History of the Peloponnesian War

Thucydides

Thucydides. Della storia di Tucidide volgarizzata libri otto. Anonymous translator. Florence: Tipografia Galileiana, 1835.

Riunitosi questo esercito a Delfo, Euriloco «pedi un araldo ai Locri Ozoliì perchè gli bisognava traversare le loro terre per andare a Naupatto, ed insieme perchè voleva staccarli dagli Ateniesi. Tra i Locri favorivano Euriloco gli Amfissei (perchè temevano dei Focesi loro nemici) i quali furono i primi a dare ostaggi, e col timore dell’esercito che si avanzava indussero a dargli anco

gli altri ; in principio i soli Mionesi loro confinanti per dove è difficile l’accesso nella Locride ; poi gl’ Ipnei, i Messapii, i Tritei, i Callei, i Tolofoni, gli Essii e gli Eantesi, tutti i quali popoli si unirono con Euriloco. Gli Olpei diedero ostaggi ma non lo seguitarono , e gli lei non diedero neppur gli ostaggi sino a che non fu preso un loro borgo che aveva nome Poli.

Ma Euriloco poiché ebbe ordinato il tutto, e depositati gli ostaggi a Citinio della Doride, marciava coll’esercito contro Naupatto traversando i Locri ; e per via prende due de’ loro castelli Eneone ed Eilpolio che avevano rifiutato unirsi a lui. Pervenuti poi in su quel di Naupatto insieme con gli Etoli già corsi in rinforzo, ne saccheggiarono la campagna , ed occuparono il suburbio che era senza mura ; ed avanzatisi a Molicrio colonia dei Corintii, ma soggetto agli Ateniesi, lo espugnano. Demostene l’ateniese, che dopo gli avvenimenti dell’ Etolia si tratteneva ancora nelle vicinanze di Naupatto , presentito l’arrivo di quest’ esercito, e temendo di quella città , si presenta agli Acarnani, e gl’induce a recarvi soccorso, quantunque difficilmente per la sua ritirata da Leucade. Spediscono con lui sulle navi mille di grave armatura , i quali entrati nella città la salvarono : poiché vi era molto pericolo che , grandi essendo le .mura, quei pochi che vi erano a difesa non potessero resistere. Laonde Euriloco e le sue genti, quando intesero esservi entrate quelle truppe , e divenuto impossibile espugnare a viva forza la città , si ritirarono non già nel Peloponneso ma nell’Eolide, chiamata ora Calidona, ed in Pleurona e in altri luoghi di quei dintorni, ed in Proschio dell’ Etolia. E ciò perchè gli Ambracioti eran venuti persuadendoli si unissero con loro ad assaltare Argo Amfilochico e il resto dell'Amfilochia e l’Acarnania : protestando , che vinti questi luoghi, tutto Epiro verrebbe all’alleanza dei Lacedemoni.

Accettò Euriloco il partito ; e licenziati gli Etoli si tratteneva col suo esercito in quei luoghi senza darsi alcun moto finché non fosse bisognato dar mano agli Ambracioti, usciti che fossero in campagna per l’impresa d'Argo ; e finiva l’estate.

L’inverno seguente gli Ateniesi che erano in Sicilia, co' Greci loro alleati, e con quei Siciliesi che oppressati da duro imperio s’ erano staccati dalla lega dei Siracusani e gli aiutavano in questa guerra, andarono a dar l'assalto a Nessa , castello della Sicilia, la cui rocca tenevasi pei Siracusani : nou vennero a capo di prenderla e partirono. Ma i Siracusani del forte, mentre l’esercito si ritirava, assalgono gli alleati degli Ateniesi che erano alla coda; ed azzuffatisi, mettono in fuga buona parte dell’esercito stesso con grande strage. Dopo questa rotta Lachete con gli Ateniesi fecero parecchie volte scala dalle navi lungo il fiume Caicino nella Locride , e vinsero in un conflitto circa trecento Locri che con Prosseno figlio di Capatone vollero opporsi loro ; gli disarmarono, e quindi continuarono la loro gita.

Nel medesimo inverno gli Ateniesi purgarono Deio per iscrupolo di un certo oracolo. L’avea purgata di prima anche Pisistrato il tiranno , non però tutta interamente , ma quanta se ne scorgeva dal tempio. Ora però ella fu purgata tutta con queste cerimonie. Tolsero via quante arche di morti erano in Deio ; e bandirono che per l' avvenire nessuno fosse lasciato morire nell’ isola, e le donne non vi dovessero partorire; ma i moribondi e le partorienti si trasportassero in Renea , la quale è distante da Deio si poco che Policrate tiranno di Samo, stato per qualche tempo potente in flotta e padrone di altre isole, quando ebbe conquistato Renea la consacrò ad Apollo De l»o, legandola con una catena a Deio. Allora per la prima volta dopo la purgazione celebrarono gli Ateniesi le feste

Delie che ricadono ogni cinque anni. Era già in Deio fino da remolo tempo gran concorso di Ioni e d’ isolani circonvicini che vi andavano ai sacri spettacoli con le mogli e co9 loro figlioli, come ora gli Ioni alle feste di Diana in Efeso : ed ivi pure si facevano le gare di ginnastica e di musica ; e le diverse città vi conducevano le compagnie de’ danzatori. Che si praticasse così lo dichiara a inaravi' glia Omero in quei versi cavati dall’ inno di Apollo :

  1. Ma tu giubbili, o Febo, sopra tutto
  2. Allor che gl' Ioni dalle lunghe vesti
  3. Si radunano in Deio ad onorarti
  4. Insiem coi figli e le pudiche spose.
  5. Te dilettano allor che rimembrando
  6. Il nume tuo, cominciano le gare
  7. Di lotte, di carole e d'armonie.

E che vi fosse pure la gara di musica, e che vi concorressero i gareggianti, lo dichiara in questi versi del medesimo inno ; poiché dopo aver celebrato il coro delle donne di Deio terminò l’elogio con questi versi, ne’quali fece pur menzione di sé ;

  1. Deh ! se ne sieo propizi Apollo e Diana,
  2. Addio voi tutte, e di me vi sovvenga
  3. Allor che un cattivello pellegrino
  4. Dei terrestri mortali vi domandi :
  5. O Dontei lette, dite, e qual s'aggira
  6. Spirto gentil dolcissimo tra voi,
  7. Che col suo canto vi diletta il core ?
  8. Voi tutte liete allor gli rispondete ,
  9. Un cieco abitator dell'aspra Chio.

Ecco gli argomenti che dà Omero di esservi stato anticamente a Deio concorso e festa grande. In processo di tempo gl’ isolani e gli Ateniesi vi mandavano le compagnie de’ cori e le offerte sacre. Ma quanto ai giuochi e alla maggior parte delle solennità pare che per le calamità dei tempi andassero in disuso, finché al tempo accennato no»

lì celebrarono gli Ateniesi, con più le corse de’ cavalli che prima non vi erano.

In quest' istesso inverno gli Ambracioti, conforme avevan promesso ad Euriloco perchè trattenesse Peserei lo , escono in campagna contro Argo Amfilochico con tremila di grave armatura. Entrati sul territorio argiYO occupano Olpa, castello forte sopra un’altura vicino al mare } guarnito in altri tempi di mura dagli Acamani che se ne servivano per comun tribunale, e distante circa venticinque stadii da Argo città marittima. Ma gli Acamani parte correvano a soccorso di Argo, parte si erano accampati in quel sito dell’ Amfilochia che si chiama le Fonti, per invigilare che i Peloponnesi con Euriloco non passassero di nascosto ad unirsi con gli Ambracioti. Spedirono inoltre a Demostene, che aveva prima condotti gli Ateniesi nell’Etolia , invitandolo a pigliare il comando dell’esercito j avvisando pure le venti navi degli Ateniesi, che si trovavano attorno al Peloponneso , capitanate da Aristotele di Timocrate e da Ierofonte di Antimnesto. Medesimamente quelli Ambracioti che erano ad Olpa inviarono ad Ambracia un messo, ordinando che fatta una leva generale venissero a soccorrerli ; perciocché temevano (nou potendo le genti di Euriloco attraversare l’Acamania ) di dovere, o sostenere la battaglia da sé soli, o volendo ritirarsi, non poterlo fare sicuramente.

I Peloponnesi adunque con Euriloco, intesa la mossa degli Ambracioti che erano giunti ad Olpa, partono da Proschio per prontamente soccorrerli ; e valicato l' Acheloo marciavano attraverso dell’Acamania, rimasta spopolata per il soccorso di Argo , avendo a destra la città degli Stradi e il loro presidio , e alla sinistra il resto dell Acarnania. Trascorse le terre degli Strazii camminavano per Fizia, e quindi pei confini di Medoua , e poi per Umnea ; e misero piede sul territorio degli Agrei non più

amico degli Acarnani, ma di loro. Quindi prendendo la via di Tiamo, monte incolto , lo traversarono ; e di notte calarono nella campagna argiva : così passarono celatamelite tra la città degli Argivi, e il presidio degli Acarnani alle Fonti, e si congiunsero con gli Ambracioti ad Olpa.

Riuniti che furono insieme, sul far del giorno fecero alto sotto il castello chiamato Metropoli, ove formavano il campo. Poco dopo arrivano in soccorso degli Argivi al golfo di Ambracia gli Ateniesi colle venti navi, e Demostene con dugento Messenii di grave armatura e sessanta arcieri ateniesi. Stavano le navi in osservazione alle falde del monticello di Olpa dalla parte di mare. Gli Acarnani con pochi Amfilochi ( perchè la maggior parte era per forza ritenuta dagli Ambracioti ) si erano già ratinati ad Argo , e si preparavano a combattere co’ nemici. Eleggono per generale di tutta la lega Demostene , senza però escluderne i particolari loro capitani : ed egli avanzatosi fiu vicino ad Olpa vi pose il campo ; si che solo un gran borro separava i due eserciti. Per cinque giorni restarono tranquilli : ma nel sesto si mettevano entrambi m ordine di battaglia. Era l’esercito de’Peloponnesi più numeroso ed esteso ; onde Demostene temendo di non essere circondato mette in aguato per una strada scoscesa e cespugliosa truppe di leggera e grave armatura, in tutte quattrocento ; acciò nel tempo della zuffa uscissero dell’ aguato, e prendessero alle spalle i nemici in quella parte ove fossero superiori. Quando i due eserciti furono in punto vennero alle mani. Demostene con i Messenii e pochi Atemesi teneva il corno destro, e l’altro tenevasi dagli Acarnani disposti con quell’ordine che ad ognuno era toccato, e^ da quei frecciatori amfilochi che vi si ritrovavano. I Peloponnesi e gli Ambracioti erano mescolati ad eccezione dei Mantiuei, che riuuiti fra loro erano piuttosto sul corno sinistro , ma però non arrivavano all’estremità di esso,

ove era Eurìloco co’ suoi in faccia a’Messemi e a Demostene.

Menavansi ornai le mani da ambe le parti , ed il corno de’Peloponnesi era superiore , e faceva vista di circondare il destro de' nemici ; quando gli Acarnani dall' aguato sopravvenendo alle spalle si scagliano loro addosso e li costringono a voltar faccia, sicché non più tennero il fermo, e col loro timore ridussero a fuggire la maggior parte deiresercito : poiché al veder sperperata Fordinanza di Eurìloco, che era il nerbo delle milizie, molto più gli altri impaurivano. I Messenii che con Demostene erano su questo punto, compirono la maggior parte dell' impresa : all’opposto gli Ambracioti e quelli del corno destro , che sono i più guerreschi di quei luoghi, ruppero le genti che avevano a fronte e le incalzarono fino ad Argo. Ma nel ritirarsi, poiché videro il grosso deiresercito disfatto , e poiché erano inquietati dagli Acarnani, a gran fatica salvaronsi ad Olpa : ove precipitandosi dentro disordinatamente e alla rinfusa, molti perirono. Non così avvenne dei Mantinei i quali, meglio ordinati di tutto lesercito, ritiraronsi dalla battaglia che finì sulla sera.

Mancarono in essa Euriloco e Macario , onde Menedo il giorno dopo succeduto al comando trovandosi rinchiuso per la parte di terra e per quella di mare dalla flotta ateniese, nè sapendo dopo la gran disfatta in che» modo o reggere all’ assedio trattenendosi in Olpa, o ritirarsi a salvamento, propone il giorno dopo a Demostene e a’ capitani degli Acarnani trattato di tregua per far la ritirata, e per riavere i morti. Rendettero essi i cadaveri fi ripresero i suoi, circa trecento , ed ersero trofeo : ma non pattuirono solennemente ritirata a tutti. Bensì Demostene e i capitani acarnani accordano segretamente una sollecita ritirata a’ Mantinesi , a Menedeo e agli altri ufficiali de’ Peloponnesi, e ar più distinti tra loro. Voleva per

questo modo Dcmostetie spogliare gli Ambracioti della moltitudine degli assoldati str anieri ; e soprattutto bramava screditare presso i Greci di quelle contrade gli Spartani e i Peloponnesi, quasi che li avessero vergognosamente traditi, e preferito ad ogni cosa il proprio vantaggio. Ripresero frattanto i morti, e frettolosamente gli seppellirono come poterono ; e quei , cui era stato concesso, ruminavano di celatamente partire.

Ma a Demostene ed agli Acarnani vengono avvisi che gli Ambracioti di città, mossi dalla prima ambasciata ricevuta da Olpa , e ignari degli ultimi fatti, si avviavano a stormo in soccorso, traversando il paese degli Amfilochi per con giungersi con quelli di Olpa. Laonde Demostene spedisce tostamente una parte delle sue genti per prevenirli con aguati sulle strade , ed occupare i siti più forti ; e si preparava ad accorrere contro di loro col resto dell’esercito.

In questo mezzo i Mantinei con quelli ai quali era stato accordato salvocondotto, usciti fuori col pretesto di raccogliere legumi e legna da fuoco , si andavano certamente dilungando a piccole brigate , facendo vista di raccoglier ciò per cui erano usciti ; ma allontanatisi ornai da Olpa affrettavano il passo. Onde gli Ambracioti e gli altri raccoltisi allora in folla, quando si avvidero della loro

«partita non stettero più alle mosse , e si diedero a correre per raggiungerli. Gli Acarnani credevano da prima che fuggissero tutti senza convenzione di patti, e davan dietro a’Peloponnesi. Alcuni capitani che volevano ritenerli, e che dicevano aver quelli salvocondotto, furono feriti di freccia, perchè creduti traditori. Pur nondimeno lasciarono poi andare i Mantinei e i Peloponnesi, uccidendo però gli Ambracioti : onde tutto il campo era in contesa , non conoscendosi chi fosse ambraciota o peloponnesio. Circa dugento rimasero morti ; gli altri si rifugiarono nell’Agraide

che è confinante , ove furono accolti da Salintio re degli Argei, loro amiro,

Frattanto gli Ambracioti partiti da Ambracia giungono ad Idomene. Risiede Idomcne su due alle colline ; alla maggiore di queste giunsero primi, sul fare della sera e l’occuparono non avvertiti, quei soldati che Demostene aveva spediti innanzi dal campo : sulla minore erano già saliti gli Ambracioti e vi pernottarono. Dopo cena marciava , appena sera, Demostene col resto dell’esercito , conducendone da sé la metà verso i luoghi opportuni a sboccar sul nemico ; intanto che l' altra metà , traversati i monti amfilochii, sul far dell’aurora assale gli Ambracioti tuttora immersi nel sonno , i quali non sapendo dell' accaduto credevano molto meglio quelle truppe essere de' loro. Imperocché Demostene aveva appostatamente messo nelle prime file i Messenii, ai quali, perchè parlavano linguaggio dorico , aveva commesso di salutare iJ nemico, rassicurando cosi le prime sentinelle , tanto più die di notte non sarebbero visti in viso. Non sì tosto adunque assaltarono il campo nemico , che lo fugarono , uccidendo la maggior parte in sul posto ; mentre gli altri fuggivano precipitosamente pe' poggi : ma preoccupate le strade con insidie, e gli Amfilochi leggeri e pratici del loro paese , incalzando genti armate alla grave e mal pratiche dei luoghi, e che per non sapere ove volgersi incappavano ne’borri e negli aguati, le sperperavano. Nessuna via di fuggire fu intentata : alcuni persino indirizzaronsi al mare non molto distante ; ove viste le navi ateniesi , che per avventura durante la loro fuga radevano la costa, vi si slanciarono a nuoto ; giudicando in quello spavento che meglio sarebbe per loro essere oramai uccisi da quei delle navi, che da quei barbari e capitali nemici degli \mfilochii. Per questo modo adunque sterminati gli Ambracioti, pochi di tutta quella moltitudine si condussero

a salvamento in città. Gli Acarnani, spogliati i morti ed innalzati i trofei, ritornarono ad Argo.

Il dì seguente da parte degli Ambracioti, che da Olpa erano fuggiti presso gli Argei, venne agli Acarnani un araldo domandando di riprendere i cadaveri di quelli che erano rimasti uccisi il giorno dopo la prima battaglia, quando senza salvocondotto uscirono insieme co' Mantinei e con gli altri coi quali si era convenuto. Ma poiché vide le armi degli Ambracioti che dalla città erano andati a soccorso, fu sorpreso del gran numero, perchè non sapeva nulla di questa sconfitta, e credeva che fossero quelle de’ suoi compagni. Un tale domandollo di che maravigliasse, e quanti fossero i morti de’ loro ( domanda che faceva , credendo che l’araldo venisse da quei battuti a Idomene) , quegli rispose : circa dugento : e colui che lo aveva interrogato riprese : Queste non paiono certo le armi di dugento, ma bensì di più di mille. Non sono dunque (soggiunse l’araldo) di quei che combatterono con noi? Forse che sì, rispose l’altro, se pure ieri voi combatteste a Idomene. — Noi, ieri non combattemmo con alcuno ; ma sì ieri l’altro nel far la ritirata —• Fatto sta che noi combattemmo ieri con quelli che dalla città di Ambracia andavano a soccorso. L’araldo per queste parole avendo compreso che il rinforzo spedito dalla città era stato trucidato , diè un alto grido ; e stupefatto per la grandezza delle sciagure che aveva dinanzi agli occhi , partì senza effettuata alcuna cosa ; nè più richiese i cadaveri. Ed invero fu questa in una sola città greca la sconfitta più grande di quante ne accaddero in altrettanti giorni durante questa guerra : ed io non ho scritto il numero de’morti, perchè si dice che secondo la grandezza di quella città ne perisse una moltitudine incredibile. Quello che io so però è, che se gli Acarnani e gli Amfilochi, dando retta agli Ateniesi e a Demostene, avessero volute»

conquistare l’Ambracia, ne sarebbero venuti a capo al primo assalto. Ma in tal caso temettero essi che tenendosi quei paese per gli Ateniesi, non gli avessero a provare confinanti troppo incomodi.

Assegnarono dopo questi fatti la terza parte del bottino agli Ateniesi, e spartirono il resto alle città confederate. Lo spoglio toccato agli Ateniesi fu predato per mare; e le trecento armature, che ora sono appese ai templi delFAttica , furono per fargli onore presentate a Demostene , le quali egli riportò seco per mare , quando dopo la disgraziata spedizione dell’ Etolia, potè per quest ultima impresa più francamente rimpatriare. Gli Ateniesi che erano su le venti navi partirono per Naupatto : e dopo la partita di loroe di Demostene , gli Acarnani e gli Amfilochi accordarono di ritirarsi dalle Eniadi agli Ambracioti e Peloponnesi che si erano rifugiati presso Salintio e gli Argei, e che poi si unirono con amendue questi. Appresso gli Acarnani stessi e gli Amfilochi convennero di legarsi per cento anni con gli Ambracioti a questi patti : Non si unirebbero gli Ambracioti con gli Acarnani per guerreggiare i Peloponnesi, nè gli Acarnani con gli Ambracioti contro gli Ateniesi : accorrerebbero entrambi alla difesa scambievole delle terre; e gli Ambracioti restituirebbero ciò che ritengono degli Amfilochi, sia di castella sia di terre conterminali ; nè porterebbero aiuto ad Anattorio perchè nemico degli Acarnani. Con questi patti posero fine alla guerra. Dopo di chè i Corinti sotto il comando di Xenoclide di Euticle, spedirono ad Ambracia , trecento de' suoi di grave armatura, ove giunsero traversando

I kpiro con molte difficoltà. Cosi andarono le cose di Ambracia.

Nel medesimo inverno quegli Ateniesi che erano in Sicilia fecero uno sbarco nelle spiagge di Imerea, insieme co’ Siciliani che dalla parte di terra avevano assallato

l' estremità d' Imerea stessa : quindi navigarono alle isole Eolie. Di là tornati a Reggio incontrano Pitodoro figliolo d’ Isoloco generale degli Ateniesi, che era succeduto a Lachete nel comando della flotta ; imperocché gli alleati di Sicilia andati ad Atene avevano indotto questa Repubblica a soccorrerli con maggior numero di navi: allegando che i Siracusani erano padroni del territorio loro , e che con poche navi impedivano loro il mare. Però si apparecchiavano e riunivano insieme le loro forze marittime, risoluti di non soffrir quella ingiuria. Gli Ateniesi adunque armarono quaranta navi per ispedirvele , sì perchè credevano che così la guerra di là verrebbe più presto a finire , sì perchè volevano tenersi esercitati sulla marina. Mandarono da primo Pitodoro uno dei capitani con poche navi ; ma erano presso a spedirvi Sofocle di Sostratide, ed Eurimedonte di Teocle con una fiotta maggiore. Pitodoro intanto che aveva già il comando delle navi di Lachete, sul finire dell’ inverno veleggiò alla volta di un castello de' Locresi, di cui s’era prima impadronito Lachete : ma vinto da essi in battaglia tornò indietro.

In questa stessa primavera traboccò dall’Etna una corrente di fuoco , come era altre volte accaduto, e disertò alcune terre de’ Catanesi che abitano sotto l’Etna, monte il più grande della Sicilia. Si dice che questa eruzione avvenne cinquant’ anni dopo la prima ; ed è fama che sia insomma accaduta tre volte da che la Sicilia è abitata da’ Greci. Tali sono i fatti occorsi in questo inverno : e finiva l’anno sesto di questa guerra di cui Tucidide ha compilata l’istoria.