concorso era entrato in gran timore che dovessero arrivare i Lacedemoni armati ; tanto più che Lica di Arcesilao lacedemone era stato battuto dai littori neH’agone, perchè avendo vinto la sua pariglia , ed essendo stata proclamata quella del Comune dei Beozii (a cagione del divieto che i Lacedemoni avevano alle feste) egli avanzatosi nell’agone ne inghirlandò il carrettiere, volendo così dimostrare che suo era quel cocchio. Laonde molto più crebbe a tutti la paura , e s’aspettavano qualche novità. Ma i Lacedemoni non si mossero ; e così passò la solennità. Dopo le feste olimpiche gli Argivi con gli alleati andarono a Corinto per pregare i Corintii ad accostarsi a loro ; e vi trovarono presenti anche i legati di Sparta. Si tennero molte conferenze che finirono senza effetto veruno : anzi venuto un terremoto, ciascuno ritornò a casa sua; e così finiva Testate.

All’entrare del verno quei di Eraclea nella Trachinia ebber battaglia con gli Eniani, co' Dolopi e coi Meliesi e con alcuni de’ Tessali, popoli confinanti e nemici di quella città, la quale non per altro era stata munita che per fronteggiare il territorio di costoro. Ed essi die subito vi si erano opposti (Ino da quando ella veniva fabbricata, cercando per quanto potevano di rovinarla, vinsero allora gli Eraclesi in battpglia e ne fecero strage, ed

uccisero il capitano Xenara di Cnidi lacedemone. E finiva intanto l' inverno, e l’anno dodicesimo della guerra.

Appena cominciata la nuova estate i Beozii, i quali temevano che gli Ateniesi, giovandosi del turbamento dei Lacedemoni nel Peloponneso, non prendessero Eraclea che dopo la battaglia andava malamente a perdersi, si portarono essi subito ad occuparla , e cacciaronne Egesippida lacedemone pel suo cattivo governo. Gò non pertanto i Lacedemoni l’ebbero a male. E nella estate medesima, Alcibiade di Clinia, allora generale d’Atene, seguito dagli Argivi e loro alleati entrò nel Peloponneso con pochi soldati gravi ateniesi e arcieri ; e con alcuni alleati presi di li; e traversandolo coll’esercito acconciò le altre cose riguardanti all’alleanza, e persuase i cittadini di Patra a tirare un muro sino al mare, intanto che pensava di edificane un altro egli stesso a Rio acaico. Ma i Corintii e i Sicionesi e gli altri, in danno de’quali tornava quel fabbricato, vi accorsero e glielo impedirono.

Nella estate medesima vi fu guerra anche tra gK Epidaurii e gli Argivi, sotto il pretesto delle vittime per Apollo Pitio , le quali dovendosi condurre dagli Epidaurii in tributo dei pascoli, non le avevano mandate. Ora il padronato del tempio spettava sopra tutto agli Argivi ; e tanto essi quanto Alcibiade , anche senza questo pretesto, avevano risoluto di fare il possibile per prendere Epidauro; perchè così Corinto starebbe tranquilla, e gli Ateniesi da Egina vedendo soccorrere Argo avrebbero a far più corto tragitto di quello che non è il giro dal capo Scilleo. Gli Argivi adunque si preparavano ad assaltare da per sè Epidauro per esiger le vittime.

Quasi al tempo stesso anco i Lacedemoni, guidati dal re Agide figliolo diArchidamo, con tutte le forze riunite si mossero per Leutra, terra loro conterminale , coltro a Liceo. Nissuno sapeva ove essi andassero, nemmeno le

città onde erano state spedite le soldatesche. E poiché videro non esser propizi i sagrifici per la spedizione, ritornarono a casa, ed avvisarono tutta la lega che dovessero prepararsi alla guerra dopo il futuro mese che era il Carneo, mese sacro pei Doriesi. Al loro ritorno gli Argivi si mossero quattro giorni prima che finisse il mese precedente a Carneo; e nel medesimo giorno spingendosi innanzi coll’esercito invasero e devastarono le terre degli Epidaurii per tutto quel tempo. Gli Epidaurii si raccomandavano agli alleati , parte dei quali si scusavano col mese festivo , parte venuti su i confini dell’Epidauria , se ne stavano quieti.

Mentre che gli Argivi erano ad Epidauro, i legati delle diverse città si riunirono a Mantinea invitativi dagli Ateniesi. Colà venuti a parlamento, Efamida corintio protestava che le parole non rispondevano a' fatti ; che e Verano adunati per trattar di pace, e intanto gli Epidaurii e i loro alleati e gli Argivi stavano in armi gli uni a fronte degli altri ; che però conveniva prima di tutto che da ambe le parti vi andassero persone a sciogliere quei due eserciti ; e che allora si tornasse a discorrere di pace. Piacque la proposta ; e recatisi colà ritirarono gli Argivi dall’ Epidauriese. Congregatisi poi nuovamente nel luogo stesso, non poterono rimanere d’accordo : onde gli Argivi invasero di nuovo l' Epidauriese, e lo devastarono. Anche i Lacedemoni militarono contro i Carii ; ma siccome neppur questa volta i sagrifici per la spedizione erano propizi, tornarono indietro. Gli Argivi dopo aver guastato quasi la terza parte delle terre di Epidauro partirono per a casa ; e mille soldati gravi ateniesi, che condotti da Alcibiade erano andati a soccorso dei Carii, sentito che i Lacedemoni avevano abbandonato quell’impresa , e che però non vi era bisogno di loro, partirono anch’essi. Così passò l’estate.

Sopravvenendo l’inverno i Lacedemoni di nascosto agli Ateniesi spedirono per mare ad Epidauro un presidio

di trecento soldati sotto il comando di Agesippida. Il perchè gli Argivi andarono a rammaricarsi con gli Ateniesi che avessero lasciato tragittare per mare i Lacedemoni, trasgredendo quell’articolo della tregua che diceva, dover ciascuno impedire ai nemici il passaggio pel suo dominio; e protestavano che se gli Ateniesi non riconducevano a Pilo i Messenii e gl’iloti per inquietare i Lacedemoni, Argo si terrebbe offesa. Pertanto gli Ateniesi, per istigazione di Alcibiade, nella colonna ove era scolpita la tregua con Sparta, inscrissero che i Lacedemoni non avevano attenuto i giuramenti ; e ricondussero da Cranio a Pilo gl’ Iloti perchè vi praticassero il ladroneggio : del rimanente poi erano in quiete. E in questo medesimo inverno tutto che gli Argivi e gli Epidaurii fossero in guerra tra loro, pur non vi fu veruna battaglia campale, ma solo aguati e scorrerie; ove, secondo che portava il caso, alcuni da ambe le parti restarono uccisi. In sullo scorcio del verno già verso primavera , gli Argivi andarono con delle scale ad Epidauro che credevano abbandonata a cagion della guerra, volendo occuparla a forza; ma la cosa non riuscì; equi finiva l’inverno , e l’anno tredicesimo di questa guerra.

A mezzo la state seguente i Lacedemoni vedendo giunti a mal termine gli Epidaurii loro alleati, e gli altri popoli del Peloponneso parte ribellati parte vacillanti, pensarono che se non si ovviasse per tempo a questi mali, diverrebbero anche maggiori. E però essi e gl’Iloti a stormo , accompagnati anche da’Tegeati e dagli altri Arcadi che erano in lega con Sparta, marciarono sopra Argo guidati dal loro re Agidc di Archidamo. I confederali del resto del Peloponneso e di fuori si raccolsero a FIiunte, ove trovaronsi de’ Boezii cinquemila di grave armatura e cinquemila di leggera, con più cinquecento a cavallo ed altrettanti amippi ; dei Corintii duemila soldati gravi, e degli altri secondo il poter di ciascuno} se non che i Fliasii vi

avevano tutte le soldatesche, perchè questo esercito era nel loro territorio.

Gli Argivi che aveano da primo presentito quest’apparecchio de’ Lacedemoni , quando li videro avviarsi verso Fliunte per riunirsi con gli altri, allora anch’essi uscirono in campagna rinforzati dai Mnntineesi con gli alleati, e da tremila Elei di grave armatura. Kell’avanzarsi incontrano i Lacedemoni a Metridio dell’Arcadia, ed ambi gli eserciti occupano un colle. Gli Argivi si disponevano a battagliare coi Lacedemoni che erano ancor soli ; ma Agide mosso di notte celatamente il campo, marciava verso Hiunte per raggiungere gli altri alleati. Diche accortisi gli Argivi, al sorgere deiraurora si mossero prima verso Argo, poi per la strada di IVemea, dove aspettavansi che scenderebbero i Lacedemoni con gli alleati. Agide però non si voltò per la strada ch’ei credevano ; anzi avvisati i Lacedemoni, gli Arcadi e gli Epidaurii prese un’altra via scoscesa, e calò nella pianura degli Argivi, mentre i Corinti coi Pellenesi e i Fliasii marciavano da altra parte su per un’erta. I Beozii poi, i Megaresi e gli Sicionesi avevano avuto l’ordine di scendere per la strada di Nemea ove si erano fermati gli Argivi ; affinchè se mai e’ si avanzassero ad assalirli nella pianura, gli assaltassero alle spalle colla cavalleria. Ordinate cosi le sue genti, entrò Agide nella pianura dando il guasto a Sa minto ed agli altri luoghi.

Appena gli Argivi seppero ciò, sul far del giorno accorsero colà da Nemea, ed incontratisi nell’esercito dei Corintii e de' Fliasii, pochi uccisero de’ Fliasii , e pochi più dei loro furono morti dai Corintii. Frattanto i Beozii , i Megaresi e i Sicionesi marciavano alla volta di Nemea, ove non trovarono più gli Argivi ; i quali al vedersi guastare le loro terre , calati al piano si schierarono a battaglia , con a fronte i Lacedemoni che vi si apparecchiavano. Erano gli Argivi attorniati dai nemici ; poiché

i Lacedemoni e le altre genti che avevan seco impedivano loro dalla pianura il passaggio per Argo ; i Corintii, i Fliasii e i Pellenesi dalla parte superiore ; ed i Beozii, i Scionesi e i Megaresi dal lato di Nemea. Mancavano inoltre di cavalli ; perocché della loro lega i soli Ateniesi non erano peranche arrivati. Contuttociò essi e i loro alleati in generale non credevano il caso presente pericoloso come lo era , e piuttosto stimavano di essere in sito opportuno per la battaglia , e di avere nel propio paese e vicino ad Argo tagliato la strada ai Lacedemoni. Ma quando gli eserciti erano in punto di azzuffarsi, due argivi, Trasillo ch’era de’ cinque capitani ed Alcifrone ospite dei Lacedemoni , furono ad Agide , e dissero che non doveasi far battaglia ; che gli Argivi eran pronti a dare e ricevere soddisfazione con perfetta egualità di dritto , circa quello di che i Lacedemoni li accusavano , e fatta tregua a mantenere in seguito la pace.

Essi però parlarono in tal modo di suo f senza U commissione del popolo. Agide da sé solo accettate le proposte, non stette neanch’egli a deliberare coi più ; ma conferita la cosa con uno degli ufficiali dell’esercito pattuì tregua per quattro mesi, infra i quali gli Argivi manderebbero ad effetto la promessa ; e subito levò il campo senza fiatarne con veruno de’ confederati. I Lacedemoni e gli alleati lo seguivano per riguardo alla legge, perocché egli era \l duce. Ma tra sé gl’ imputavano a grave mancanza che presentatasi loro bella occasione di battaglia, ed accerchiato il nemico per ogni lato da cavalli e fanti, dovessero ritirarsi, non fatta impresa alcuna degna di tanto apparecchio. E veramente questo esercito greco fu bellissimo oltre ogni altro che fino allora si fosse riunito, e bellissimo fu a vedere sinché stette accolto in Nemea, ove trovavansi ì Lacedemoni con tutte le forze loro , e gli Arcadi e i Beozii e i Corintii e i Sicionesi e i Pellenesi e i

Fliasii e i Megaresi, tutte genti scelte da ciascun Comune , che si credevano abili a stare a petto non solamente della lega argiva , ma ancora di chiunqu’altro vi si aggiungesse. Cotanto adunque indispettito l’esercito contro Agide, retrocedeva e poi si sciolse, tornando ciascuno alla sua patria. E dal canto loro gli Argivi molto più tenevano per colpevoli coloro che senza la saputa del popolo avevano pattuita la tregua ; stimando essi pure che i Lacedemoni fossero loro fuggiti di mano, quando si era presentata una occasione sì bella ; imperocché il combattimento sarebbe accaduto presso la loro città, e col braccio di molti e valorosi alleati. Però nella ritirata presero a lapidare Trasillo nel Caradro , ove prima di entrare in città sogliono giudicare le cause militari. Ed egli ricovratosi a piè dell’altare potè salvarsi ; nondimeno però pubblicarono i beni di lui.