History of the Peloponnesian War

Thucydides

Thucydides. Della storia di Tucidide volgarizzata libri otto. Anonymous translator. Florence: Tipografia Galileiana, 1835.

A.L sopravvenire dell’estate fallirono le tregue fermate per un anno da durare fino alle feste Pitie. In quel tanto gli Ateniesi cacciarono i Delii da Deio stimando che servissero al Nume non ancora mondi da un antico delitto, e che però fosse stata manchevole l’espiazione di quell’isola; la quale, come innanzi ho mostrato, credettero eseguita regolarmente col levare le arche de’ morti. E Farnace diede ai Delii Atramitteo nell’Asia , ove essi si stanziarono secondo l’ordine con cui ciascuno vi era andato.

Spirata la tregua , Cleone , avuti dalla Repubblica milledugento soldati gravi ateniesi, trecento cavalli, e più degli alleati, parti per la Tracia con una flotta di trenta navi. Approdò primieramente a Scione tuttora assediata, ed aggiuntisi de’soldati di grave armatura che ivi stavano di presidio, navigò al porto de’Colofonii poco distante dalla città di Torona. Quindi inteso da’disertori che Brasida

non si trovava in Torona, e che quelli che vi erau dentro non erano in istato di resistere , marciava colle genti da piè verso quella città, e spediva dieci navi per volteggiare dinanzi al porto. Da prima egli arriva nella circonvallazione colla quale Brasida , volendo comprendere il suburbio , aveva cinta intorno la città, e rotta una parte delle vecchie mura ne aveva fatta una città sola.

E già gli Ateniesi assalivano le fortificazioni, quando Pasitelida capitano lacedemone accorse subito col presidio per ributtarli. Se non che venendo egli incalzato, e le navi spedite da Cleone volteggiandosi per investire il porto, venne in sospetto che elle non prendessero la città rimasta sguarnita, primachè ei vi fosse rientrato; e che poi superate le fortificazioni egli pure non vi restasse preso. Il perchè ritiratosi dalle mura tornò frettolosamente alla città. Ma gli Ateniesi delle navi lo vinsero della mano occupando Torona ; ed anche la fanteria tenendogli tosto dietro in quell’impeto, mescolata co'nemici entrò in città per la rottura del muro vecchio. Uccisero subito quei Peloponnesi e Toronesi che volevano far resistenza , e tutti gli altri cattivarono con Pasitelida comandante. Brasida che veniva a soccorrer Torona, udì per istrada che era stata presa: onde tornò indietro, essendone ancora lontano circa quaranta stadii, senza potere prevenire il nemico. Cleone e gli Ateniesi ersero due trofei uno nel porto, l’altro presso le fortificazioni ; cattivarono le donne e i figlioli de’ Toronesi, e li mandarono ad Atene coi Peloponnesi e con quanti Calcidesi vi erano, in tutti circa settecento. Dipoi concluse le tregue i Peloponnesi poterono partirsene e gli altri furono ripresi dagli Olintii col riscatto di uomo per uomo. Verso questo tempo i Beozii presero proditoriamente Panado fortezza degli Ateniesi sulle frontiere ; e Cleone lanciato presidio a Torona salpò di là , e girando il monte Ato dirizzò il corso alla volta di Amfipoli.

Intorno questo stesso tempo Feace di Erasistrato con altri due colleglli venne con due navi in Italia e Sicilia ove gli Ateniesi lo avevano inviato ambasciatore; avvegnaché partiti essi di Sicilia dopo la convenzione , i Leontini avesser ascritto molta gente alla loro cittadinanza, e il popolo fosse nell’ intenzione di dividere le terre. Di che accortisi i nobili chiamano i Siracusani e cacciano i popolani (i quali andarono chi qua chi là vagando), e fatto accordo co9 Siracusani, abbandonarono e disertarono la loro città, per prendere stanza a Siracusa, col patto di goderne la cittadinanza. Ma poi alcuni di essi mal contentandosi del fatto si ritirarono di nuovo da Siracusa, ed occuparono un luogo dipendente dalla città dei Leontini, chiamato Focea, ed anche Bricinnia, fortilizio situato nel territorio leontino. Allora la maggior parte dei popolani banditi andarono ad essi, e fermatisi con loro facevano la guerra da quel luogo. A questa nuova gli Ateniesi mandano Feace per vedere se coll' indurre i loro alleati di colà , e se possibil fosse anche gli altri Siciliesi a portar d’accordo la guerra ai Siracusani che si andavano procurando potenza, riuscissero a salvare il popolo dei Leontini. Feace al suo arrivo v’ induce quei di Camarina e di Arigento. Ma trovato a Gela incagliato l'affare, non più si presenta agli altri, comprendendo che non ve li indurrebbe. Anzi ritornando per le terre de’Siciliesi a Catana venne nel suo passaggio a Bricinnia ove confortata quella gente, si rimise in mare.

E tanto nel suo passaggio in Sicilia, quanto nel ritorno si maneggiò pure in Italia con alcune città per tirarle all’amicizia degli Ateniesi. Favellò ancora ad alcuni Locri, i quali erano stati cacciati di Messina, ove si erano accasati. Qui è da sapere che dopo l’accordo dei Siciliesi, regnando diverse sette in Messina , una di esse invilo i Locri, i quali furono mandati colà ad abitare, e tennero

qualche tempo quella città. Ora Feace trovati costoro che ritornavano alla patria, non li offese in nulla perchè i Locri avevano convenuto con lui di accomodarsi con gli Ateniesi ; essendoché fra tutti i confederati essi soli, quando seguì l’accordo dei Siciliesi, non avean voluto far lega con Atene, e nemmeno farebbero fatta allora se non gli strìngeva la guerra con gl' Itonei, e co’ Melei loro coloni e confinanti. Feace qualche tempo dopo ritornò in Atene.

Ma Cleone, che allora aveva fatto il giro della costa da Torona per Amfipoli, movendo da Eiona assalta Stagiro colonia degli Andrii, e non la espugnò ; nondimeno s' impadronisce a forza di Galepso colonia de’ Tasii. Quindi spedì legati a Perdicca acciò venisse a raggiungerlo con l’esercito secondo il convenuto, ed altri ne mandò in Tracia a Polli re degli Odomanti che doveva condurre quel più che potesse di Traci presi a soldo, mentre ei stava aspettandoli ad Eiona. Informato Brasida di queste pratiche, prese il campo di faccia a lui a Cerdilio castello degli Argilii sopra un’altura di là dal fiume, poco distante da Amfipoli, donde si discopriva ogni cosa all’ intorno. Cosicché Cleone non avrebbe potuto levare furtivamente il campo siccome Brasida si aspettava che egli dovesse fare, stante che dispregiando egli i Peloponnesi che erano in picciol numero vorrebbe salire ad Amfipoli colle genti che seco aveva. Nel tempo istesso Brasida si preparava al combattimento, invitando col soldo millecinquecento Traci, e tutti gli Edoni, palvesari e cavalieri, ed oltre le milizie di Amfipoli aveva mille altri palvesari tra Mirrimi e Calcidesi. Tutte le genti gravi riunite erano circa duemila con più trecento cavalli greci. Preso adunque seco un corpo di mille cinquecento, erasi fermato a Cerdilio ; gli altri stavano schierati in Amfipoli sotto gli ordini di Clearida.

Cleone frattanto stava quieto, ma fu poi costretto a fare come Brasida aveva preveduto. Poiché i soldati annolatl

da quella dimora andavano confrontando la capitaneria di Cleone e di Brasida , considerando l’imperìzia ed il languore di quello verso la pratica e l’ardire di questo, e la repugnanza colla quale avevano lasciate le case loro per seguirlo. Laonde Cleone intesi questi bisbigli, non vo; fendo che si adirassero per quel soggiornare nel medesimo luogo, levò il campo e fece appunto quello che aveva fatto , a Pilo, ove per quel felice successo levossi in fiducia di : essere uomo di senno. Imperocché sperava che nessuno verrebbe incontro a combatterlo ; e diceva di salire più in alto per avere il prospetto del paese, ed aspettava maggior fornimento non già per bisogno di assicurarsi della vittoria se fosse astretto a combattere, ma per espugnare a viva forza la città cingendola intorno. Giunto adunque sopra una forte : collina dirimpetto ad Àmfipoli vi accampò l’esercito, e da per sé osservava i paduli formati dallo Strimone e la situazione della città dalla parte di Tracia ; e stimava di poter quindi ritirarsi quando gli piacesse, senza combattere, poiché nessuno si affacciava di su le mura , né veruno usciva dalle , porte che tutte erano chiuse. Talché giudicava d’ avere errato a non portar seco le macchine colle quali avrebbe fespugnato quella città abbandonata.

Brasida poiché vide mossi gli Ateniesi, scende subito anch’egli da Cerdilio ed entra in Àmfipoli, donde non faceva sortite, né si presentava in ordinanza contro gli Ateniesi, come quegli che temeva delle proprie forze, le quali giudicava inferiori, non quanto al numero perchè i due eserciti erano presso a poco uguali, ma sì quanto al merito. Imperciocché nell’esercito nemico militava il fiore degli Ateniesi, e il nerbo dei Lesbii e degl’Imbrii : onde si preparava ad attaccarli con astuzia. Discorreva egli che celandosi ai nemici prima della battaglia e così fuggendo il disprezzo che veramente meritava la sua situazione, più facilmente li vincerebbe che col mostrar loro il minor numero

di sue genti e Tannatura di che per necessità usavano. Il perchè affidati gli altri a Clearida, egli scelse centocinquanta di grave armatura, e voleva assalire improvvisamente gli Ateniesi, prima che si ritirassero ; considerando che non potrebbe un’altra volta coglierli soli, se per avventura venisse loro il rinforzo. E convocati tutti i soldati, e volendo rincorarli ed aprir loro il suo animo , parlò così:

« Prodi Peloponnesi : che noi venghiamo da nn paese mai sempre libero mercè la vostra valenzìa , e die voi Dorii andate a combattere con gli Ionii cui avete in usanza di vincere, basti averlo così brevemente accennato. Ora voglio mostrarvi in che modo io pensi di affrontare il nemico, affinchè il cimentarsi pochi, e non tutti, parendovi cosa insufficiente, non vi metta scoraggiamento.

Io mi do a credere che il disprezzo in che ci hanno gli avversari, e la opinione loro che niuno voglia uscire a combatterli, gli abbia fatti salire su quel colle, ove voltatisi disordinatamente a goder la vista del paese non à danno altra briga. Pertanto chi benissimo conoscendo tai sbagli dei nemici va ad assalirli in quel modo che richieggono le proprie forze , e non già alla scoperta o coll’esercito schierato di fronte, ma come torna utile al presente, questi il più delle volte trionfa. E tali astuzie apportano molta gloria , perchè ingannando sommamente il nemico, si viene a giovare assaissimo agli amici. Or mentre non preparati imbaldanziscono , e a quel che parmi, hanno più pensiero di ritirarsi che di persistere ; mentre sono in tale rilassamento dell’animo e prima che ricompongano meglio la loro mente, io colla mia gente voglio veder di prevenirli, scagliandomi a corsa in mezzo al loro campo. Tu poi, o Clearida / quando mi vegga loro addosso, e probabilmente spaventarli, apri improvviso la porta , e co’ tuoi e con gH Amfipolitani, e con gli altri alleati accorri colà, e affrettati di azzuffarti il più prestamente. Questo è ciò che mi affida

Goosle

soprattutto di atterrirli , perchè la truppa che sopravviene seconda alla pugna , è più terribile pei nemici di quella che già presente combatte. Tu stesso mostrati valente qual deve essere uno spartano ; e voi bravi confederati seguitelo animosamente, persuasi che a ben combattere tre cose si richiedono : volere , onore , ubbidienza ai capitani. Pensate che in questo giorno , o mostrandovi prodi, avrete libertà, e sarete chiamati alleati dei Lacedemoni; od altrimenti, schiavi degli Ateniesi : e poniamo che a sorte non siate cattivati od uccisi, nondimeno avrete più acerba servitù di prima , e sarete impeditori di libertà agli altri Greci. Però considerando per che gravi cose ora avete a combattere, non isgomentate ; che io mi vi mostrerò non solo atto a fare esortazioni agli altri , ma ancora a mandarle io stesso ad effetto ».

Avendo così parlato, Brasida si disponeva ad uscire egli stesso , e collocava presso la porta chiamata Tracia il resto delle truppe con Clearide, destinate a sortir dopo lui siccome è detto. Ma essendo egli stato visto calare da Cerdilio, e sacrificare intorno al tempio di Minerva nella città , la quale di fuori potea tutta vedersi, e dare queste disposizioni ; fu recato avviso a Cleone ( il quale allora si era portato ad osservare il paese) , che tutto l' esercito de' nimici si vedeva dentro la città, e si scorgevano molti piedi di cavalli e di uomini presso le porte, come diretti ad uscire. Cleone sentito ciò andò da sè a vedere , e conosciuta la verità, non volendo cimentarsi a battaglia prima che gli fossero giunti i rinforzi, comandò che fosse dato il segnale della ritirata tuttoché pensasse di dovere essere scoperto. Ordinò ancora ai soldati che si avviassero sul fianco sinistro, che quello era il wlo mezzo d! ritirarsi in Eiona. Ma perchè gli pareva che si trapponesse dell’ indugio , egli stesso converso il corno destro, e dando le spalle al nemico ritirava l’esercito. In

questo, Brasida vista l’occasione e la mossa dell’esercito ateniese, disse a’ suoi ed agli altri : « Costoro non ci aspettano, e ben lo mostrano col crollare delle lance e delle teste ; poiché quelli che ciò fanno, non sogliono attendere chi gli assalga. Onde mi si apra la porta indicata, ed animosamente e tosto usciamo ». E venuto fuori della porta che guarda la palizzata , e che era la prima delle mura lunghe allora esistenti, correva a gran passi per quella strada diritta, dove al presente, seguendo lunghesso la parte più forte del luogo, sta il trofeo. Ivi si scaglia in mezzo alle genti ateniesi, che Spaventate dal proprio disordine e attonite dall’ardire di lui, si mettono in fuga. E al tempo stesso Clearidà, secondo il convenuto, esce dalla porta Tracia, e va loro addosso con l’esercito ; onde pel non previsto e repentino incontro da ambe le parti furono gli Ateniesi in grande scompiglio. L’ala sinistra di loro che andava verso Eiona , essendo proceduta innanzi, si trovò divisa dagli altri e si mise a fuggire ; e Brasida visto che ella dava indietro, passa a combatter l’ala destra , e vi riman ferito. Gli Ateniesi non si avvidero che egli era caduto , onde coloro che gli erano vicini lo presero e lo portarono via. L’ala destra degli Ateniesi resse un poco più : ma Cleone, che anche da prima avea disegnato di non fermarsi, si diede alla fuga ; e sopraggiunto da un peltaste mircinio riman morto. Le sue milizie raggranellatesi sulla collina faceano testa contro Clearida die due o tre volte le assalì, nè mai cederono finché la cavalleria mircinia e la calcidese e i palvesari circondandole e dardeggiandole le misero in volta. Così tutto l' esercito ateniese fuggendo a gran pena, parte presero svariatamente le vie de’ poggi, parte combattendo furono uccisi o dalla cavalleria calcidica o da’ palvesari ; gli altri si ricondussero ad Eiona. Quelli che levarono Brasida dalla battaglia e che lo salvarono, lo condussero ancora spirante in città , ove
saputo che i suoi avean vinto , poco dopo passò. II rimanente dell’esercito , tornato con Clearida dal dar la caccia al nemico, spogliò i cadaveri, ed alzò il trofeo.

Dopo questo fatto tutti gli alleati vestiti delle armi loro accompagnarono Brasida al pubblico sepolcro assegnatogli in città dirimpetto a quel luogo che ora è la piazza del mercato. Quindi gli Amfipolitani circondato il monumento con uno steccato , gli fecero esequie ed onoranze come ad eroe , stabilirono giochi e sacrifizi annuali, e dedicarongli la colonia come a fondatore. Demolirono inoltre le fabbriche di Agnone e distrussero tutto quello che potesse mai dar memoria d’ essere questi stato il fondatore ; e ciò non tanto perchè avevano Brasida in concetto di loro liberatore , quanto perchè di presente, attesa la paura degli Ateniesi, voleano piaggiare la lega dei Lacedemoni; e giudicavano che gli onori resi ad Agnone non sarebbero come prima nè utili nè graditi per la inimicizia che avevano con Atene. Nondimeno resero agli Ateniesi i morti che erano intorno di seicento : dei nemici ne perirono soli sette perchè non si era combattuto in giusta ordinanza , ma a caso, come dicemmo, avendo il timore preoccupato gli animi prima della zuffa. Gli Ateniesi riavuti i cadaveri rinavigarono a casa , e Clearida con la sua gente acconciava le cose di Amfipoli.

Quasi nel medesimo tempo all' uscita dell’estate Ramfia, Autocarida ed Epicidide lacedemoni condussero un rinforzo di novecento di grave armatura contro le terre di Tracia. Arrivati ad Eraclea nella Trachinia ordinavano ciò che credevano mal disposto ; e mentre trattenevansi colà, accadde la descritta battaglia , e finiva l' estate.

All’entrata dell’ inverno Ramfia e la sua gente passarono subito fino a Pierio della Tessaglia , ove vennero i Tessali a contrastar loro il passo. Onde essendo anche morto Brasida al quale conducevano quell’esercito, voltarono

il cammino verso casa : tra perchè gli Ateniesi dopo toccata quella rotta erano partiti, e perchè ei da sé erano inabili ad effettuare veruno de’ disegni di Brasida. Soprattutto però li mosse a partire il sapere che quando erano usciti a questa spedizione, i Lacedemoni pendevano più che altro verso la pace. .

Ed infatti subito dopo il combattimento ad Amfipoli e la ritirata di Ramfia dalla Tessaglia accadde che ambe le parti non più si movevano ad alcuna fazione, ed avevano l’animo volto piuttosto alla pace. Gli Ateniesi, perchè sconfìtti a Deio e nuovamente poco dopo ad Amfipoli, non avevano più nelle loro forze quella ferma speranza per la quale aveano rifiutato la tregua , stimando per la presente loro felicità di dover restar superiori. Senza di che temevano che gli alleati inanimiti dalle loro sconfitte non s’invogliassero maggiormente di ribellare; e si pentivano di non aver fatto accomodamento in quella bella congiuntura , dopo i fatti di Pilo. I Lacedemoni poi perchè non riusciva al loro scopo questa guerra, nella quale si erano messi in capo di abbattere in pochi anni la potenza d'Atene col guastarne le terre ; e perchè alla Sfatteria erano incorsi in tale sciagura che Sparta non aveva mai avuta una simile. Era inoltre il loro territorio guastato dalle scorrerie di Pilo e di Citerà, ove disertavano gli Eloti ; e vi era sempre da aspettarsi che i rimanenti, preso animo dai fuggiti , non cogliessero la presente occasione per tentar novità , siccome era accaduto anco di prima. Si dava altresì il caso che erano in sulFuscita le tregue de’ trenta anni con gli Argivi, i quali non solevano rinnovarle se non riavessero il territorio cinurio. Cosicché pareva loro impossibile di combattere a un tempo stesso contro gli Argivi e gli Ateniesi ; mentre anche si sospettava che alcune delle città del Peloponneso non volessero passare alla parte degli Argivi ; come poi accadde.

Il perchè ambe le parti pesando queste ragioni istimavano esser da fare l’accomodamento, e principalmente i Lacedemoni per la brama di riavere i loro cittadini dell’ isola Sfatteria , alcuni de’ quali erano de’primari spartani, e loro parenti in ugual grado di nobiltà. Ed invero avevano già cominciato a negoziare subito dopo la presa di quelli ; ma gli Ateniesi gonfi della loro prosperità non vollero venire a discrete transazioni» Però quando furono sconfitti a Delio, immantinente i Lacedemoni veden« do che sarebbero allora meglio ricevuti, fanno tregua per un anno, durante la quale dovevano abboccarsi per trattare di un più lungo accordo.

Ma poiché furono rotti gli Ateniesi ad Amfipoli, e morirono Gleone e Brasida che dalle due parti si opponevamo sommamente alla pace, questi perchè riconosceva dalla guerra la sua fortuna e gli onori, quegli perchè stimava che nella bonaccia sarebbero più palesi i suoi misfatti e men credute le sue invettive ; allora coloro che principalmente ambivano in amendue le Repubbliche il primato, cioè a Sparta Plistoanatte di Pausania re dei Lacedemoni , ad Atene Nicia di Nicerato generale allora di gran lnnga il più fortunato degli altri, si mostravano viepiù propensi alla pace. E ciò perché Nicia , mentre noii avea patito ancora verun disastro, voleva mantenere la sua prosperità, por fine di presente ai propri travagli e a quelli de’ cittadini, e all’ avvenire lasciar di sé nome di non aver mai messo a repentaglio la salute della Repubblica ; stimando questi beni essere la sequela di un tranquillo reggimento, e toccare a chi meno si dà in balìa della fortuna ; e l’allontanamento dai pericoli venire dalla pace. Plistoanatte poi, perchè a cagione del suo rimpatriamento gli avversari lo diflamavano, e d’ogni sinistro che avvenisse, faceano coscienza ai Lacedemoni, quasi che di ciò fosse causa l’illegittimo suo ritorno. Conciossiachè

r incolpavano che d’accordo col fratello Aristocle avesse indotta la gran profetessa di Delfo a rispondere per un pezzo nella seguente maniera ai Lacedemoni spediti a consultarla. — Che dal paese straniero richiamassero appresso di sé la semenza del semideo figlio di Giove ; se no arerebbero con vomere d’argento —. L’ imputavano inoltreche poiché fu bandito dalla patria a cagione della ritirata dall’Attica creduta fatta per doni, egli per tema dei Lacedemoni rifugiatosi nel Liceo, ed abitando allora mezzo il fabbricato del tempio di Giove, avesse finalmente dopo diciannove amiti messo su essi Lacedemoni a ricondurlo in patria coi medesimi cori e sacrifizi, come quando da prima nella fondazione di Sparta vi stabilirono i regi.

Gravato adunque da tali diffamazioni, stimava che non occorrendo alcuna disgrazia in tempo di pace ed insieme riavendo i Lacedemoni i loro prigionieri, egli pure non darebbe presa a’ suoi nemici ; laddove in istato di guerra , se la fortuna è contraria, è inevitabile che chi presiede sia sempre vessato dalle maldicenze. Il perchè desiderava maggiormente l' accomodamento ; e nel mede sWno inverno venivano le due parti a parlamento tra loro. Verso la primavera i Lacedemoni, acciocché gli Ateniesi fossero meno ostinati, facevano minacciosa mostra di apparecchiamenti , e ordinavano a tutte le città che dovessero fabbricar munizioni contro l’Attica. Dopo alcuni congressi ove furono scambievolmefttie prodotte molte giuridiche requisizioni, si accordarono di far la pace, con patto che le due parti restituirebbero qnel che aveano occupato in guerra, ma che gli Ateniesi riterrebbero Nisea. Imperocché richiedendo essi Platea , i Tebani avevano risposto di tener quella città, perchè gli abitanti si erano resi per capitolazione e non per forza né per tradimento ; e nella stessa guisa gli Ateniesi dicevano di avere avuto Nisea. Allora pertanto i Lacedemoni

convocarono i loro alleati, ed avendo tutti gli altri decretato di por fine alla guerra, ad eccezione de’ Beozii , dei Corintii, degli Elei e de9 Megaresi cui non piacevano questi trattati, fanno accordo con gli Ateniesi, e lo ratificano co’ riti consueti ; e gli Ateniesi giurarono ai Lacedemoni questi articoli.

Gli Ateniesi, i Lacedemoni e gli alleati han fatto accordo, e città per città l’hanno giurato colle seguenti condizioni« Che quanto ai comuni templi possa ognun che lo voglia con sicurezza per mare e per terra andare, sagrificare, consultare, e mandare assistenti secondo le antiche costumanze. Che il terreno sacro ad Apollo ed il tempio di Delfo e Delfo stessa abbia libertà , franchigia e giurisdizione si in città che nelle sue appartenenze conforme i patrii statuti. Che l’accordo sia per cinquantanni, senza frode o detrimento in terra e in mare tra gli Ateniesi coi loro alleati da una parte, e i Lacedemoni pur coi loro alleati dall’altra. Che i Lacedemoni e loro alleati non possano portar le armi a danno degli Ateniesi e loro léga ; nè gli Ateniesi e loro alleati contro i Lacedemoni e lega loro, escluso ogni inganno e sutterfugio. Che insorgendo tra le due parti qualche differenza usino la via del dritto ed i giuramenti siccome avranno convenuto. Che i Lacedemoni e gli alleati restituiscano Amfipoli agli Ateniesi , e che dalle città restituite dai Lacedemoni agli Ateniesi possano gli abitanti andarsene ovunque vogliano con ciò che hanno. Che le città stesse pagando il tributo imposto a tempo di Aristide restino nelle loro leggi ; e che quando sia ratificato l' accordo , gli Ateniesi e i loro alleati non possano portar le armi ai danni di esse, sempre che paghino il tributo. E queste città sono Argilo, Stagiro, Acanto , Scolo, Olinto e Spartolo, le quali non si comprendono nella lega nè dei Lacedemoni, nè degli Ateniesi ; ma però se agli Ateniesi riesce di trarle alla loro alleanza possano

accedervi quelle a cui piaccia. Che i Mecibemei, i Sanei, i Singei abitino le città loro., siccome gli Olintii e gli Acantii. Che i Lacedemoni e alleati rendano agli Ateniesi Panacto, e gli Ateniesi rendano ai Lacedemoni Corifasio, Citerà, Metona , Pteleo , Atalanta e tutta la gente de’ Lacedemoni che sono nelle carceri di Atene o in altro luogo di loro dominio. Che di più mettano in liberta quei Peloponnesi che sono assediati in Scione con tutti gli altri alleati dei Lacedemoni che vi si trovano, e quelli che vi aveva mandati Brasida ; insomma tutti gli alleati de’Lacedemoni che sieno in carcere ad Atene, o in qualunque al tro luogo ove abbiano comando gli Ateniesi : e che nel medesimo modo anco i Lacedemoni ed alleati restituiscano tutti gli Ateniesi e loro alleati che ritengono. Quanto agli Scionesi, ai Toronesi, ai Scrinila, gli Ateniesi risolvano di loro quel che credono ; come pure delle altre città delle quali hanno dominio. Gli Ateniesi presteranno giuramento ai Lacedemoni e loro alleati città per città, e gli uni e gli altri giurino per quel che hanno di più Sacro in ciascuna città. La formula del giuramento sia questa : — Manterrò questo trattato e le convenzioni sue nel vigore di giustizia senza frode —. I Lacedemoni pure e gli alleati prestino al modo stesso giuramento agli Ateniesi. Ambe le parti lo rinnovino ogni anno ; e sia scolpito in colonnette erette ad Olimpia, a Delfo e sull’istmo ; e ad Atene nella rocca , a Sparta nell’Amicleo. Se l' una delle due parti dimentichi comunque qualche articolo , o alcuno cada in questione, non s’intenderà contro il giuramento il farvi con giustizia quelle mutazioni che ad amendue Ateniesi e Lacedemoni piaceranno.

L’accordo è stipulato sotto la presidenza in Sparta di Plistola eforo ai ventisette del mese Artemisio ; in Atene di Alceo arconte ai venticinque del mese Elafebolione. Dalla parte de’ Lacedemoni lo giurarono e lo confermarono

coi sacri riti Plistola, Damageto, Chionide, Metagene, Acanto, Daito, Iscagora, Filocarida, Zeuxida, Anlippo , Telle, AJcinide, Empedia, Mena, Lamfìlo ; da quella degli Ateniesi, Lampone, Istimonico, Nicia, Lachete, Eutidemo, Procle, Pitidoro , Agnone , Mirtilo , Trasicle, Teagene , Aristocete, Iolcio, Timocrate, Leone, Lamaco , Demoslene.

Quest’accomodamento fu concluso sul finir dell’inverno al venir della primavera, subito dopo le feste baccanali di città , dopo dieci interi anni e pochi giorni più dalla prima invasione dell’Attica, e dal cominciamento di questa guerra. Chiunque poi vorrà riscontrare le cose accadute segua il corso delle stagioni e non la serie de9 nomi di coloro che in ciascun luogo comandavano, o che per qualche grado onorifico designano gli avvenimenti, quasi che questo fosse il metodo più sicuro. Imperciocché così non si vede accuraiamenle se il tal l'alto successe al principio o al mezzo di loro carica, e come si colleghi con alcuno di essi. Laddove contando Testati e gl' inverni, siccome io ho usato in queste storie, si troverà che ciascuna di queste stagioni componendo per metà la somma d’un anno, dieci deU’une e dieci degli altri sono trascorsi di mezzo a questa prima guerra.